La vera globalizzazione è nei multisala. Appuntatevi questa somma verità come fosse un proverbio di Confucio. Ora voi vi chiederete da dove deriva questa saggezza da biscottino della fortuna? Ebbene: Xxxx ha spedito un suo moderno Marco Polo in Cina e, dopo un’intensa settimana, ecco a voi un photoreportage di quel viaggio, fatto non solo di muraglie gigantesche, di draghi con le fauci spalancate, di ravioli al vapore ai mille gusti ma anche di una realtà cinematografica così lontana dalla nostra che è impossibile non restarne affascinati e al tempo stesso straniati. Non vi racconteremo di una città, Pechino, che pare un cantiere aperto in mano agli architetti più in “voga” del momento. Vogliamo tralasciare l’impatto per nulla “orientale” di trovarsi in una metropolitana colma di persona e con addetti in divisa che stanno lì a spingere le persone nei vagoni. Tralasciamo di proposito la frenesia che si respira ad ogni angolo di strada, quando si capisce che la popolazione cinese, oggi più che mai, ha aperto le proprie frontiere, mentali oltre che economiche: è una vetrina spalancata. Immaginate l’occidente come un esperto esaminatore e l’oriente come il suo studente, che sì vuole fare bella figura, ma in cuor suo sa perfettamente che in futuro non troppo lontano supererà il maestro! No, noi puntiamo i riflettori su tutto quello che di filmico ci ha colpito in Cina. Si fa un grande chiacchierare di questa “espansione” di cui l’Oriente è protagonista. Espansione economica, politica e culturale; e l’industria cinematografica cinese non fa eccezione. Gustatevi quindi questo reportage disordinato, fatto di foto e relativi commenti. Non aspettatevi però filippiche sui massimi sistemi di come i film cappa/spada della tradizione orientale siano stati del tutto sdoganati anche in Occidente (vedi il buon Tarantino, che con Kill Bill gioca a fare il cinese o l’incetta di nomination che ebbe a suo tempo La tigre e il Dragone, film che a detta dei cinesi era recitato malissimo e diretto peggio). Non una parola sui come e perchè gli organizzatori delle prossime Olimpiadi, previste a Pechino la prossima estate, abbiano affidato la regia degli spettacoli di apertura e chiusura dei giochi proprio al regista cinese più celebre, Zhang Yimou (Lanterne Rosse, Non uno di meno, La Città Proibita). Noi preferiamo raccontarvi questo viaggio con l’occhio di un turista bramoso di visioni, che però si lascia vivere da queste. Ecco a voi la settimana di un appassionato di cinema a Pechino, che lost in traslation guarda il cinema ad altezza uomo (che detto per inciso non è neanche tanta, visto il suo metro e 70… ma che nella media di chi lo circondava, si sentiva un gigante!) e continuate a tenere a mente: la vera globalizzazione è nei multisala! Perché l’unico momento in cui davvero il vostro cino/cinecronista si è scordato di essere a più di 5000 chilometri da casa è stato nel buio di una sala cinematografica.
1. Ecco a voi China Screen. Praticamente un XXXX in ideogrammi! Non ho capito una singola parola degli articoli, questo mi pare chiaro. Mi sono fatto tradurre qualcosa, e il tono mi sembrava sarcastico/entusiastico al punto giusto. Mi è passata per l’anticamera del cervello l’idea di propormi come redattore frre-lance: il made in Italy, si sa, tira. Poi ripensando al fatto che al massimo mi sarei visto costretto a tessere le lodi ad attriciucole nostrane del calibro di Violante Placido o Ambra (!) ho accantonato l’idea. Comunque la grafica della rivista valeva la candela, e anche il prezzo: 100 Renminbi (meno di 1 euro) per 120 pagine!
Chiaramente dovete conoscere l’inglese. E se non lo conoscete è arrivato il momento di impararlo col metodo “film in lingua originale”. I dvd si sono rivelati perfettamente funzionanti… le pecche? Alcuni non hanno i contenuti speciali (aho, ma per un euro e mezzo!) e dentro il cofanetto di LOST abbiamo trovato un cd che conteneva 24, vabbè!) PS. Sia chiaro che ci siamo sacrificati a comprare i falsi per puro amor di conoscenza, esigenze giornalistiche diciamo! Noi i dvd li compriamo solo se costano almeno 30 euro!
