The End. Di un lungo mese dedicato ai documentari. Ce ne sarebbero tanti e tanti altri, ma, ehy, MICA POSSO VEDERE TUTTO IO, QUI!
Ho deciso di chiudere questo mese con una cosa un po' speciale, diciamo che, dopo questa iniezione di realtà in formato cinematografico, ho deciso di regalarvi un po' della mia realtà. No, non è che ora vi dico come mi chiamo, non è che se uno vi dà un dito voi dovete per forza prendervi tutto il broccolo. Però vi faccio vedere un documentario - imperfetto, breve ma anche lungo, e con un refuso già alla prima schermata (Cerca un refuso, trovi C&B!) - a cui tengo molto, moltissimo, per motivi che ora è un po' difficile spiegare (si dice sempre così, che fa più "mistero").
Il documentario parla di un artista svizzero a Roma per una settimana (la settimana coincise con i funerali del Papa), che (quasi costretto) dipinse un'opera dedicata alla città. Fini con una mostra/party. Anzi ecco il concept:
Un artista svizzero immerso per una settimana nelle sante (ora più che mai) vie di Roma. Immortalato tra turistiche mete da cartolina; vittima di una dolce vita chiacchierona e perso nei sogni di vicoli celati da maestose rovine, Ashi dipingerà e ritrarrà su carta i suoi itinerari di turista, riproponendo le mille sfumature di una città maestosa e misteriosa, colte con l'occhio critico che solo un turista può avere.
Ed è strano che, tra i tanti documentari che non ho voluto avere il tempo di vedere, abbia lasciato fuori quelli che, a rigor di logica, dovevano rientrare maggiormente nel "mio campo" (diciamo così, va) d'interesse, questi:
Non c'è niente di peggio, in sede di scrittura di un film horror, che mettersi lì e dire: "Bene, per questo film oggi creeremo un assassino seriale ultraterreno che darà del serio filo da torcere ai vari Freddy, Jason e Mike Myers".
Anzi no, c'è una cosa peggio: è sedersi e dire: "Bene, per questo film oggi creeremo un assassino seriale ultraterreno che darà del serio filo da torcere ai vari Freddy, Jason e Mike Myers. E lo ambienteremo in un campo di grano, così ci basta fare un set di un metro quadrato di pannocchioni alti e far correre gli attori sul posto per fare finta che sono inseguiti per chilometri da spaventapasseri assassini". Sì ecco si questo non c'è cosa peggiore...
Anzi no, c'è una cosa peggio.
Vederlo.
Ma solo a un pazzo poteva in mente di fare un musical all-black di Oz e far fare a Micheal Jackson lo Spaventasseri. Spaventoso. Diana Ross è Dorothy.
Trama: Ma c'è scritto nella Bibbia che Dio è Satana?
Allora. Sono in forte difficoltà. Non posso, nella maniera più assoluta, ricorrere ai miei soliti trucchetti simpatia, dove faccio i giochi di parole, dove faccio dello Spirito (!), chiamo in causa quel diavolaccio di Santana, dove insomma faccio il Broccolo. Infatti vedi, lo sto già iniziando a fare. No, non devo, non posso, non voglio.
Il fatto è che questo documentario è così: prendi QUESTO, e ci togli tutte le risate. E come ce le togli? Mettendoci QUESTO.
Esatto, questo documentario è un'investigazione sulla pedofilia clericale. Ora, a volta, nella condotta cazzona dei blogger - e più in generale di chi dice "si può scherzare di tutto, sempre" (e io sono uno di quelli) - dire "Prete Pedofilo" è come dire, chessò, Guardia Svizzera o Capo Indiano, cioè due parole che proprio sembrano essere nate per stare insieme. Quindi questo dovrebbe essere motivo di Ridere, ma a denti stretti. Magari quando vedi South Park, lo fai pure.
Però non quando vedi questo documentario, che ci racconta la vita (o la ricerca di essa) di tre dei centinaia di bambini abusati sessualmente da questo pretaccio qui:
Che non solo ha un nome e cognome - Oliver O'Grady - ma ha anche il coraggio di apparire in questo documentario, di "chiedere scusa" (come se un pentimento potesse riparare ad alcunché) e chiedere, con quel tipo di superiorità indisponente che solo il clero sa avere, addirittura un incontro con i bambini, ormai adulti (ma mai davvero adulti), da lui abusati. Direte voi, "ok, chiede questo dal carcere dove è rinchiuso". No, lo chiede dalla ridente città irlandese dove vive, dove va al parco, dove va al pub, dove incontra bambini.
Per venti anni (anni 70/80), nello Stato della California, O'Grady ha servito messa in quattro diverse chiese, abusando liberamente dei bambini che le famiglie gli affidavano. Ma non stiamo parlando di cose tipo "lievi" come schifosamente il nostro lurido, immondo, schifoso governo perdona dall'altro ieri, no parliamo, anche, di neonati. Neonati. Fa male anche scriverlo. Quindi, eccola lì, la faccia del Diavolo.
Il film non tenta assolutamente un'assoluzione, la richiesta dell'incontro, chiaramente, è accolta con incredulità e con la furia, mai troppo poca, che può provocare un ricordo come quello o una lettera da colui che ti ha rovinato la vita in modi che non possiamo neanche immaginare. Quindi, fortunatamente, il lato filmico della questione è messo da parte, ma due sono le cose che comunque toccano profondamente: la libertà di cui gode O'Grady, solo perché prete, protetto dalla chiesa, che ogni volta che "qualcosa di strano" veniva a galla, lo trasferiva a diverse parrocchie, con un massimale di 70 km di distanza dalla parrocchia precedente e di 0 metri dai bambini; e il fatto che nessuna delle vittime o dei loro famigliari non vada con una pistola in Irlanda facendo davvero, davvero, quella che potrebbe essere definita una "opera di bene".
