C'è la vita dei film, la vita dei documentari e poi, quando meno te l'aspetti, scopri che c'è anche la vita vera. La Vita Vera ha voluto che proprio a me, C&B, venisse la febbre! Non quella dell'oro, meno che mai quella del Sabato Sera, no, la febbre quella Vera. Roba che mi fa innervosire pure la febbre a me, pensa un po'. Comunque non è che la febbre mi abbia in qualche modo fermato, anzi mi ha dato il tempo di vedere dei documentari che erano rimasti indietro. Che con il delirio febbrile fa bene vedere un po' di realtà, Vera o Documentaria che sia...
Trama: Il 1960 itagliano con gli occhi dell'Istituto Luce, rimontato da Salvatores (purtroppo).
Il film è un montaggio di filmati d'archivio, vecchi di cinquant'anni. Che presi da soli hanno un valore immenso. Ma, appunto, bastano a sè stessi, non serve nient'altro che loro puri e crudi, senza voci off, per essere potenti e farci capire come niente, in fondo, cambia mai. Si aggiungono i colori, le macchine sono più veloci, le televisioni più piatte, ma l'Itaglia, quella triste o vitellona, è SEMPRE quella:
(La voce è originale, non Salvatoregna). Salvatores "aggiunge a forza" una voce narrante che racconta la sua storia inventata; un bambino del Sud che parte alla volta della Milano che lavora, e durante il viaggio fa tappa nella Napoli dei vicoli, nella Roma delle Olimpiadi e della Dolce Vita, nella Bologna della politica, nella Rimini dei Vitelloni e arrivato a Milano, finisce nel Monte Bianco (?).
Alla fine del film - con un finale di una pochezza e banalità degna del miglior Tornatore - scopriamo che il bambino non era altri che Gabriele stesso, oppure un "grabriele qualunque", che dopo questa iniezione di "realtà" Itagliana capisce che la sua strada è quella di seguire i sogni, che si riassumono in questa inquadratura.
Ammappelo. Che poi se davvero tutta l'Itaglia, a Salvatores, gli ha insegnato a fare i suoi ultimi orridi film, allora non ha proprio imparato nulla. Oppure tutto? Non indagare oltre, è solo una delle solite operazioni miserrime del Salvatore di che Patria non si sa, non certo la sua. Credo non abbia fatto la felicità di documentaristi di lungo corso, questo film. Da vedere se proprio devi, ma col pulsante MUTE spinto.
Trama: Si cerca di riabilitare la figura del "giocatore di bowling professionista".
Che se ci pensi un minuto, ma, davvero, ma a chi gliene può fregare del giocatore di Bowling professionista? No perché il giocatore di bowling professionista medio è tipo così:
Che insomma, proprio Beckham non è. Poi tipo, pensare che vai alla finale dei campionati del mondo e lo sponsor più importante è ODOR EATER (agevoliamo promo, pure carine, ma ve l'immaginate su cartelloni giganti dietro i campioni?):
E quindi ecco che seguiamo la preparazione di 4 giocatori: c'è lo sbruffone pieno di sè; c'è il tristuomo che non riesce a viverci e ha una "società di karaoke" (che vuol dire andare in giro per tristi locali con un karaoke portatile e mettere su i CD); c'è quello che invece è ricco e fa un po' l'asceta del bowling (!) e c'è quello coi nervi a pezzi emotivo e "tengofamiglia". Questa divisione dei caratteri in realtà funziona, fa il suo lavoro cinematografico, ma, diosanto, è BOWLING! Hai presente? Palla, tiri, o strike o spare (perché coi campioni, o strike o spare, non è che c'hai tanto da...) e sai che tensione! Comunque è tutto online.
Insomma, un documentario che deve proprio proprio interessare oltremodo. Qui avevo fatto una listina bowlingosa, mi ero scordato lei:
Trama: Valentinooooooohhh!