3. Sono andato a vedere Spiderman 3! E l’ho visto in una delle sale più grandi mai realizzate. Lo schermo era immenso, le sedie praticamente dei troni. Il cinema era in un palazzo che mezzo bastava. Il Wanda International Cinema. Entriamo e già le gigantografie dell’arrampicamuri mi si parano di fronte (si, ok, fuori dal cinema c’era anche un pupazzone gigante gonfiabile che sembrava di stare a Gardalend, ma il cattivo gusto non sta certo a guardare confini!). Salendo le scale mobili sono circondato da ragni in cartapesta che si mischiano ai celebri “handcut” cinesi, fogli di carta ritagliati a mano (cosa a cui non crederebbe neanche Ameliè Poulain), il contrasto è divertente e malinconico. Tutto il resto del multisala è davvero… “multisaloso”. Un bar gigante per abbeveraggi e cibi vari. Una sala giochi immensa per ammazzare il tempo e qualche zombie di pixel, un bar dal nome/programma: Cine Bar, arredamento di cartapesta che ricalca un po’ i bar anni ’20 e sui muri foto di attori (mai passati di lì chiaramente, le firme sono stampate!). Faccio un po’ di foto, un poliziotto (la cosa meno intimorente del mondo) mi esorta a non fotografare. Perde il suo tempo, non mi faccio mica fermare dal pensiero delle carceri cinesi, io! Compriamo il biglietto e ci danno il pop-corn “agratise”. Il primo pensiero italiota è chiaramente: “Ah, vedi!! Da noi col ca**o!”. La sala è immensa e anche mezza vuota. In effetti, visto che il film lo troverei tempo due giorni in dvd (vedi altra didascalia) non vedo il motivo per cui i cinesi dovrebbero riempire le sale. Il film mi fa schifo, è il più brutto dei 3. La scena in cui Tobey Maguire fa il verso a John Travolta mi fa andare di traverso il pop-corn (che talaltro è dolce). In compenso è divertente vedere i sottotitoli ad ideogrammi sotto il visino di Kristen Dunst. Mi vengono in mente i tatuaggi ad ideogrammi e a quanto si devono divertono certi tatuatori a scrivere cose assurde: altro che ideogramma di “drago nascnete”, questi simboli vogliono dire: Spiderman! Spiderman! Friendly neighborhood Spiderman!
4. Uno dei film che dovevo vedere era La città Proibita, ultima fatica di Yimou, con i due attori orientali più famosi in Occidente, Chow Yun Fat e Gong Li, soprattutto dopo averla vista dal vivo, la celebre dimora degli imperatori. Ma cosa c’è di meglio che godersi un bel film se non guardarselo durante un fantastico massaggio? Nulla! E così è andata… il film in effetti l’ho seguito poco, visto lo stato di dormiveglia che provocavano gli olii rilassanti con cui mi massaggiavano i miei poveri piedi affaticati! Fatto sta che Chow Yun Fat non ci fa proprio una bella figura nei panni dorati dell’imperatore, non ha proprio quel portamento regale. Tutto il contrario dicasi per Gong Li, che anche se gli metti un saio rimane di una bellezza abbagliante, appunto. Parentesi: non appena uscito dalla Città Proibita la prima cosa che volevo fare era rivedermi L’ultimo imperatore.
5. Dopo il blockbuster americano per eccellenza e quello cinese ci vuole anche la parte più artistica! Andiamo al 798, un’intero distretto artistico fatto di ex-fabbriche trasformate in gallerie, bookstore e cafè trendy. Per un appassionato d’arte è il paradiso. Fotografia, pittura e istallazione maestose si fondono perfettamente con l’enormità degli spazi, assolutamente non ristrutturati e con tanto di macchinari ancora in moto. Caso vuole che proprio quella sera è prevista la proiezione di The Placet, documentario svedese sull’inquinamento dei registi Michael Stenberg , Johan Söderberg e Linus Torell. La cornice regala alla visione più di quanto il film allo spettatore, in effetti. Ma quando vedo documentari sul come l’uomo sta sgranocchiando il pianeta terra come un torsolo di mela, mi viene da pensare che forse ce la meritiamo l’estinzione. E la Cina, con la sua folle corsa alla modernità sconsiderata, dovrebbe pigiare un po’ il freno e riscoprire quella pacatezza saggia che ha insegnato al mondo inter, e fare come i monaci buddisti che realizzano immensi dipinti con la sabbia colorata per trovare la pace interiore.
ps. è una questione di rispetto. volete vedere una "mancanza di rispetto" applicata al cinema? eccola:
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