Ed è questo che traspare maggiormente da questo abominevole (per i temi trattati) documentario: si fa luce su quello che il "cattolicesimo" realmente è. Non l'istituzione Chiesa (che viene molto intelligentemente paragonata alla Mafia) ma più la "mente del cattolico". Famiglie che aprivano le loro case al "lupo cattivo", madri e padri che quando vedevano "strani cambiamenti" nei comportamenti dei figli, non si facevano domande e non facevano altro che chiedere maggiore aiuto al prete di casa. Sono cose che incendiano chi guarda il film. L'ottusità, la cecità, la fiducia dogmatica che queste famiglie regalavano a quest'uomo, solo in funzione della camicia nera col tassellino bianco. E allora puoi credere ancora in un Dio, che ha mandato un suo messaggero a distruggere tutto quello che può esserci di "buono" in una famiglia? Sono domande che se fatte ad un religioso, avranno sempre la stessa risposta: "Dio ci parla in maniera misteriosa". "Tutto è volere di Dio". Allora io, da ateo, mi chiedo se è bello vivere con questi compartimenti stagni al cervello. Ok, vuoi credere nei serpenti parlanti nell'immacolata concezione in uno che si stacca la costola ed esce la donna. Credici. Ma poi, quando la realtà ti sbatte in faccia che la Chiesa, la Chiesa come istituzione, quando si tratta di "preti pedofili" insabbia e perdona e chiude gli occhi e arriva perfino a "aiutare", come è possibile entrare ancora in una chiesa per te? Alcuni protagonisti di questo film, nonostante i fatti, lo fanno ancora. Dio, quello vero, quello che spinge i missionari in Africa o i preti di Napoli a combattere la Camorra, che ne pensa? Sarà forse che Dio non esiste e che esistono solo il bene e il male, in ognuno di noi, poi cambia solo il dosaggio? Banale? Sì per carità, ma vero. Il film è online. Dovrebbero videoproiettarlo su tutta la facciata di San Pietro, mentre il Papa (che ha una grande parte nella protezione dei preti pedofili) dice messa e invoca Satana.
Inizio a sentire quella specie di titicarello che dà la nostalgia. Come quando penso a LOST. Manca poco, davvero poco (luglio) e anche di HP abbiamo chiuso il capitolo. Già le attese febbrili dei libri si sono chiuse anni fa, ci restavano i film, più o meno riusciti placebo per noi potteriani a rota di CRUCIO! Aguamens! e Cioccorane.
Vi ricordate cosa dicevo di Star Wars qui? Ecco, ora che ci penso, io, tra vent'anni, con mio figlio (presumibilmente una sorta di teenager protoemo che mi chiamerà "veeeecchio" e mi prenderà in giro per il tatuaggi e per questo blog sito) sarò esattamente come il Jedi Dad: gli starò tutto il giorno a dire "eee ai temphi miei, quando c'era Harry Potther, sì che c'era la fantasia, no come oggi che state tutto il giorno attaccati al FB2020 sparato direttamente in retina". Harry Potter era una cosa VERA, non come le saghe di adesso. Troppe saghe fanno male, Severus (il nome di mio figlio)". Che poi, presumibilmente, da qui a dieci anni SICURO che iniziano a fare gli spin-off, i seguiti, i prequel e tutte quelle cose l' per rubarci i soldi. Io ho già la mano nel portafoglio.
A rivederlo di nuovo, questo capitolo, è una barba (di Merlino) forte. Più di un'ora dentro una tenda a litigare. Però continua a piacermi l'effetto che i film di HP fanno ormai da qualche capitolo a questa parte. Inutile metterci i perchi, percome, perquali, sono come puntante di una serie TV, o li hai visti tutti, o non ci capisci niente. E mi piacciono gli attori, altrove protagonisti, usati per tutto il film, addirittura col nome grande in locandina, usati per uno o due minuti, li vedi, che passano, sono loro, e poi non li vedi più. Infatti mi è venuto un cuoricino piccolo così e mi si sono sbrillucciati gli occhi a pensare a Piton. Piccolo Piton. Piccolo dolce tenero morbido Pitoncino. A cerva, Lily, Piton. Sniff... Diciamo che nel gruppo di supereroi che si chiama La Lega degli Straordinariamente Buoni c'è Babbo Natale, Jesù, Gandhi e ora anche Piton.
Piton LOL. Tutti gli altri: ANDAVA CALATRAVA! ANDAVA CHE ANDAVA! ANDAVA CHE ENTRAVA!
Difficilmente incontro un film che unisce tre attori di una tale antipatia. Li ho odiati dall'inizio alla fine. Le fossette della Mulligan, la scucchia della Knightley e la recitazione a cazzo del nuovo Spiderman.
Ehy, poi sai che c'è? Che questo è un film di retrofuturibile, cioè di fantascienza ma che inizia nel 1967 dove le persone di fanno i... ok. Basterebbe una parola a farvi uno spoiler grosso così. Certo che merda quelli che a tradimento ti dicono i finali dei film o magari scrivono una sola parola che vi rovineCLONI!
Sì esatto, sono tre cloni distopici destoca. Sono CLONI OK? CLONICLONICLONI! E che palle. Tipo dai, è come THE ISLAND, ma senza le scene d'azione e le tettone di Scarlett Johansson. Al loro posto ci stanno tutta una serie di pianti, e strazi, e lagne, e 2 palle!
