Trama: ...ma sei nato in Chentakì / Tu vuoi vivere con Eli / Nella villa ma lo neghi / ma a te chi lo fa ffà / Tu giochi all'Enalott / Ma sembri un po' un pirlott / Giorgino sient'ammè / Ma perché non torni llà / Nella bell'Americà!
Giorgio Clonei ormai ha preso la cittadinanza italiana, ma più che altro di testa. Vederlo entrare tutto serio, occhiali scuri molto killer, in un ufficio delle ♪PosteItaliane♪ non ha veramente prezzo, è tropo anche per C&B. Come vederlo chiedere "uno cafè" al baretto, correre tra i ciottoli di un paesello arroccato abruzzese e parlare con Paolo Bonacelli. Quando poi scopa con Violante Placido tutto ci è più chiaro: è andato, partito, finito. E dire che era sempre stato un uomo per cui C&B nutriva una certa ammirazione, diciamo che si è sempre difeso bene dalle puttanate hollywoodiane (non che non ne abbia fatte, leggi Batman & Robin) ma gli ho sempre visto scegliere i film con un certo occhio. Dai, uno non diventa un attore feticcio dei Coen così per caso. Non si è salvato invece dalle puttanate italiane (oggi cercasi denuncia disperatamente, su C&B). Ecco che è arrivata Eli, la Cagnalis, e se l'è portato via, lobotomia a mezzo fica, ci caschiamo tutti prima o poi. Per molto tempo non ci ho creduto, pensavo che passata la gioia dei servizietti di Eli, sarebbe passato oltre, e invece no, eccolo lì che va all'Aquila (!), che gira i film in Italia, che parla con Paolo Bonacelli tutto contento di sfoggiare il suo italiano... Uno cafè... Aprirà una pizzeria? Da Giorgio & Eli Pizza Pazza in Piazza.. venite! Come! Come in Como!
Ma poi che dice Eli di queste scenette?
Ora potere fare bunga-bunga come con Eli e Silvio si?
Voi uno cafè?
Sarà gelosa Eli di queste scenette? Insomma cosa farà Eli?
Girerà le spalle a Giorgio...
...oppure sceglierà la castità?
Il film è di una noia mortale, fintamente "d'autore" solo perché fatto da Corbijn (ok le foto, ok i video, ma i film ho deciso proprio no. Già Control non mi aveva detto poi molto, ma qui proprio va a rotoli, lento, incisivo come un dente da latte, incomprensibile e, ripeto, noiosamente alla ricerca dell'autorialità). Insomma la legge del pietrone filosofale al contrario vale sempre: tutto quello che l'Italico dito tocca si trasforma in merda, Clooney compreso.
Sei mediamente emozionato, nuova classe, nuove facce, devi fare bella figura. Arrivo al Festival Internazionale del Film di Roma 2010 (che da oggi in poi chiameremo amichevolmente FIF) e subito mi immergo nel Cinema Italiano, amado mio. Proprio si respira l'aria del grande Cinema Italiano: incontro subito Francesca Inaudi, stranamente e purtroppo molto vestita. Muovo un passo ed ecco apparire in un manto di fascino Max Giusti (per fortuna vestito) che a capo di una squadretta di operai dirige misteriose operazioni al grido di "cerchiamo di stare più attenti alla larghezza che alla lunghezza". Continuo il mio pellegrinaggio e inizio anche io, come fosse un musical, a zompettare qui e lì talmente sono trascinato dalle immortali note di Nino Rota che riempiono l'aria dell'Auditorium, anche nei bagni. EvvivaNinoRotacheharesograndeilgrandecinemaitalianomachenessaitudininorotaportalabandierainamericafedericofellini. Anzi guarda facciamo così, leggete un po' di post con questa in sottofondo che fa bene:
Ma andiamo a incominciare. Vi avverto che non sarò breve, più che altro per due motivi, primo perché c'è un sacco da dire e poi perché è molto probabile che questo sarà il primo e ultimo articolo sul FIF, infatti a due tre minuti dalla sua pubblicazione mi citofonerà l'Imperatore del Giappone e mi farà delle mosse di kung fu cattivissime (su richiesta degli organizzatori del FIF, chiaro). Allora. Il primo giorno già sono chiamato al più corroborante degli accadimenti: l'incontro stampa con 3 protagonisti del FOCUS sul cinema Jappo. Incontreremo nell'ordine:
Teruyo Nogami: che lavorava sui set di Akira Kurosawa. Lei c'è stata sui set di Akira Kurosawa, voi non ci siete stati sul set con Akira Kurosawa. Lei c'è stata, voi no.
