Il grande Gatsby
Trama: Gatsby, sei un grande...
Ho visto il nuovo attesissimo film di Luhrmann il giorno dell'uscita, ormai tre settimane fa, e ho aspettato fino ad oggi per scriverne, perché c'era bisogno di ordinare, e bene, molti pensieri, voli pindarici, ragionamenti, vestiti sgargianti, collegamenti, spunti, ma c'era, soprattutto, la necessità di dare una forma precisa alla delusione. A volte, in passato, ho scritto recensioni nell'immediata successione visione-recensione-titoli di coda. Non vorrei ripetere alcuni errori del passato.
Come quello di credere che le frasi dei film, solo perché escono dalla bocca di un attore piacente e compiacente, siano tutte vere sempre.
Come quello di credere che le frasi dei film, solo perché escono dalla bocca di un attore piacente e compiacente, siano tutte vere sempre.
[Nun se po ripete er passato?]
[Se po se po]
L'attesa (chiamalo hype, se sei giovane, noi grandi parliamo con un lessico antico) che un titolo come questo ha scatenato sin dal primo rumor (sono ringiovanito) era... grande. Era grande come tutti i nomi coinvolti, grande come il testo originale, grande come le possibilità. Tutto era grande.
Baz Luhrmann e il suo stile carico di eccessi, di nuovo con Leonardo a 15 anni di distanza da quel Romeo + Juliet che grande bene fece a entrambi, poi gli effetti speciali e i lustrini, le feste, e la colonna sonora ipercontemporanea ad opera di ricchissimi rapper coi labbroni. C'era di che trepidare, c'era di che voler andare a quella festa per il cinema che poteva essere. Ma, come sempre, grandi aspettative generano grandi delusione (parafrasando una frase tanto cara a Tobey, to bey or not to bey).
Baz Luhrmann e il suo stile carico di eccessi, di nuovo con Leonardo a 15 anni di distanza da quel Romeo + Juliet che grande bene fece a entrambi, poi gli effetti speciali e i lustrini, le feste, e la colonna sonora ipercontemporanea ad opera di ricchissimi rapper coi labbroni. C'era di che trepidare, c'era di che voler andare a quella festa per il cinema che poteva essere. Ma, come sempre, grandi aspettative generano grandi delusione (parafrasando una frase tanto cara a Tobey, to bey or not to bey).
Il grande Gatsby è un coitus interruptus (il passato ritorna): e non c'è davvero altro esempio, benché possa sembrarvi esagitato e adolescenziale, che mi viene in mente.
Gatsby è padrone dell'eccesso controllato, regista maniacale del divertimento (prorio come Baz), sempre quello altrui ovvio (noi spettatori per Baz), stratega impossibile di una vita che non è mai come quella che vuoi.
Non ho letto il libro prima della visione e sento il peso di questa assenza, non conoscere le parole originali di Fitzgerald (tradotte dalla Pivano o su un'edizione pagata meno di un caffè, credo importi in senso relativo, perché una traduzione non sarà mai l'originale) mi rende monco mentre scrivo, mi rendeva cieco mentre guardavo e muto mentre ne parlavo (ma ho ascoltato molto da molte voci, in compenso) e, in un certo senso, impotente nell'espressione critica di questo post.
Non ho letto il libro prima della visione e sento il peso di questa assenza, non conoscere le parole originali di Fitzgerald (tradotte dalla Pivano o su un'edizione pagata meno di un caffè, credo importi in senso relativo, perché una traduzione non sarà mai l'originale) mi rende monco mentre scrivo, mi rendeva cieco mentre guardavo e muto mentre ne parlavo (ma ho ascoltato molto da molte voci, in compenso) e, in un certo senso, impotente nell'espressione critica di questo post.
Parlo di un film ma so che questo, più di tanti altri, sarà un post tronco, un po' ignorante.
Il grande Gatsby è stato solo attesa. Ecco, la cosa migliore che potete fare per godervi Il grande Gatsby, se siete ancora in tempo, è non vederlo.