Romanek è uno che ha fatto tanti tanti video musicali, per carità alcuni belli e su tutti questo:
Ma poi è passato al cinema prima con One Hour Photo che era un film che doveva essere ricordato perché per la prima volta Robin Williams faceva il pazzo cattivo, invece ce lo ricordiamo tutti perché era una merda e poi con questo film che dovrebbe strapparmi o'core. Qui gioca a fare il romantico ma con svolta geneticomodificata, con quel tipo di fantascienza distopica dove il tempo che vivono i protagonisti del film è in tutto tutto uguale al tempo che viviamo noi nella realtà, solo che nella loro, di realtà, guarda un po', nel 1967 hanno iniziato a fare i cloni e alla fine pure i cloni hanno un cuore! Anche i cloni piangono!
Almeno - tra le lacrime e i bacetti e le fossette e le scucchie - ci risparmia il sorpresone finale. Quindi diciamo che lo spoiler che vi ho fatto vi ha rovinato mezzo film, e ai più scaltri giusto i primi dieci minuti. Tutto il resto - forma e sostanza - è boria.
Poi a proposito di Spoiler no. Su quella bella Arma di Distrazione di Massa che è FB negli ultimi tempi viene accostata la parola "genio" a Caparezza per aver fatto questa canzone:
Ah sì ridere. Percarità Caparezza è un bravo paroliere (ma nessuno ha detto niente della sua partecipazione a Che Bella Giornata? Era geniale lì?) Comunque, la canzone è solo la trasposizione cantata di questa maglietta: Fateve servì!
Quindi ricapitolando: ma che fine ha fatto Fiona Apple? io l'amavo Fiona Apple. Ma era un amore distopico.
Gli americani. Quanto son ameriggani gli americani. Nei film, soprattutto nei film, non fanno altro dalla mattina alla sera che ripeterci che "america" è sinonimo di Libertà, non fanno che raccontarci in ogni singolo fottutissimo film la storiella che DAVID sconfigge sempre sempre sempre GOLIA. E invece, buongiorno america! GOLIA se lo leva di torno come una caccola nel naso a DAVID.
In un mese dedicato ai documentary non poteva mancare il difensore di ogni David Ameriggano, Michael Moore, la Iena XXXL che corre da uno Stato a tutti gli altri 50 a puntare le sue impertinenti e spigolose cineprese sui peccati d'amerigga, e manco so pochi.
In Fahreneith 9/11 (tutto sul tubo) se la prende con Bush e ci lascia attoniti quando ci racconta di come la famiglia Bin Laden fu l'unica a salire su un aereo il 12 Settembre per tornarsene alla chetichella a casa. E certo poi c'è la scena della pecorella felice, che vale da sola.
In SiCKO (anche questo tutto sul tubo - strano no, che i film li tolgono subito e invece i documentari rimangono - la ritengo una cosa interessante, andrò a chiamare un altro elefante) è l'assurda e omicida organizzazione della sanità ameriggana ad essere presa di mira. Fa paura. Paura vera.
Però c'è un però. Percaritàdiddio Viva Moore (ma è il padre di Julianne? no eh..) e ce ne fossero come lui, però ecco, nei documentari di Moore manca qualcosa, manca il "contenzioso", manca l'altra faccia della moneta, manca il peso sull'altro piatto della bilancia. Figurati, quello che fa Moore è raccontare i fatti, e su questo non si discute, ma questi due film in particolare - ad esempio Columbine no - non danno, come piace tanto dire a noi itagliani, "diritto di replica". Mi piacerebbe che Moore mettesse sulla bilancia le cose cattive e ANCHE quelle buone per dimostrare come, inevitabilmente, il piattino delle cattive schizzerebbe in basso facendo un cratere in terra come colpito da un meteorite.
Ma quanto valgono i documentari di Moore? mi viene da chiedere. E più in generale i documentari di "denuncia", quelli della Guzzanti per rimanere qui in Itaglia. Perché poi, quando li rivedi a distanza di anni ti ricordi anche di quel momento, uscito dal cinema, in cui ti sei detto "cazzo, dai, ora anche idioti come gli ameriggani dopo aver visto di che pasta è fatto Bush capiranno e faranno qualcosa, lo prenderanno a calci in culo. E gli americani che hanno fatto? Lo hanno rieletto. Li rivedi dopo anni e ti dici che NULLA cambia MAI. Arriva Obama col suo cavallo bianco (!). E Obama l'ha cambiata la sanità ameriggana? No. Quindi alla fine, al genere umano, gli piace vivere nell'ignoranza? Gli piace che ci siano i potenti così almeno hanno sempre qualcuno da mandare affanculo? Gli piace che la vita faccia schifo... Poi tanto ci fanno i documentari?
Shameless è il remake americano (arrivano i remake anche delle serie TV, stanno popo alla frutta, ma quella secca noci mandorle cose così) di una serie made in UK, che sono sicuro sia anche meglio (non fosse solo per l'accento) ma che non recupererò.
Trattasi di famiglia che più disfunzionale non si può: Padre, ubriacone ed egoista; figlia maggiore, praticamente la mamma di tutti; figlio maggiore, genio e sregolatezza; altro figlio, gay; sorellina, intelligente e timida; figlio piccolo, un bully in erba; neonato, negro (!); la casa, una stambrega di periferia; il lavoro, non c'è. Tutto questo, se il film fosse Precious, porterebbe alle lacrime e allo strappaggio cuore in diretta, invece qui siamo nella nuova commedia seriale americana, quella dove ormai c'è sempre il ragazzino gay (vedi United States of Tara), dove c'è sempre la negra che urla (vedi True Blood), dove - e per fortuna - ci sono sempre tante tette e ultimamente per la felicità delle (co)spettatrici anche culi maschili mostrati a tradimento che uno non fa in tempo e, niente, li ha visti, mannaggia.
La serie è molto pimpante ed effervescente (Dizionario dei sinonimi, lo consulta C&B), nulla di incommensurabile, ma fila liscia, con William H. Macy gigione e una Joan Cusack al top.