Kariyazaki Shogo: che è il fioraio l'artista che ha creato le installazioni floreali sul red carpet.
Mika Ninagawa: fotografa e regista, star (a ragione) della conferenza.
Siccome però io non è che ci sto tanto con la testa, praticamente ho un visore tutto mio e attraverso i miei occhi i suddetti assumono nomi e forme nuove. Diventano infatti così:
Nonnina-nannaninnaoh • Lulù dei fiori • Ninanana(e qui l'Imperatore già sta arrivando...)
Ho deciso che invece di farvi il reportage scritto di tutto vi metto il video. Così voi vi prendete un'ora e mezzo liberi e vi seguite tutto con calma. non vedo perché solo io ho dovuto passare un'ora e mezzo del mio prezioso tempo (ci avrei potuto vedere un film!) così. anche voi! Ecco qui:
...scherzavo. è umorismo giapponese, che ne volete capire voi.
Vi racconto in realtà come sono andate le cose. Al minutaggio. Arriviamo e ci sediamo. Io, mi siedo all'ultimo banco, guardo sempre in basso, ad un certo punto mi allaccio e slaccio tre volte una scarpa così da sparire sotto il banco. Insomma ritiro fuori tutte le tecniche di "liscia-interrogazione" che hanno reso grandi miei anni di liceo. Davanti a noi la delegazione Jappa così posizionata in batteria:
Si comincia con una domanda a Lulù. (la terra trema): "Il signor Shoju vuole parlarci delle sue impressioni di Roma". Risposta (la terra crolla): "Amo tanto l'italia, soprattutto Roma. Sono venuto tante volte a Roma. Mi piace tanto Roma perché mi piace tanto il cinema. L'architettura di Roma. Il cibo è molto buono. E soprattutto i romani hanno un grande cuore. Mi piacciono i film vecchi e i film nuovi, e molto i film di Visconti. Sono molto onorato di essere qui in Italia."
. . . (pause di riflessione, su C&B)
Ci riprendiamo da queste sconvolgenti rivelazioni e parte la seconda domanda (posta dall'unica persona con un po' di raziocinio in quella stanza, oltre a C&B, chiaro):
"è al corrente che in Italia almeno due generazioni sono cresciute con un'immaginario legatissimo alla cultura giapponese. Questo grazie all'invasione dei cartoni animati giapponesi e successivamente dei manga. ?? ne è al corrente? eh?"
Lulù estasiato: "Essendo un giapponese (!) sono molto contento. Ci sono però altre tradizioni come la cerimonia del the e l'ikebana che ancora non sono così famose". Intervistatore: "Mia madre fa l'ikebana da trent'anni". . . . (pause di profonda riflessione, su C&B) Fine domande. Perchè doveva partire. Inauguriamo (e chiudiamo subito) la favolosa rubrica: Le domande di C&B, mai fatte, una rubrica dove vi dico le domande che AVREI voluto fare ma che non ho fatto, senza un particolare motivo: "Signor Lulù Shogo, com'è il suo rapporto con l'impossibilità di far vivere le sue creazioni per sempre. Intendo dire, una scultura dura nel tempo, un quadro, una fotografia, anche un film, sono opere che una volta concluse sono destinate a "sopravvivere", presumibilmente per sempre. Le sue installazioni floreali, proprio in quanto create con elementi suscettibili allo scorrere del tempo come i fiori e le piante, durano, al massimo, una stagione. Come vive questa "decomposizione" della sua arte?"
DOmanda a cui non avramo mai risposta. In compenso ci ricorderemo per sempre la famosa LulùJuè, una sorta di deliranza tarantolata che ha visto protagonista Lulù e la sua sedia. Questa è la musica:
E sotto come si balla. Pronti? VIA! SCATENATEVI!
Imparate anche voi i movimenti delle braccia, l'estate prossima sarà un must. Si passa alla Ninagawa, ed è subito moda. Un'intervistatrice (capace) chiede l'importanza che per Ninanana hanno i tessuti, gli accessori, in generale il mondo della moda. La domanda potrebbe aprire discussioni infinite, il tutto viene laconicamente chiuso con un "adoro D&G, Gucci e gli stilisti italiani". C&B pensa: Hanno vinto. Hanno vinto loro e noi ce lo meritiamo. Noi abbiamo in mente il Jappone solo per: sushi+geishe+samurai+(se va bene) tatuaggi. è sacrosanto che noi per loro diventiamo solo: glistilistidellostivalesonoquellipiùapprezzati+mafia+spaghetti+monica bellucci. Jappone vs Italy: 100 a 0.
