The Sessions
Trama: Session 69
ATTENZIONE. Questa recensione contiene molta ironia inutile, scontata e fuori luogo su gente che vive in polmoni di ferro. I deboli di cuore e la lobby dei polmoni di ferro sono avvertite.
Il protagonista del film è lui, Mark O'Brien:
Che, come spesso accade nei biopic, viene interpretato da uno più magro di lui:
L'attore, che abbiamo apprezzato nel ruolo di "quello lì magro brutto" in tanti film, ma poi ci siamo accorti che aveva un nome quando ha massacrato di botte giovani bionde e violentato giovani more (vedi il contrappasso cinematografico, fai il cattivo e poi ti tocca un'interpretazione del genere), si chiama John Hawking.
Dunque lui, in quanto uomo, vuole scopare. Ma c'è questo problemino non tanto trascurabile di essere in un polmone di ferro; che uno potrebbe pure immaginare una chat: «Sexy, sei in una specie di armatura metallica, sei come Iron Man». «Non proprio baby, ma ho questo affare con cui posso fare cose che non immagini:
Ora. Approcciarsi ad un film così, la cui materia è delicata come un protone di antimateria instabile che se scosso fa implodere l'universo, non è facile mai. Le strade sono due: o lo scrivi alla perfezione, e intendo proprio alla perfezione (vedi Il mio piede sinistro) o fallisci nel tentativo (sì c'è anche la terza via, la via Farrelly, ancorché quella di McFarlane, ma lascimoli dove stanno. loro).
The session non è del tutto sbagliato, ma è sbagliato un bel po'.
La storia è appunto Mark che vuole scopare. Ovviamente già è difficile rimorchiare in generale, poi dovendo stare 20 ore su 24 in un tubo di ferro creerebbe qualche difficoltà a chiunque, insomma, non ti puoi lamentare se sei un po' arrugginito (!).
Mark però non si dà per vinto e usa una tecnica affinata da anni e anni di precursori famosi, da Casanova al Merolone: ci prova con tutte. Oddio, nulla di tanto diverso da qualsiasi uomo meritevole di questo epiteto ("uomo"), ma lui lo fa con un certo romanticismo, dovendo sublimare il lato sessuale passa subito al "ti amo", e tutte le donne scappano, ovviamente.
E chi chiaverai? Chi se non una terapista sessuale... cioè sì insomma... una mignotta... ma new age, una che la prende talmente tanto a cuore che non va in giro in tacchi alti e trucco pesante ma con gonnellone fiorite e Birkenstock, un approccio spirituale, sensuale (nel senso di sensi) al sesso, insomma 'na frikkettona.
Dicevamo, la materia c'è, mettici anche che il buon Mark è un fervido credente (posso fornicare con una prostituta dal cuore buono senza procreare? Dimmelo tu, prete interpretato da William H. Macy che da quando hai i capelli lunghi sembri un troll roscio con la criniera ben pettinata), mettici che la terapista dopo una sessione già sta col cuore in panne, mettici che Mark è uno di quelli che autoironizza sulla sua condizione, mettici tutte queste cose e otterrai un ottimo film, ma non è questo.
No, perché invece The session si perde nel maggiore degli inciampi: scrivere male i suoi due (praticamente unici) protagonisti.
Lui è sì autoironico, ma non abbastanza sprezzante. Allontana il pietismo con qualche battuta, ma non raggiunge mai il contraltare potente di disperazione che la sua condizione orizzontale porta con sè. Poeta, ma non semplicemente profondo come si addice ad un poeta vero. Disperato, ma non onestamente disilluso come si presuppone debba essere.
Lei è in profondo contatto con la parte altruista del suo animo candido, dona il suo corpo più per una profonda necessità di "dare" che di ricevere (soldi), ma questo lato da "missionaria del piacere" si spappola in due pianterelli e in una visione assurda di un innamoramento che arriva nel giro di un'eiaculazione precoce e un cunnilingus soffocante.
Insomma, un film troppo blando per i suoi presupposti.
Interpretazione maschile decente (anche se rimango dell'idea che sarà sempre più semplice fare lo storpio che il normale), mentre quella femminile davvero inspiegabile: scialba e superficiale, premiata poi da una candidatura all'oscar ancora più inspiegabile.Sulla locandina si legge "La sua interpretazione più coraggiosa", forse mostrare la fica ben pettinata a 50 anni ormai assicura una candidatura? Julianne, precursora precorritrice come sempre. Credo lui nella candidatura ci sperasse mille volte più di lei, ma non essendo gli Anni 90 e non essendo lui Daniel Day Lùi... niente di fatto.
Difficile è la strada di chi sceglie una storia pietosa, la sgrassa dal pietismo, ma così facendo la svuota di gusto.
PS. Sì lo so che a voi di storpi che scopano non ve ne frega nulla. Che quei tre che vengono qui a leggere disperati le broccole recensioni vogliono leggere le mie sparate (disparate, quindi) sul Grande Gatsby, sulla Grande Bellezza, sulla Grande Dolce Vita e sul Grande Sguardling in motocicletta, ma oh, provate voi a scrivere le recensioni serie con quell'affare in bocca, sai quanto ci vuole!?
PS2. Per chi ha trovato noiosa e facilona tutta la ridarella da Bagaglino qui messa nera su bianco, può approfondire con l'articolo scritto di suo pungo (!) da Mark che ha ispirato il film, qui.
PS3. Un bell'illustraposter
Davvero carino questo film.
RispondiEliminaHelen Hunt è il più grande misunderstanding di Hollywood. Quali santi in paradiso ha?
RispondiEliminaIl mio ex la chiamava SECCHIO DI VERMI.
Quanta ragione aveva.
Non ho visto il film ma mi ha fatto morire la tua recensione! Concludo solo dicendo.. Never go full retard, Robert Downey Junior docet :-)
RispondiEliminaCiao!
Barb: ma a me non è piaciuto... forse troppo "carino"...
RispondiEliminaAla: Secchio di Vermi è il mio nuovo mantra per chiunque.
Elisa: Simple Jack, aiutaci tu...
Helen Hunt è la versione femminile di John Cusack, lui fa film per pagarsi la bottiglia, lei per il botox.
RispondiEliminaaspetta ma la versione femminile di John Cusack non era Joan Cusack?
RispondiEliminaE la versione maschile di Helen Hunt è Ethan Hunt? ok non fa ridere, ma non mi è venuto nient'altro in mente.
RispondiElimina