Però, a conti fatti, questa serie si inserisce di dirittto nello scaffale "Fantascienza". Perché diciamocela la verità vera: se questa serie finisse di fronte agli occhi di chi DAVVERO ha un padre alcolista, non ha soldi per mangiare e ha anche sette fratelli, un ragazzo che ruba macchine e vive nella periferia più miserrima di una città americana, col cazzo che riderebbe e non starebbe certo lì a dire "che bella la mia vita, nonostante tutto".
Gli americani si ostinano a cercare di convincerci per mezzo filmico che: "comunque vada, chiunque tu sia, qualunque sia la tua situazione econimica, chiunque tu ami, in qualunque modo tu sei fatto"... LA VITA è BELLA e VALE LA PENA DI ESSERE VISSUTA.
Bullshit.
Come quando ci volevano far credere negli anni80 che essere negri in america è bello e magari potevi anche diventare ricco:
Infatti:
Che le famiglie con tantissimi elementi anche se sono povere dai che alla fine dove si mangia in due si mangia anche in dodici: No ma infatti sì:
Che alla fine anche quelli un po' criminali che magari non hanno amici alla fine dai che in America loro hanno il cuore d'oro e possono benissimo integrarsi con la società delle famiglie perfette americane: Succede sempre:
(C&B in modalità Micheal Moore, succede su C&B). La serie, per tornare a lidi meno distruttivi, rimane molto carina, del tutto irreale, ma carina.
C'è la vita dei film, la vita dei documentari e poi, quando meno te l'aspetti, scopri che c'è anche la vita vera. La Vita Vera ha voluto che proprio a me, C&B, venisse la febbre! Non quella dell'oro, meno che mai quella del Sabato Sera, no, la febbre quella Vera. Roba che mi fa innervosire pure la febbre a me, pensa un po'. Comunque non è che la febbre mi abbia in qualche modo fermato, anzi mi ha dato il tempo di vedere dei documentari che erano rimasti indietro. Che con il delirio febbrile fa bene vedere un po' di realtà, Vera o Documentaria che sia...
Trama: Il 1960 itagliano con gli occhi dell'Istituto Luce, rimontato da Salvatores (purtroppo).
Il film è un montaggio di filmati d'archivio, vecchi di cinquant'anni. Che presi da soli hanno un valore immenso. Ma, appunto, bastano a sè stessi, non serve nient'altro che loro puri e crudi, senza voci off, per essere potenti e farci capire come niente, in fondo, cambia mai. Si aggiungono i colori, le macchine sono più veloci, le televisioni più piatte, ma l'Itaglia, quella triste o vitellona, è SEMPRE quella:
(La voce è originale, non Salvatoregna). Salvatores "aggiunge a forza" una voce narrante che racconta la sua storia inventata; un bambino del Sud che parte alla volta della Milano che lavora, e durante il viaggio fa tappa nella Napoli dei vicoli, nella Roma delle Olimpiadi e della Dolce Vita, nella Bologna della politica, nella Rimini dei Vitelloni e arrivato a Milano, finisce nel Monte Bianco (?).
Alla fine del film - con un finale di una pochezza e banalità degna del miglior Tornatore - scopriamo che il bambino non era altri che Gabriele stesso, oppure un "grabriele qualunque", che dopo questa iniezione di "realtà" Itagliana capisce che la sua strada è quella di seguire i sogni, che si riassumono in questa inquadratura.
Ammappelo. Che poi se davvero tutta l'Itaglia, a Salvatores, gli ha insegnato a fare i suoi ultimi orridi film, allora non ha proprio imparato nulla. Oppure tutto? Non indagare oltre, è solo una delle solite operazioni miserrime del Salvatore di che Patria non si sa, non certo la sua. Credo non abbia fatto la felicità di documentaristi di lungo corso, questo film. Da vedere se proprio devi, ma col pulsante MUTE spinto.
Trama: Si cerca di riabilitare la figura del "giocatore di bowling professionista".
Che se ci pensi un minuto, ma, davvero, ma a chi gliene può fregare del giocatore di Bowling professionista? No perché il giocatore di bowling professionista medio è tipo così:
Che insomma, proprio Beckham non è. Poi tipo, pensare che vai alla finale dei campionati del mondo e lo sponsor più importante è ODOR EATER (agevoliamo promo, pure carine, ma ve l'immaginate su cartelloni giganti dietro i campioni?):
E quindi ecco che seguiamo la preparazione di 4 giocatori: c'è lo sbruffone pieno di sè; c'è il tristuomo che non riesce a viverci e ha una "società di karaoke" (che vuol dire andare in giro per tristi locali con un karaoke portatile e mettere su i CD); c'è quello che invece è ricco e fa un po' l'asceta del bowling (!) e c'è quello coi nervi a pezzi emotivo e "tengofamiglia". Questa divisione dei caratteri in realtà funziona, fa il suo lavoro cinematografico, ma, diosanto, è BOWLING! Hai presente? Palla, tiri, o strike o spare (perché coi campioni, o strike o spare, non è che c'hai tanto da...) e sai che tensione! Comunque è tutto online.
Insomma, un documentario che deve proprio proprio interessare oltremodo. Qui avevo fatto una listina bowlingosa, mi ero scordato lei:
Trama: Valentinooooooohhh!
Che spasso questo documentario. Certo, per prima cosa devi accettare il fatto che c'è in giro qualcuno che ha tanti tanti... tantitantitanti... tantitantitantitantitantitantitantitantitanti soldi che tu neanche se inizi a contare e continui a farlo finché non muori riesci ad arrivare a quanti soldi ha; però ecco, se ci riesci ad accettarlo, ti diverti molto. La "checcaggine" impazzita - ma vissuta nel film con una totale messa in gioco e in fondo anche una dose (dosata) di coraggio: poteva, ammettiamolo, essere molto ma molto più accondiscendente nei confronti dello stilista mascherone - è un divertimento continuo (non una presa in giro, sia chiaro), ma inevitabilmente si ride quando due settantenni si punzecchiano sulle rispettive "pancette". Poi certo, la bambagia quella vera fa stare un po' male, livelli di opulenza che, appunto, "imperatore" è la parola giusta.