E qui scatta il momento epico. Entra in gioco LA MANGAKA! La Mangaka è colei che incontra un giapponese e lo vede muoversi con le linee cinetiche, la mangaka quando è in imbarazzo gli scende la gocciolina sulla fronte, il ragazzo ideale della mangaka ha i capelli a punta giallo canarino e grida kame hame haaaAAA quando...ehm..."quando". Insomma la magaka prende il microfono e inizia:
"Mi scushi sigvorina Ninagawa, lei ha tvatto il suo film dal manga di Moyoco Anno, pubblicato dalla Shushesha dal 1998 al 2003 in favolosi volumi cavtonati. Le vendite del manga si stabilizzavono intovno alle 2 milioni di copie. Ecco, in una scena del manga, più pvecisamente a pagina 45 del volume numevo 7, la pvotagonista femmile apve una povta usando la mano destva. Nel film invece lei ha fatto apvive quella povta con la mano sinistva. Inoltve a pagina 31 del volume 14 la pvotagonista viene fevmata da due malintenzionati mentve nel film ci sono tve malintenzionati. Poi, a pagina 64 del volume 21, la pvotagonista ha degli zoccoli alti evidentemente non più di 21 centimetvi mentve nel film si vede perfettamente che gli zoccoli sono alti almeno 23 centimetvi. Inoltre la pvotagonista, intevpretata da Anna Tsuchiya, che tutti vicovdiamo con amove in NANA tvatto dal fumetto di Ai Yazawa, ha i capelli almeno 2 centimetvi più corti rispetto al manga ovigiinale. Ecco non le sembva di aver esagevato con le diffevenze con l'opeva oviginale della gvande Moyoco Anno?"
C&B a quel punto avrebbe voluto avere tra le mani un'Hattori Hanzō e tagliare qualche testa, gentilmente la Ninanana ha risposto con un laconico "Il fumetto è bellissimo, ho cercato di rispettarlo il più possibile. Conosco Anna non solo come attrice ma anche come persona e so che solo lei avrebbe potuto rendere in un film la forza della protagonista del manga". Quello che colpisce di Ninanana è la mises. Scarpe con capitelli corinzi al posto dei tacchi e sconvolgenti "french" alle unghie delle mani. Agevoliamo diapositiva: (sui pollici aveva veri e propri cammei). Le domande di C&B, mai fatte: "Cindy Sherman, Floria Sigismondi, Alex Prager (per le donne), Anton Corbijn, Erwin Olaf, David Lachapelle (per i maschi)... sono molti i fotografi che sentono il bisogno di passare dalla staticità di una fotografia all'immagine in movimento del cinema. Lei quando ha sentito per la prima volta questo bisogno. E come si pone lei dietro a due stumenti così diversi e al contempo simili come una macchina fotografica e una cinepresa. Davvero l'unica differenza sta nel "movimento"?" Chissà cosa avrebbe risposto. Tra un po' quando parleremo del film useremo anche qualche parola della Ninagawa. è il turno di Nonnina-nannaninnaoh. Strano averla lasciata per ultima, a dirla tutta sembrava difficile che potesse arrivare alla fine della conferenza (mi bussano alla porta, chi sarà?). Chiaramente, a dispetto dell'età (245 anni) si dimostra la più sveglia e intelligente. Alla domanda "cosa si ricorda del maestro Kurosawa" lei risponde: TUTTO. Già la amo. La vorrei portare a casa e tenerla lì sulla sedia per sempre. Le chiedono poi "quale differenza c'è tra fare film in giappone "nell'antichità" e oggi. è più difficile oggi? era più facile nel medioevo? Che differenza c'è tra i film della sua epoca e quelli di oggi?". Risposta, grandiosa di nuovo: "Non è più facile o più difficile. è SEMPRE difficile, e al tempo stesso facile se sai cosa stai facendo. Non c'è differenza tra il cinema dei miei tempi e quello contemporaneo. C'è solo differenza tra bei film e brutti film." (io intanto sto preparando le carte per il matrimonio.
Le domande di C&B, mai fatte: "Mi vuole sposare?"
