Megalodon
Trama: La tranquilla routine di una piattaforma petrolifera viene sconvolta dal più impensabile degli accadimenti: la trivella inavvertitamente rompe una calotta di roccia millenaria e libera un ecosistema giurassico, inesplorato e soprattutto letale.
Sono film come questi che fanno amare il Cinema.
La simbologia che il regista sfrutta; il rapporto tra il megalodon che per anni, secoli, millenni attende con pazienza e la ricercatrice impavida, donna degli anni 2000, fulgido esempio di un coraggio tutto femminile; è tenuta saldo per tutti i 73 minuti come solo i grandi registi sanno fare. Niente è lasciato al caso e le psicologie dei protagonisti sono quasi pirandelliane, profonde, frastagliate come lo sono i fondali marini, e come i fondali marini buie e piene di misteri.
La messa in scena, di nuovo, è altisonante. Computer graphic talmente futuribile da sembrare irreale, o per meglio dire, talmente reale da non sembrare computer graphic. Davvero da occhi spalancati. Delle ricostruzioni avveneristiche che fanno impallidire le astronavi viste da sempre nella migliore cinematografia fantascientifica americana, da Guerre Stellari, fino a Matrix e l'ultimo Star Trek e il già citato Avatar. Pongono un nuovo miraggio irraggiungibile da altri, un nuovo metro di paragone, un nuovo punto di arrivo.
E poi l'attesa, poi, il silenzio. L'estenuante e vibrante aspettativa della prima volta, la prima apparizione del Megalodon che dà il nome al film, che arriva solo al 50esimo minuto, un'agonia programmata eppur piacevole. Perché come si sa, "non è la destinazione, è il viaggio", e quindi sono proprio quei lunghi minuti che fanno fremere, che fanno stringere lo stomaco, che scavano negli abissi della nostra mente troppo spesso narcotizzata da andamenti filmici così dannatamente prevedibili.
Per descrivere Megalodon si potrebbe parafrasare la protagonista, che con gli occhi spalancati dallo stupore della scoperta di un mondo inesplorato, dallo sgomento della novità, dall'incredubilità di fronte al sogno che diventa realtà esclama con un sospiro: «è lo spettacolo più incredibile che abbia mai visto».
Megalodon chiude l'odierna trilogia dedicata all'atavica lotta tra natura e uomo, film che si potrebbero descrivere con mille e mille parole, ricercando gli aggettivi più adatti, le frasi più giuste, quasi che il semplice parlarne illumini anche il più micragnoso sostantivo il piccolo articolo, quasi che il lavoro di critico cinematografico diventi pura e sublime testimonianza di un miracolo. Sono parole che si scrivono da sole, cariche di una forza regalata da visioni che si potrebbe definirite estatiche. Inutile girarci intorno... quelli di oggi sono quelli che si possono definire, semplicemente: I FILM BELLI.
Sbaglio o nella locandina c'è uno che si chiama AL SAPIENZA?
RispondiEliminaLa cosa PIU' BELLA dei film BELLI sono i NOMI BELLI degli attori, gente che si vede già dal nome che farà strada!
HAHAH sei proprio una grande!!! grazie di averlo notato perché mi dai l'occasione di scrivere la più grande cazzata che ho mai pensato (e per cui ho riso da solo fino al maldipancia)... sì AL SAPIENZA... il fratello di LA SAPIENZA... solo che non potevo macchiare questi BELLI FILM con questa cosa. per fortuna ho trovato la mia spalla comica :D
RispondiEliminaa proposito di nomi belli anche nel lontano Megashark c'era NINO ZAGAROLI! http://chickenbroccoli.blogspot.com/2009/11/che-bel-periscopio.html