Il mondo della moda è un mondo che affascina, ma il documentario sulla Wintour mi fece "rosicare" di più. Poi, grazie a questo film, ho capito per quale motivo gran parte degli stilisti sono gay: si dice della loro delicatezza, dell'occhio clinico, del "capire cosa vogliono le donne". Io dico solo che se questa riassume foto cattura una semplice e quotidiana giornata di lavoro:
Sfido qualunque uomo a non impazzire con un lavoro così! E comunque, alla fine, ne esce un ritratto filmico (ok, sicuramente addolcito e ripulito da possibili follie che non siano quelle "simpatiche" della "checca in charge") di un uomo che ha davvero fatto qualcosa di grande col suo nome. E mi sembra che abbia anche un certo coraggio, prendi per esempio la foto che gli ha fatto Martin Schoeller (sai, quello dei primissimissimi piani):
Paura eh? Mummy Thriller...
Trama: METALLO!!!! ma con il pappagallo...
E anche qui, che spasso. Ma se prima si ride e si guarda attoniti il successo di un uomo che ha costruito sul suo sogno un impero, qui si assiste alla disfatta totale di un successo annunciato gridando a tutti attraverso un megafono... ma con l'interruttore su OFF.
Gli ANVIL sono questi:
...o meglio lo erano 30 anni fa. Ora sono cinquantenni sotterrati dalla neve canadese, dai debiti e dai sogni che si sono infranti. Ed è incredibile, se ci pensi, che proprio i sogni, che di per sè non hanno colore, non hanno sostanza, non hanno odore, peso specifico, grandezza, sono insomma "sogni", roba che vola in testa come fanno le idee di Inception, quando poi si infrangono, fanno il rumore più forte del mondo, distruggono tutto. E la cosa più incredibile, è che quel rumore noi non lo sentiamo e crediamo che il sogno sia ancora lì pronto per essere realizzato. I sogni degli ANVIL erano quelli di ogni gruppo (metal o no): il successo. Il documentario ci racconta degli ANVIL oggi, con la panzetta ma ancora i capelloni, e ancora la voglia di "sfondare" e dei loro mille tentativi, dei concerti con 176 persone in un palazzetto con la capienza per 5.000, dei CD autoprodotti e spediti a tutti, degli incontri con quelli delle etichette discografiche (e se volete al posto di "etichette discografiche" potete mettere "case editrici", "agenti sportivi", "ufficio prestiti") dove l'amore proprio viene lasciato fuori dalla porta. E le risate amare che percorrono tutto il film sono risate vere e amare forti. I sogni degli ANVIL sono gli stessi nostri sogni, noi magari non urliamo "METAL ON METAAAAL", ma è uguale, ugualissimo.
Il migliore documentario di questo poker, di certo, un Film. Chissà se God of Metal ha esaudito i sogni di lui:
Trama: Barton Fink viene massacrato a Trivial Pursuit da un nazista.
Che mi ero scordato di metterci questo, come bel momento di televisione cinematografica. Non cinema dentro la TV, proprio la TV dentro al cinema. Ci penso spesso, pensa se vivevo nel mondo dei film, alla TV davano i programmi che uno vede nei film? Tutto chiaro no? Certo, nei miei elenchi degni proprio di quelli mezzi autistici che però intanto vincono i milioni ai Quiz sapendo tutta la Divina Commedia a memoria, mi sono scordato il più grande giocatore di quiz della Tv, non del cinema in TV, della TV in TV (!):
Ma a proposito di Re dei Quiz, no? Ma, Mike? T'accasci Mike. Ma tutti a dire che è stato rubato, ma poi da chi? Da Fiorello e il Talpone? Io mi immagino questa scena: 2011. Milano Due. Un villino signorile con due antenne paraboliche sul tetto. Sono le 20.30, e noi scendiamo nella cantina della Signora Maura Livoli. Tutto è perfetto, ogni vaso ha il suo sottovaso, sui table habillé campeggiano rotondi merletti di Burano comprati durante il viaggio di nozze. Dall'ultima stanza arriva il suono sordo di un jingle ben studiato. Tititittìì titììtititì. Una luce elettrica, la luce di una televisione accesa. Il tempo di lasciar finire il TG e poi subito tutti su Canale5, che inizia TELEMIKE! La piccola Robertina (che ora ha 42 ed è stranamente impedita nei movimenti da dei cavi televisivi che le circondano braccia e gambe e la immobilizzano su un seggiolino arancione) racconta la barzelletta dell'oca che vive "QUA", con le lacrime agli occhi e il collo che pulsa. Al centro della stanza una cabina da Quiz, ricavata alla bene e meglio da una vecchia cabina SIP trafugata chissà dove. Le scritte della beneamata compagnia telefonica sono state pitturate e in alto sul cabinato, su un cartone scritto a pennarellone nero, campeggia la scritta "CAMPIONESSA". Poco più a destra, MIKE BONGIORNO, immobile, braccio alzato (tramite una complicata trama di carrucole e funi), occhiali tenuti come una bandierina tricolore, bloccati da pollice e indice dal rigor mortis. La pettinatura, perfetta, come al solito. Il tanfo è insopportabile. Un registratore attaccato alla schiena del mefitico presentatore parte in perfetta sincronia con un vecchio videoproiettore. La CAMPIONESSA entra nella cabina e va in scena, di nuovo e di nuovo, questa scena:
Solo il finale cambia, vi lascio immaginare come. E così. Ad ogni. Prima serata. Sarebbe da film eh? Dai comunque è chiaro che Mike è risolto e sta in giro per la pianura padana a mozzicare gente, dai è chiaro: MIKE OF THE DEAD. Vi metto una cosa che ha fatto un mio amico di FB che mi ha fatto morire, avrei voluta farla io:
F.L.I.N.C. Comunicato #3Ma torniamo a noi. Il Film è bello assai assai, regia di Redford e attori, come si dice quando non si trovano sinonimi ricercati di "bravi", "in stato di grazia". Molto anni90, ma molto bello. Certo che Ralph Fiennes, che carriera buttata nel cesso... sarà che forse anche lui, con quei capelli ci ha giocato troppo?