L'incontro si conclude con una domanda a ? (una volta conosciuto come "signore"). Lui:
Devo ammettere nella mia profonda e marcescente ignoranza che... non sapevo chi fosse, e non lo so tutt'ora. Cioè, ho capito che ha collaborato con Kurosawa, ma ammetto, uccidetemi, di non aver capito in quale ruolo. Durante tutto l'incontro è stato di un'educazione increbile. Nessuno gli faceva domande, roba che io mi sarei alzato e avrei gridato "CAGATEMI" molto forte. Deto questo la domanda è una semplice: "Come ha incontrato il Maestro (sempre il solito Kurosawa)?". Risposta, ammirevolissima (davvero!): "è stata solo fortuna. Una mia amica aveva lavorato con lui e gli ha fatto il mio nome. Lui ha detto sì." L'impeto di stringergli la mano è forte, ammiro chi non si prende i meriti e sottolinea continuamente quanto sono bravo, quanto sono bello. Non sapere chi fosse fa di me uno scemo, ne sono conscio.
L'incontro volge al termine... passiamo alle foto di rito. Ve ne metto due che secondo me vale la pena:
Questa è venuta un po' mossa, non so perché...
Sakuran & Sakurambo Però voglio chiudere il compito sull'incontro stampa con un ringraziamento. Grazie all'interprete. No, davvero, proprio un premio per l'Interpretazione. Miglior Interpretazione di Interprete. Adesso, non voglio entrare nel merito di professioni altrui, figurati mai se C&B spara a zero, però ecco, l'Interprete, in linea teorica, non dovrebbe essere madrelingua delle due (o più) lingue che andrà a tradurre? Cioè almeno masticarla! Ecco a voi alcune chicche riportate fedelmente: - Essendo uno giapponese eee mi molto mi farebbe molto piacere di sentire questo eee adesso che le cose che adesso vedere nel giappone eee ma ci sono ancora le cose che ancora non sono nel giappone eee tanto bene eee per esempio ikebana quello che fa lei lui. - Sono venuta qua e ho preso quest'impressione diprofondità di storia vecchia storia antica a vedere non stampa e le cose vere che io vedevo sul libro della stampa che adesso è realmente vero le cose mmm anche le persone circondata delle queste cose vere e meravigliose come posso mmm (segue silenzio imbarazzante di almeno 15 secondi in cerca della parola che gli viene infine suggerita dal pubblico) come posso rendere le persone che ha queta cultura... Tutto così. Conia inoltre un neologismo, la Fragibilibitilà. La famosa fragibilibitilà giapponese. Da applausi a scena aperta. (parentesi) Esco fresco come una rosa dalla meeting room e chi ti incontro? LE WINX! TUTTE E SEI! ora, a parte che ho motivi tutti miei per avere qualche idiosincrasia con le WINX, ma appunto, sono motivi miei, non posso esimermi dal corrergli incontro:
(chiusa parentesi)
Bene. Dopo essermi inimicato tutto l'Oriente (e tutti quelli che hanno avuto la splendida idea di coinvolgere C&B in questa cosa) passiamo finalmente al film: Kiyhoa, you don't have to put on your red lantern Sakuran Trama: Come pescioline in una bolla di vetro, sono le oiran.