Lasciate che la vostra immaginazione renda il film un capolavoro, fate sì che le scene festaiole che nei trailer e nelle mille gif gentilmente fornite
Lasciate che la vostra immaginazione renda il film un capolavoro, fate sì che le scene festaiole che nei trailer e nelle mille gif gentilmente fornite
siano solo desiderio di feste, desiderio di balli scatenati; fatevi abbagliare dai flash e desiderate il film perfetto su Gatsby, che non è questo, e forse non esisterà mai, come la perfezione in sé.
Fate come farebbe Gatsby, non siate presenti alla delusione. Lo smacco di assistere al fallimento. La tristezza nel rendersi conto che Baz - proprio lui, proprio quello che ha saputo, sin da Romeo + Juliet
[Paul Rudd?!]
ma soprattutto in Moulin Rouge!
creare feste cinematografiche serrate e avvolgenti - ha fallito.
Si parte con una breve quanto virtuosistica - per favore, sparate sul 3D - presentazione del personaggio che ci accompagnerà per la mano nelle ville fastose (mai festose) di Jay Gatsby, quel tenero e "bambacione" Nick Carraway, che poi siamo noi intontiti con lui dai racconti di mille vite vissute e affascinati dal mistero manierista di quel multimiliardario imperscrutabile, capace di lanciarsi in uno slancio amicale sfrecciando a 150 all'ora su una macchina dorata che illumina a sprazzi, fino almeno al momento in cui la scia non svanisce, l'oscurità interiore. Ma è la festa, il concetto stesso, il vero punto di partenza di Gatsby (film e carattere).
Ecco, la festa.
Ecco, la festa.
La festa è il momento dell'affermazione dell'Io, l'affermazione di grandezza. Gatsby non è quasi mai presente alle sue feste, perché non è quello il punto. La festa è un'entità organica a se stante: donne lascive e studenti intraprendenti, milionari annoiati e gente di malaffare, tutti vanno alle feste di Gatsby, tutti necessari tutti dispensabili, l'unico a vincere è l'Ego di Gatsby, peccato non ci sia un Io a sorreggerlo. E qui Luhrmann commette il suo primo grande errore: le feste non sono divertenti, sono a basso volume, il montaggio è alternato sì, ma alternato tra l'appesantimento e la lentezza. Volevamo un videoclip, sì lo volevamo, eravamo pronti a perdonare uno slancio in avanti nello stile, un'accellerazione e anche una sbandata, avremmo accolto caldamente mash up folli come già facemmo nel vedere Tebaldo e Mercuzio sfidarsi a colpi di pistola e con i denti con diamanti al posto di carie, come altre volte facemmo per altri registi (le Converse All Star in Maria Antonietta), e saremmo stati felici, ce lo saremmo ricordati, magari un po' intontiti anche noi dallo sfarzo non comune, da quel tipo di richezza (visionaria e virtuosa) che non può essere raggiunta dagli essere comuni come siamo noi spettatori rispetto a Hollywood (le feste di Hollywood, non sono perfette nel nostro immaginario?); e invece a vincere è il sottotono, l'acustica ovattata, la comparsa che inquadrata per quei 4 secondi di troppo rivela il suo finto divertimento a pagamento.
Le scene delle feste sono il fallimento su cui poi si basa l'errore in tutto il resto del film, che no, non mi è piaciuto.
Presi singolarmente gli elementi de Il grande Gatsby non sono così deludenti, ma manca una forza impattante che era obbligatoria, visto, riprendendo il discorso, l'attesa e la venerazione che si è creata intorno al film e che già c'era per il testo originale (so di persone che stanno affilando mazze ferrate nel caso dovessero incontrare Baz per caso, magari a una festa...).
Gli attori - fatta eccezione per quella cagna dalla faccia di pane che è e sempre sarà Carey Mulligan, davvero l'attrice più insulsamente sopravvalutata in vita
sono all'altezza della situazione; Leonardo, creato geneticamente per essere corrucciato
sono all'altezza della situazione; Leonardo, creato geneticamente per essere corrucciato
è un Gatsby che si porta dietro un buon bagaglio di celebrità e delusioni (più che altro le mille candidature "lisciate") e che, in un discorso un pochino meta-filmico, veste i completi su misura di Jay Gatsby con una buona - non perfetta - posa. Abbiamo già detto di Maguire, il più convincente a dirla tutta.