Fioccano rubriche come la gramigna su C&B. Da oggi e chissà per quanti weekend ecco che C&B vi mette (rubandolo da altri!) un corto bello da vedere (che non è un modello nano, ma un film di breve durata) il sabato e una roba bella da vedere la domenica (ollincontrario). Viene da sè che l'animazione la farà da padrona. Mo non venitemi a dire che preferivate i trailer che a me i trailer proprio non me ne po' fregà de meno. Ecco quello di questa domenica:
Ma siccome che questa cosa mi è venuta in mente oggi metto pure quello di ieri:
Per consigliare corti e roba bella da vedere scrivetemi.
Trama: Brava. No, dico, brava che dopo che tua sorella gemella cieca è morta suicida spinta a farlo da qualcuno, tu, che nel mentre hai la stessa malattia degenerativa agli occhi e stai diventando cieca pure tu, decidi che la decisione più decisa è quella di andare a vivere proprio nella stessa casa. Brava.
Quando c'è forte premura a farci sapere che "questo è il nuovo film "presentato" da Guillermo Del Toro", non è mai una buona cosa. Lo dico sempre, sono convinto già da molte lune dell'inutilità delle frasi sui libri e sulle locandine che dicono "Il mio erede - Stephen King", "Un videogioco che mi ha terrorizzato - Dario Argento". Insomma non sono sicuri di quello che hanno fatto e si nascondono dietro il dito di un nome tutelare. Non fa eccezione questi Occhi di Julia, che per cast e "atmosfere" dovrebbe essere una sorta di seguito di quel El Orphanato che un paio di anni fa non ci dispiacque (!) affatto. Invece questo ci dispiacque. Perché è un thriller a cui si può appioppare il più infamante degli aggettivi: inutile. Inutile la storia, inutile la messa in scena ricercata, inutile una lunga sequenza che dovrebbe essere il cuore del film (una sequenza che sarebbe potuta essere "piano" invece è solo sprecata). Anche i Mommy Thriller più brutti non sono così inutili. In più, come se avessi bisogno di qualcosa che avvalori le mie tesi sparate di solito a caso qui su questo blog sito ecco un'altra casa arredata da quello fissato con le foto: e che finisce di nuovo con il buio e i flash paurosi. Che inutilità.
L'unica utilità è farci capire cosa significa M.I.L.F. (rifatta) in Spagna> Vuole il caso che ella sia la Elena Sofia Ricci spagnola, sì esatto è una Cesarona. Vedi in Spagna come sono moderni in fatto di M.I.L.F. in TV. Perché cercando lei si trova ciò?
Forse il destino mascherato da Google cerca di dirmi qualcosa.
"Zampaglione è il miglior regista di horror itagliani da salvare che conosca - Zampaglione"
Trama: Brava. No, dico, brava a prendere l'autostoppista e a fermarti nella di lui madre locanda. Ti credo che poi finisci in pasto, non ho detto finisci il pasto, ho detto proprio finisci IN pasto. Brava.
Francese, e già ce lo fa essere simpatico, La Meute è un film estremamente sincero. Come gli horror piacevoli devono essere. Poche spiegazioni, scene crude, una protagonista niente male> Ah no scusate, ho sbagliato (o bella o brava, mica si può avere tutto!):
(Cattiverie gratuite per cui verrà punito, le dice C&B). Un sano film di "lei che finisce nelle grinfie di una famiglia di matti cannibali", che ah che bello finalmente! Era almeno un mese che non vedevo un film di "lei che finisce nelle grinfie di una famiglia di matti cannibali". E fino a qui, tutto bene. Il film però, ad un certo punto, sterza verso un genere mostrozombesco che risulta un po' "incongruente" per quanto visto fino a quel momento. Nulla di orrendo o davvero ridicolo (anche perché nel film è pesantemente spinto il tasto "grotesque" della situazione) ma che lo allontana un po' da quel bel "neorealismo cannibale" che ci piace tanto. Insomma a noi ci piace questo:
Un po' meno questo (anche se è fatto bene il make-up):
Che poi alla fine sì, ci è piaciuto eh, ma con riserve. Un'altra cosa che ci è piaciuta è stata scoprire che TANXXX (fumettosa franciosa che deve molto a Hewlett ma che è anche fica di suo) ha fatto un'affiche alternativa del film, schizzi preparatori e storyboard, becca:
A stemperare l'elemento "ti uccido male" ritorna La Sai l'Ultima, C&B?, la rubrica che ha diviso a metà (!) i lettori di C&B:In un manicomio, ci sono un masochista, un sodomita un sadico, un assassino, un necrofilo e un piromane e sono annoiati. Il sodomita dice: "E se ci facessimo il gatto?". Il sadico risponde: " Sì, violentiamo e torturiamo il gatto." L'assassino aggiunge: "Figo! Violentiamo, torturiamo ed uccidiamo il gatto." Poi il necrofilo dice: "Oh, sì, violentiamo, torturiamo e uccidiamo il gatto e poi lo violentiamo di nuovo." E il piromane dice: "Figo! Violentiamo, torturiamo e uccidiamo il gatto, poi lo violentiamo di nuovo e lo bruciamo." Silenzio. Tutti guardano il masochista e gli chiedono: "Ehi e tu? Non dici niente?" E il masochista risponde: "Miao".