Non è facile, non è facile per nulla passare dalla fotografia al cinema senza risentirne. Si rischia di realizzare un film statico, legato troppo fortemente alle immagini, alla messa in scena, alla (appunto) fotografia tralasciando gli elementi "storia" e recitazione. La Ninagawa riesce quasi completamente in questa ardua impresa (il "quasi" lo spieghiamo dopo). Sakuran è un film, e non solo una fotografia in movimento. Logico, il tema stesso del film, l'ambiente in cui la storia prende vita e queste foto stampa che devo mettere per forza (Rassegnazioni stampa, su C&B) dimostrano che è la storia stessa a richiedere immagini sgargianti e incredibilmente affascinanti: Viene quindi da sè che una percentuale altissima del fascino della pellicola sta nella ricostruzione della dorata (ma dorata solo negli stucchi) boccia di vetro dove, come golden fish dagli occhi a palla spalancati, vivono, seducono, complottano e infine muoiono le oiran, le prostitute giapponese. La forza visiva del film è nei sontuosi costumi delle geishe, nelle loro vorticose acconciature. Costumi e trucchi del genere, a dirla tutta, aiuterebbero anche un ciocco di legno a recitare. La tanto decantanta (dalla mangaka) scelta dell'attrice protagonista, Anna Tsuchiya è un'altra nota vincente del film. Si tratta infatti di un viso estrememente moderno che regala al personaggio un carattere forte e di rottura. è un'operazione simile a quella fatta da Sofia Coppola in Marie Antoniette: una ragazza intrappolata - lì erano i corsetti barocchi a toglierle il respiro, qui sono kimoni pesantissimi a far affondare i piedi nel pantano - in una realtà chiusa, monotona, irrispettosa e terribilmente antiquata. Trappola che non può resistere all'irruenza della gioventù, al desiderio di vedere "cosa c'è fuori". Nelle tappe fondamentali della vita di Kiyoha si rivedono quelli di qualsiasi ragazza: un'infanzia con gli occhi golosi di stupore, un'adolescenza scatenata, e poi la presa di coscienza del potere del proprio fascino, la delusione di scoprire che in fondo, questo famoso "amore", non è che una parola, e infine la rassegnazione di fronte alla vita, sempre più forte di noi. La forza visiva quindi, è il motore che spinge l'ammirazione dello spettatore per il film. Un film che però avrebbe dovuto finire circa venti minuti prima, e c'è una scena, una scena precisa che avrebbe dovuto chiuderlo. Sarebbe stato, semplicemente, il finale giusto (parlo della sfilata di Kiyoha, per chi l'ha visto). Il resto, l'avremmo immaginato, con i rossi giapponesi (i rossi giapponesi non sono MAI messi a caso), con i dragoni e gli aironi sui muri di carta di riso, con le pettinature clamorose. Il resto era già lì, avremmo immaginato il resto e sarebbe stato come poi lo vediamo scorrere sullo schermo, ma appunto, leggermente stanchi: lo sapevamo già. Continuando con il parallelismo (C&B cìmeglio di Bazin, su C&B) con l'operazione fatta dalla Coppola per l'adolescente reginetta, utilizza anche una colonna sonora (anglofona il più delle volte) decisamente moderna. E questa è la chiave di lettura giusta, questa l'operazione a cui sono chiamati i giovani registi contemporanei: rileggere il passato del proprio popolo e mostrarlo (magari con stilemi registici più veloci e decisamente POP, per quanto io odi questa parola) ai giovani il cui grado di attenzione non supera i sei sette minuti. La Ninagawa ci riesce perfettamente (quando ci mostra le uscite pubbliche delle oiran, che diventano quasi dei concerti glam degni del miglior David Bowie), e riesce, lo ripeto, a fare un film. Brava lei. Postilla a fine flm: alla mia destra, due vecchine. Finisce il film: "Bei costumi però". Alla mia sinistra, la mangaka: "Pevò il fumetto finisce in un altvo modo"... Hattori Hanzō prego.
VVVProstitute che non si prostano, grandi cu.oriVVV
e accontentiamo anche le ragazze va:
Fine. Sono stato bravo? Lungo ve'? Scusate ora vado ad aprire la porta che sono due ore che bussano.
Trama: I nerd si innamorano, i nerd dettano la moda, i nerd sono cool. Out è In. E soprattutto i nerd SPACCANO CULI AGLI EX!
Sono estasiato. Scott Pilgrim è il primo film da ANNI che ha la grandezza necessaria per diventare un film "generazionale". Ne abbiamo parlato un sacco di volte qui su C&B, dei film che per noi -coff coff- post-ventenni (ok, trentenni), sono MITI (da Ritorno al futuro, ai Goonies, a Labyrinth passando per La storia infinita e chi più ne ha). Ecco, io me li immagino tra una quindicina d'anni, i post-decenni di oggi dirsi (via facebook neurale, direttemente impiantato in faccia, per l'appunto face.book) "cioè figata ti ricordi Scott fichissimo Pilgrim quando fanno la battaglia di band ed escono i dragoni che combattono con lo scimmione, ciè figata" (la parola "figata" sarà evergreen per sempre, che ce voi fa).