Poi sì, Joel Edgerton, muscolare australiano in un ruolo che personalmente ho recepito in senso del tutto inverso da quanto ho sentito da più voci: cattivo? arrogante? traditore prima ancora di tradito? ignorante? Ma non è lui perfetto contraltare di Gatsby? Non è la vacuità e la bugia su cui si fonda l'amara vita di Gatsby contrapposta con la vita "vera" di Tom Buchanan? Non è l'idea di un amore creato come un set perfetto in cui recitare nella testa di Gatsby contrapposto con la vita terrena di un amore - o un non-amore - della coppia Tom/Daisy?
Sono domande non retoriche. Sono domande che mi e vi faccio per davvero. Intavoliamo un discorso per una volta, non facciamo l'errore tutto internettiano di accontentarci di un meme o di una gif animata, tipo questa:
o questa
Ecco, la festa e la velocità.
Gatsby corre in macchina. Chi corre in macchina non ha fretta di arrivare in un posto, chi corre in macchina ha fretta di allontanarsi dal punto di partenza. Gatsby gli dà gas (grande GASby).
Le scene di corsa - le più riuscite, anche se sono giusto un paio - sono molto più funzionali delle feste. Gatsby racconta la sua vita piena di eventi con il piede sull'accelleratore e va più veloce la lingua che i giri sul contachilomentri. Nick si regge forte. Poi, nel finale, in uno sfortunato scambio di automobili, la vita di Gatsby prende la sua piega più reale, l'incidente e la dimostrazione, la prima "reale", che è pronto a rinunciare a tutto per amore, una possibilità che Gatsby non ha mai neanche messo in conto di fare per Daisy, anzi è proprio per lei che Gatsby ha creato un paradiso opulente, ma proprio lei, l'egoista faccia di rosetta (da oggi Carey MulliPAN), le chiede di abbandonare tutto e scappare
Ma Gatsby non può - e non deve - lasciare lo Shangri-la sfarzoso che ha costruito con il sudore della fonte, fonte di giovinezza e denaro sporco. La richiesta di Daisy è assurda, è capricciosa, è la sua personalità, molto piccola e non solo se messa a confronto con quella molto grande di Gatsby, messa a nudo: chiedere a Gatsby di non essere più il grande Gatsby è una dimostrazione di pochezza urlata con un filino di voce flautata e lo sguardo vacuo
(tanto che ti viene da pensare che il fioraio abbia sbagliato fiori e abbia riempito la stanza di quelli soporiferi, o carnivoli)
Ma Gatsby non può - e non deve - lasciare lo Shangri-la sfarzoso che ha costruito con il sudore della fonte, fonte di giovinezza e denaro sporco. La richiesta di Daisy è assurda, è capricciosa, è la sua personalità, molto piccola e non solo se messa a confronto con quella molto grande di Gatsby, messa a nudo: chiedere a Gatsby di non essere più il grande Gatsby è una dimostrazione di pochezza urlata con un filino di voce flautata e lo sguardo vacuo
(tanto che ti viene da pensare che il fioraio abbia sbagliato fiori e abbia riempito la stanza di quelli soporiferi, o carnivoli)
la dimostrazione che la cosa che Daisy ama di più è di fagocitare ogni attenzione e rifiutare ogni affezione.
Quanti di voi hanno sperato che Jay prendesse per sbaglio un posacenere di piombo al posto di una camicia e colpisse "accidentalmente" Daisy dritto dritto in mezzo agli occhi?
Quanti di voi hanno sperato che Jay prendesse per sbaglio un posacenere di piombo al posto di una camicia e colpisse "accidentalmente" Daisy dritto dritto in mezzo agli occhi?
E Gatsby, invece, può sentirsi grande solo se specchiato in occhi che lo venerano, negando a se stesso un altro tipo di grandezza, che io, giovane maschio italico nel pieno della sua nascita ego-maniaca e alla ricerca della sua personale grandezza, ho letto in un modo che, pur ammettendo possa non essere quello giusto, ha cozzato con molte delle opinioni che ho sentito e controbattuto in queste ultime settimane.