Ad ogni modo, vedevatelo, almeno quando qualcuno tra un annetto arriverà con un film di "lei che finisce nelle grinfie di una famiglia di matti cannibali ma che poi sterza verso il mostrozombesco", per salvare il cinema horror itagliano voi potrete dirgli "Eh no, [inserisci qui nome regista itagliano - vedi soluzione capovolta], questo l'hanno già fatto in Francia un anno fa!".
Trama: Brava. No, dico, brava. Vai con tuo papà a sistemare una casa nel bel mezzo del nulla e ti stupisci pure se poi finisce che ne esci ricoperta di sangue dalla testa ai piedi? Brava.
Uruguaiano, e già ce lo fa essere simpatico, questo piccolo horror ha carattere. Il dato distintivo è la scelta di fare del film un lunghissimo piano sequenza. Ora, da Nodo alla Gola in poi, nessuno si stupisce davvero di un film fatto tutto di un unico piano sequenza, ma comunque fa piacere vedere l'impegno, la ricercatezza di soluzioni, la curiosità di sapere "come hanno fatto a passare dentro la macchina" o "come hanno fatto a far apparire lei prima qui e poi lì"? I raccordi tra una scena e l'altra si fanno notare (sono le parti dove la cinepresa va velocissima - dove Hitch usava invece le inquadrature "nere").
Purtroppo, oltre alla ricercatezza stilistica che fa da contraltare ad una certa povertà (necessaria e aggirata intelligentemente) tecnica, c'è il vero dato negativo: una storia che regge la tensione benissimo per un'ora (e non è poco!) ma che si sbrindella nel finale (o almeno così è parso a me che con gli horror mi ci sfamo i languorini, sono spuntini per me, gli horror, per dire che ne "mangio" a volontà), sì insomma il finale col "nero e i flash paurosi" l'ho visto troppe troppe volte.
Certo è che, se non si grida propriamente al miracolo, fa un certo piacere starsene lì con la tensione alta, anche solo per quell'ora.
Anche in questa casa, come in mille altre, ci si stupisce di trovare la "solita" parete con tutte le foto appiciccate?
Ma veramente ne ho viste talmente tante di stanze tappezzate di foto che ormai credo sia più una roba da interior design che altro. Chi non ce l'ha una stanza tappezzata di foto? Io ce l'ho. Indovinate di chi?
Vedevatelo. Una brutta notizia: il remake americano è già pronto. E ho il netto sospetto che qualcuno in Itaglia se ne uscirà con un horror "tutto in un unico piano sequenza per salvare l'horror itagliano". Non dico il nome sennò come al solito la clack si scatena sui commenti.
Trama: Mi ha detto mia cugina che una volta aveva intrapreso con il suo ragazzo un viaggio nella highway australiana dove non si incontra mai nessuno e ad un certo punto si sono fermati in un motel e c'era il tizio delle chiavi strano che faceva subito l'apprezzamento su mia cugina e anche sul fatto che aveva due meloni così e gli aveva fatto pagare il sovrapprezzo perché lei era incinta e nonostante queste cose strane e sospettose avevano ugualmente preso la camera stamberga e a un certo punto il suo ragazzo era andato via nonostante il tipo strano delle chiavi e lei era scomparsa e poi si era risvagliata in una vasca con una cicatrice sulla panza e non aveva più il bambino e sullo specchio ci era scritto: BENVENUTA NELL'ICE!
Questo è quel tipo di film dove c'è una incinta di tanti mesi che si ritrova in una vasca spanzata, con il bambino tirato fuori a forza.
In film come questi la tipa scopre di essere in una sorta di fabbrica abbandonata e incontra altre 5 tizie che hanno subìto il suo stesso trattamento (le Sore Cesarie), tutte molte preoccupate soprattutto per dove cavolo sono i bambini? Andiamoli a cercare.
Sono film questi in cui le tipe trovano finalmente i bambini chiusi in una sorta di nursery silenthilliana fatta di gabbie. Ok? Li hanno trovati! Diamine sono lì! Come minimo non ti ci stacchi più, soprattutto sapendo che qualcuno te li ha asportati e messi in gabbia, come minimo ti fai ammazzare prima di abbandonare quella stanza, no? E invece, essendo in quel tipo di film di cui sopra, che fanno? Loro se ne vanno, che ce voi fa, so' ragazze, ragazze madri.
Il problema è anche un altro, chi è il figlio di chi? (All'inizio del film - per giustificare un minimo quest'infima puttanata - ci viene detto che si svolge nel '79, sei anni prima dell'invenzione del test del DNA). Cosa hanno fatto i furbetti organizzatori di questa specie di Allegro Chirurgo matriarcale? Hanno messo, nella panza di ognuna di loro, un tassellino colorato che serve a riconoscere il proprio figlio (anche lui marcato col colore). Iniziano ad uccidersi a vicenda.
Ora, io capisco che devi fare l'horror, ma così esageri e dopo venti minuti di film, al turning point "assassino tra madri", proprio hai fatto la peggior cazzata che potevi fare! Ma io dico santiddio: INTANTO LI PRENDI TUTTI, i ciccibelli, e poi, con tutta la calma chirurgica del 1979, ti fai asportare i tassellini e il gioco è fatto, no che a un certo punto una si tira fuori pure i tickeck da sola! Pronto? E poi scusa, ammazzi le altre madri perché cosi le spanzi e vedendo i vari colori capisci, per esclusione, qual'è il tuo...brava..e poi? Gii altri bambolotti li lasci all'organizzazione pazza? C'hai il senso materno di Mammina Cara! Insomma, va bene la figura della donna un po' cogliona nei film horror, ma così si esagera!