Che spasso questo documentario. Certo, per prima cosa devi accettare il fatto che c'è in giro qualcuno che ha tanti tanti... tantitantitanti... tantitantitantitantitantitantitantitantitanti soldi che tu neanche se inizi a contare e continui a farlo finché non muori riesci ad arrivare a quanti soldi ha; però ecco, se ci riesci ad accettarlo, ti diverti molto. La "checcaggine" impazzita - ma vissuta nel film con una totale messa in gioco e in fondo anche una dose (dosata) di coraggio: poteva, ammettiamolo, essere molto ma molto più accondiscendente nei confronti dello stilista mascherone - è un divertimento continuo (non una presa in giro, sia chiaro), ma inevitabilmente si ride quando due settantenni si punzecchiano sulle rispettive "pancette". Poi certo, la bambagia quella vera fa stare un po' male, livelli di opulenza che, appunto, "imperatore" è la parola giusta.
Il mondo della moda è un mondo che affascina, ma il documentario sulla Wintour mi fece "rosicare" di più. Poi, grazie a questo film, ho capito per quale motivo gran parte degli stilisti sono gay: si dice della loro delicatezza, dell'occhio clinico, del "capire cosa vogliono le donne". Io dico solo che se questa riassume foto cattura una semplice e quotidiana giornata di lavoro:
Sfido qualunque uomo a non impazzire con un lavoro così! E comunque, alla fine, ne esce un ritratto filmico (ok, sicuramente addolcito e ripulito da possibili follie che non siano quelle "simpatiche" della "checca in charge") di un uomo che ha davvero fatto qualcosa di grande col suo nome. E mi sembra che abbia anche un certo coraggio, prendi per esempio la foto che gli ha fatto Martin Schoeller (sai, quello dei primissimissimi piani):
Paura eh? Mummy Thriller...
Trama: METALLO!!!! ma con il pappagallo...
E anche qui, che spasso. Ma se prima si ride e si guarda attoniti il successo di un uomo che ha costruito sul suo sogno un impero, qui si assiste alla disfatta totale di un successo annunciato gridando a tutti attraverso un megafono... ma con l'interruttore su OFF.
Gli ANVIL sono questi:
...o meglio lo erano 30 anni fa. Ora sono cinquantenni sotterrati dalla neve canadese, dai debiti e dai sogni che si sono infranti. Ed è incredibile, se ci pensi, che proprio i sogni, che di per sè non hanno colore, non hanno sostanza, non hanno odore, peso specifico, grandezza, sono insomma "sogni", roba che vola in testa come fanno le idee di Inception, quando poi si infrangono, fanno il rumore più forte del mondo, distruggono tutto. E la cosa più incredibile, è che quel rumore noi non lo sentiamo e crediamo che il sogno sia ancora lì pronto per essere realizzato. I sogni degli ANVIL erano quelli di ogni gruppo (metal o no): il successo. Il documentario ci racconta degli ANVIL oggi, con la panzetta ma ancora i capelloni, e ancora la voglia di "sfondare" e dei loro mille tentativi, dei concerti con 176 persone in un palazzetto con la capienza per 5.000, dei CD autoprodotti e spediti a tutti, degli incontri con quelli delle etichette discografiche (e se volete al posto di "etichette discografiche" potete mettere "case editrici", "agenti sportivi", "ufficio prestiti") dove l'amore proprio viene lasciato fuori dalla porta. E le risate amare che percorrono tutto il film sono risate vere e amare forti. I sogni degli ANVIL sono gli stessi nostri sogni, noi magari non urliamo "METAL ON METAAAAL", ma è uguale, ugualissimo.
Il migliore documentario di questo poker, di certo, un Film.
Chissà se God of Metal ha esaudito i sogni di lui:
Chissà se God of Metal ha esaudito i sogni di lui:
Fra Metallo è il personaggio più innovativo della scena musicale italiana degli ultimi 30 anni...provami il contrario!
RispondiEliminano no! lui è vero GOD OF METAL
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