Ecco, la festa, la velocità e la Grandezza.
Con la G maiuscola, questo è il punto. Il Punto G maiuscola. Gatsby è grande proprio perché dà un significato grande al Nulla. Al possesso. Al possedere nulla e donargli un peso specifico che è molto più dell'oro, dei fiumi di alcool, dei vestiti su misura; o meglio, è tutte queste cose modellate e riempite di significati. Un gioco di specchi infinito in cui Gatsby diventa i suoi vestiti, ma i suoi vestiti diventano Gatsby. Quasi un supereroe nella sua maschera. Identità segrete nascoste e celate. Ce l'hanno i supereroi, ce l'ha Don Draper (per chiamare in causa un altro uomo tormentato della cultura pop contemporanea), e, fateci i conti una volta per tutte, ce l'abbiamo anche noi. Forse non propio ognuno di noi, ma quelli che sentono dentro un barlume di profondità, loro sì. Perché non c'è fascino, non c'è intelligenza, non c'è lampo creativo (che può essere una festa sfarzosa quanto un libro dal il contenuto discutibile, ma dalla cover slendida) senza un'ombra che li ricopre, senza una malessere dato dalla comprensione o dall'incomprensione, senza una melassa tormentata che attutisce lo slancio e rallenta il movimento (ma nello stesso tempo culla, e culla chiunque ci si tuffa).
Le molte voci che ho ascoltato mi hanno raccontato di un Gatsby "vuoto", di aver visto in lui l'impersonificazione di quel (un po' banale) adagio che recita "i soldi non danno la felicità", Gatsby per molti è la dimostrazione letterata (e filmica) che l'Amore è l'unica cosa, che se non sai amare o ami in maniera ego costruita, come ama Gatsby - che per anni idealizza nella testa un amore e una vita che poco rispecchia la realtà e che poco c'entra con l'altra metà del suo universo, universo che Gatsby riempie benissimo da solo - non sai vivere, non sei nessuno.
Quanti errori in un solo pensiero, o quanti pensieri in un solo errore: l'Es di Gatsby (Grande gESby) è. Gatsby è, e quindi non può non essere (infarinature di filosofia tirate fuori dal cappello dei suoi studi classici, lo fa Ciebbì per fare colpo. Poi non ha letto Fitz, evvabbèdai). La personalità di Gatsby, che impatta contro gli altri in vestiti su misura, vacuità, sfarzo e velocità, è solo una distrazione: dietro c'è il tormento, la tempesta, l'amore infinito e infinitamente idealizzato; non a caso, quello che di meglio può capitare a Gatsby è morire (dai, lo sapevate). Gatsby adulto sarebbe diventato Gep Gambardella (vedi domani.)
Quanti errori in un solo pensiero, o quanti pensieri in un solo errore: l'Es di Gatsby (Grande gESby) è. Gatsby è, e quindi non può non essere (infarinature di filosofia tirate fuori dal cappello dei suoi studi classici, lo fa Ciebbì per fare colpo. Poi non ha letto Fitz, evvabbèdai). La personalità di Gatsby, che impatta contro gli altri in vestiti su misura, vacuità, sfarzo e velocità, è solo una distrazione: dietro c'è il tormento, la tempesta, l'amore infinito e infinitamente idealizzato; non a caso, quello che di meglio può capitare a Gatsby è morire (dai, lo sapevate). Gatsby adulto sarebbe diventato Gep Gambardella (vedi domani.)
Il film non mi è piaciuto, perché ho intravisto quello che poteva essere. Ho visto una grande promessa disattesa, avevo idealizzato le feste (vi dico solo che a raccontare una festa di quegli anni ci riesce meglio Woody Allen, senza sfarzo, nel suo Midnight in Paris, dove peraltro c'è un Fitz perfetto!), le corse e il personaggio, mi era stata promessa una grandezza che non c'è stata, una bella grandezza sostituita con una piccola mediocrità. Sì, i vestiti sono perfetti, Elizabeth Debicki è perfetta e troppo poco presente
ma non c'è l'impronta indimenticabile, non c'è la "zampata" (altra festa fallimentare, oltre a quelle corali poco adrenaliniche, il festino nel bordello, uno stato alterato sprecato così, con due inquadrature distratte, che peccato). Vi prego fermatevi, ora NON vestitevi Gatsby-Style, siete orrendi.