E il ragazzo di mia cugina che non l'aveva più trovata e che fa di tutto per trovarla ivi compreso rubare una macchina della polizia? Niente, muore, tanto a ricordarci che gli uomini come al solito non servono a un cazzo, fanno i loro porci comodi, poi si alzano e se ne vanno a morì ammazzati.
Trama: Il 7 agosto 1974 Philippe Petit - funambolo francese - si è svegliato e ha fatto questa passeggiata di salute:
La storia di un mattoide artista che decide di tendere un filo tra le Twin Towers e camminarci sopra ha di per sè una tale potenza narrativa che bastava da sola per tirarci fuori un grande documentario. Ma questo documentario è ancora più grande perché è stato fatto nel 2008, anno in cui - se i miei calcoli sono giusti - delle Twin Towers era difficile anche solo ricordare la forma.
Quindi ecco che un documentario su una mattinata assurda vissuta dai newyorkesi, tutti intenti a guardare in alto con le dita puntate verso le Torri assume un valore completamente nuovo. Quelle dita e quegli sguardi attoniti erano tutti per l'uomo sul filo, con la paura che da un momento all'altro venisse giù, e non per seguire quelli che, decenni dopo, sarebbero effettivamente venuti giù. Il regista lo sa che per l'intera durata del film lo spettatore penserà incessantemente alle Torri, penserà agli aerei, penserà ai morti e a Bin Laden (o chi per lui) e fa la scelta più giusta: NON nominare neanche una volta la tragedia. Ed ecco che basta da sola l'immagine dei due grattacieli per portare a galla la tragicità delle immagini del 9/11 e successivo inevitabile "apriti cielo" sentimental-penoso.
Ma il valore aggiunto del film è per certi versi la sua natura da "crime movie". Tutta la preparazione del "colpo" è la vera forza del film: era certamente una cosa illegale tendere un cavo tra le Torri e camminarci sopra, quindi Petit &Co. dovettero agire come veri e propri "criminali" con tanto di sopralluoghi, documenti falsi, bugie e visione di film di rapine per darsi coraggio. E quindi, logicamente, il pensiero corre - di nuovo e ancora e ancora - al 2001, quando gli stessi sopralluoghi, gli stessi sotterfugi erano vissuti da altri e con ben altra finalità. E quindi da una parte assistiamo alla realizzazione di un sogno di un guitto, di un performer, di un criminale "a fin di arte" e per tutto il tempo, dall'altra, pensiamo ai terroristi e a quelle Torri che non ci sono più.
L'Oscar come miglior Documentario (2008) fu di certo dettato dal bisogno americano di omaggiare qualsiasi opera che ricordi le Torri, mavvabbene anche così. L'unica vera pecca del film è quella di non avere in "archivio" le riprese della notte passata da Petit &co. rima del "colpo"; il regista ricorre ad una ricostruzione, che svilisce un po' l'effetto documentario. Ma certo, bastano le foto e le parole dei poliziotti che dovettero assistere a tutti e 45 i minuti della performance di Petit sul filo. Pensavano di aver visto la cosa più incredibile che poteva succede a quei grattacieli. Si sbagliavano.
Mi viene in mente quel pezzo di cinema che Inarritu fece per il film 9/11. Vedere (non è tutto nero):
Amici ridanciani! Da oggi, con il beneplacito di Gino Bramieri, si apre una nuova rubrica - che andrà ad inserirsi all'altra miriade di rubriche più o meno regolari di ChickenBroccoli. Si chiama, per l'appunto: LA SAI L'ULTIMA, C&B? Che verrà annunciata all'interno dei film con questo comicissimo logo burattinaio! E che si spiega in parole poverissime. Anzi, si spiega con un video che faccio prima:
Esatto, si tratta, molto broccolescamente, di mettere le barzellette che si ascoltano nei film. Attenzione, non gli aneddoti, le leggende o le battute che fanno ridere (le freddure) (altrimenti se vedi, chessò, un Allen, fai prima a mettere tutta la sceneggiatura). No, si tratta proprio di mettere le "barzellette", insomma la rubrica più amata da Totti. Perché le barzellette servono tantissimo nei film, per distendere la tensione di un horror (gli assassini sono dei bravissimi raccontatori di barzellette), o per distrarre qualcuno, o, come in questo primo episodio (che serve per presentazione, poi via via saranno messe all'interno delle recensioni, a rompere il "ghiaccio"
Iniziamo con una barzelletta veloce feroce che Michelle Williams racconta a Ryan Goslin in Blue Valentine:
Un pedofilo e un bambino entrano in bosco buio tenendosi per mano. Il bambino fa al pedofilo: «Signore. Signore. Io ho paura di entrare in quel bosco buio». E il pedofilo: «Sapessi io che devo uscirci da solo».
Ti credo poi che la storia d'amore del film andava a finire male, era iniziata così.
Oppure, come fa Ascanio Celestini ne La Pecora Nera, per dimostrarci che i pazzi sono più pazzi ancora nelle barzellette, in questa evergreen che già non mi faceva più ridere in terza elementare: «Ci sono tre pazzi che scappano dal manicomio. Solo che per uscire devono scavalcare 100 cancelli. Così, uno dopo l'altro, iniziano a scavalcare i cancelli. Uno, due, tre, dieci, venti, quaranta, sessanta, ottanta cancelli. Continuano a scavalcare tutti i cancelli. Novanta cancelli. Novantacinque cancelli. Novantasei cancelli. Novantasette cancelli. Novantotto cancelli. Arrivati al novantanovesimo cancello, uno dei pazzi fa: «Ragazzi, sono troppo stanco... torniamo indietro!». Adesso non inizio a fare un post lunghissimo con tutte le barzellette pregresse, verranno messe solo quelle dei film viavia recensiti.