Davvero, la bava alla bocca che avevamo nell'attesa è stata tirata su con un bel risucchio (immagini romantiche, su C&B) vedendo questo film che titilla la perfezione, nel suo essere cosi dannatamente cool: quel tipo di "cool" derivato dal Nerdismo, chiaro. D'altronde Micheal Cera è stato da 5/6 anni a questa parte la dimostrazione che alle volte si nasce nel momento giusto: magro allampanato, scialbo e stortignaccolo, ha assunto prima il ruolo del messia cinematografico dei nerd, del vergine per scelta (delle altre) e oggi, leggermente più grandicello (ma credo non invecchierà mai) del fichissimo geek, che, grande novità degli anni 2000, rimorchia dieci volte tanto rispetto a un quaterback pompato di steroidi.
Scott Pilgrim inizia come una classica young comedy, dal ritmo serrato, con gli inserti fumettosi (proprio le onomatopee che esplodono sullo schermo, ed è davvero uno dei pochissimi film che riesce a "riprodurre" su schermo la piegatura dei tempi e dei luoghi che il fumetto ti permette) e personaggi a cui ci si affeziona nel giro di due/tre secondi (il compagno di stanza gay, interpretato dal fratello Culkin uscito bene, il 4° uomo della band)... per la prima mezzora ti dici "ok, carino, vediamo un po'...". E poi arrivano le FIGHTS!, e lì esplode il film: si viene trascinati a forza dentro un Coin Up e non si vuole uscire mai più, si ravana in fondo alle tasche per vedere se abbiamo uno spicciolo nascosto prima che il conto alla rovescia finisca e tentare una volta ancora di fare il culo al boss finale.
La forza del film è quella di fare riferimento ad un tipo di videogiochi (platform a scorrimento laterale dove devi spingere forsenatamente il pulsantone A e B, e poi insieme se c'è, lo C, coi pixel grossi così e non con milioni di poligoni, dove se fai COMBO le ragazze intorno fanno i gridolini) che, insieme a tutti gli altri miti geek (ok, la smetto di dire geek: chiamiamo le cose con il loro nome: sfigati) ...miti per sfigati hanno formato una generazione che si è finalmente liberata dal carcere di soprusi (armadietti infuocati, sacchi al letto, schiaffi del soldato e chiaramente verginità ad oltranza) e ha conquistato telefilm, fumetti, cinema e, ormai, il mondo (grazie chiaramente a Internet 2.0), e, logicamente, le magliette! Le magliette sono IM PORTANTISSIME per i geek: tipo:
E, vi sembrerà incredibile, Scott Pilgrim è un film ROMANTICISSIMO e per la prima volta da tanto tempo (credo dai tempi di Eternal Sunshine) non mi "irromanticavo" anche io così tanto, davvero, quando vedi i cuoricini in CGI uscire dai bacetti che si danno i protagonisti visualizzi esattamente la sensazione dei primi baci (con mano polipa che avanza, chiaro) e quando iniziano gli scontri con gli gli ex ti ci riconosci proprio, nell'odio insensato e "osmotico" che si prova per gli ex, li vuoi eliminare dalla faccia della terra e dalla mente dell'amata, devono sparire LORO, maledetti, che hanno avuto il coraggio di baciare/toccare/pensare alla tua amata prima di te, ma come si sono permessi! 3...2...1...FIGHT!
Un film che resterà, non è facile trovarne al giorno d'oggi.
A proposito di videogiochi e di Scott Pilgrim. Ma guarda un po' alle volte il caso... giusto prima dell'estate mi è capitato di conoscere (virtualmente si intende! che siamo matti! ce te pare che conosco qualcuno di persona? e che sei matto?) Paul Robertson. Chi è? Ma niente uno che fa queste cosette come passatempo:
No dico. Poi uno si chiede se si può fare ARTE col computer. Ecco, apriamo parentesi ARTE COL COMPUTER. Io sono di questa interessantissima opinione, che si riassume così: i coloristi NON sono artisti, sono tecnici molto bravi. Ray Caesar è un artista, anche se non ha gli "originali", lo è perché utilizza un mezzo (il mouse) per strizzarsi il cuore e farti vedere quello che esce fuori. Però c'è un tipo di artista digitale che va ancora oltre, e l'esempio perfetto è Paul Robertson. Ray Caesar alla fine, avrebbe potuto fare quello che fa anche con tela e pennelli, fosse nato nel 400 avremmo avuto la "scuola precaesarista" "postcaesarista", invece le gif animate di Robertson sono possono vivere e stare SOLO dove sono. Sono davvero la dimostrazione che un singolo file potrebbe in linea teorica essere venduto a milioni di dollari. Paul Robertson è l'autore delle animazione del videogioco di Scott Pilgrim
che a questo punto mi costringerà a comprarmi la Wii o qualsiasi altra console dove giocarlo. Roba da geek? Che me fraga, tanto ad essere geek si rimorchia meglio che essere "figata".
Trama: Spilbi apre un baule in soffitta. Trova dei ricordi di quando era bambino (ancora tutti lo chiamavano Spilbino), li fotocopia, ci scrive sopra "sceneggiatura" e ci fa subito un film. C&B in esclusiva vi mostra cosa Spilbi ha trovato in quel baule:
Spilbi vince il suo secondo oscar con 25 minuti e 47 secondi di pellicola, niente male. Da una parte niente da dire applausi e bravo, lo sbarco a Omaha Beach è una roba davvero impressionante, davvero ha spinto la regia americana fortissimo, la sua più di tutti. Adesso magari vi verrete a dire che già qualcuno, la camera a mano, figurete lo sanno tutti (Greengrass in Bloody Sunday tipo no?), però è "un gran bel pezzo di cinema", non potete dire no. Infatti. Se l'è "meritatelo".
Il resto va bene perché Spilbi ormai è oltre il mestiere, è Spilbi. Però davvero, quella cacchio di bandiera americana che sventola è insopportabile.
Come potete immaginare anche voi, che siete di certo più furbi degli addetti agli scrutini dell'Oscar, tutta lo sbarco è il Momento Spiebelghiano.
Allora tu vai li e TTATATTA e poi tu vai dillà e PIM PUM PAN e poi voi due di qua e ratartaratratra e poi tutti vi spostate e BOOOM e poi andate di su e poi di ggiù e bam bam bam e poi tu ti stacchi il braccio e ci meni lui e pim pum pam e insomma parola d'ordine: CASINO! YEA!
Trama: In viaggio motivazionale all'Est (europa), un gruppo di colleghi si ritrova a dover fronteggiare ex-soldati con educazione siberiana. Un macello.
Severance è una commedia horror, quindi paura + risate, che è un mix davvero pericolo. Il rischio di fare una puttanata è dietro l'angolo, e il film diventa un labirinto per capirsi. Il regista deve stare attento diecimila a non spingere troppo da un lato (se fai troppi sberleffi edulcori l'horror non facendomi più paura e se fai troppa paura annacqui la commedia, non facendomi più ridere). La soluzione è spingerla sul grottesco. E qui di cose grottesche ce ne sono e sono divertenti, assurde e azzeccatissime (su tutti il personaggio del collega sfigato che è buono ed entusiasta con tutti e tutti lo sfottono e lui per tutta risposta, è ancora più buono ed entusiasta), ma quello che stupisce di Severance è che, davvero, fa anche un ottimo lavoro come horror puro, un pò slasher, un po' torture, comunque pauroso se devi immaginare davvero di finire in mano ad un cammando di soldati sadici e inselvatichiti.
Applausi a Severance e al suo regista che ci ha regalato anche quel gioiello spazio-temporale di Triangle. Ora bisogna vedere quel pestilenziale Black Death, eddai anche applausini a chi un paio d'anni fa lo distribuì in Italia, che ci guadagnò addirittura 310.000 euro, credo adesso faccia il benzinaio in Ungheria, reietto dal mondo del cinema, impazzito e inselvatichito.
Cercando "severance" su Google ci si trova di fronte ad un trattato di psicologia internazionale. Quella di prima è la locandinaitaliana: Coltellaccio + motosega - testa. Poi ecco quello che succedeva nel mondo:
Germania: Via coltello, via motosegha + schizzo giugulare + testa tagliata
Spagna: Sempre avanti: mettici tutto: testa che rotola + motosega + schizzi di sangue + coltello arriba arriba
Est Europa: (incazzati col film: via tutto, giusto due schizzetti di sangue, che vuoi che sia...
Cina (o comunque Oriente): via schizzi, via motosega, il coltello diventa una specie di trapano a mano (nel film non ve n'è traccia), appare foto su cartellino.
Il grafico che ha creato la locandina si sarà ritirato nelle foreste rumene, impazzito e inselvatichito.
Poi, sempre cercando "Severance" esce fuori anche lei
ma, GIURO, non è colpa mia questa volta! Questa Joan Severance è una tizia che ha nel suo CV di livello filmetti come Criminal Passion, HArd Evidence, The Last SEduction 2, Sex & Consequences, ma soprattutto:
(Comunque è colpa di Google, non mia, io stavo parlando di tutt'altro).