Un film che voleva essere un grande film, e non riesce neanche ad essere un film grande.
Invece, tempo fa, a proposito di cover e ricover, qualcuno lanciò un contest per ricopertinare l'amico Fitz, ecco alcuni risultati (la prima è la vincitrice):
Anche se quella della prima edizione, ampiamente citata nel film, è.
Certo, la colonna sonora qualche perla ce l'ha
peccato finiscano un po' così:
QUI giochiamo a fare Gatsby, lo facciamo un po' tutti, qualcuno con più coscienza (leggi incoscienza) di altri.
And so...
And so...
Tutte considerazioni sacrosante ma quelle da ricondurre al personaggio di Gatsby non devono essere confuse con il risultato del film - che è una trasposizione assolutamente perfetta del libro - ma con l'opera di Fitzgerald. In questo caso è una grossa mancanza non aver letto il libro, che ti consiglio anche ora che hai già visto il film
RispondiEliminaPer me questa vale come rece di Sorrentino, e a posto così.
RispondiEliminaIo sono una di quelle persone che leggono sempre prima il libro e poi, piuttosto prevenute, vanno a vedere il film. Di solito rimango delusa dalla trasposizione cinematografica di un romanzo. Ma il Grande Gatsby è perfetto. Il film è assolutamente fedele, fin nel dettaglio, all'opera di Fitzgerald e le poche differenze di sfumatura sono da imputare al fatto che Luhrmann si sia ispirato alla prima stesura di Gatsby, quando ancora il romanzo si chimava "Trimalchio". Vedere questo film senza conoscere il romanzo è piuttosto limitante, forse, nel senso che la storia di per sè è molto più letteraria che cinematografica. Concordo sul fatto che Daisy sia interpretata da un'attrice inutile (ma tanto ci deve stare antipatica!), mentre Tom non è il cattivo, è la perfetta contrapposizione di Gatsby: mentre il nostro eroe vive in un mondo perfetto, ma fittizio, Tom viene a patto con le pulsioni e le meschinità del mondo reale. attendevo con ansia la tua recensione: sono quasi sempre concorde con te! Ma questa volta davvero no. alla fine della proiezione al cinema, io e i miei amici siamo rimasti stupiti: com'è possibile che un film così perfetto abbia subito tante critiche negative? non lo so. Forse il problema non è il flm. Forse il problema è proprio nel personaggio di Gatsby, così romantico e puro da essere assolutamente incomprendibile nel nostro tempo.
RispondiEliminaEsatto, stesse cose che ho pensato io! L'ho visto in inglese e credo che le voci originali, soprattutto DiCaprio e Mulligan, aiutino molto la tragedia insita nella storia.
EliminaPer quanto Carey Mulligan sia effettivamente di poco spessore e sopravvalutata, l'ho trovata perfetta per questo ruolo in cui la stessa Daisy è una giovane donna triste, egoista e capricciosa.
L'ho trovato un film assolutamente perfetto e credo che la delusione di molti sia da leggere nella tipologia di storia che non è da tutti.
Baz Luhrman secondo me ha portato sul grande schermo in maniera eccellente un romanzo che poteva facilmente risultare piatto e noioso
Per me è perfetto così, ho letto il libro e le cose che mi venivano in testa mentre lo leggevo erano esattamente queste, anche con le musiche con i rappers dai labbroni, insomma sono una piccola Baz in progress io.
RispondiEliminaconcordo: il film non è un capolavoro e il miglior attore è T. Maguire
RispondiEliminaPerché allora tanti (a cominciare da Cannibalkid) ne sono entusiasti?
Un'ipotesi (magari ci tornerò sopra): COME SAREBBE BELLO ANDARCI DAVVERO A FESTE COSI'....
e qui mi permetto di citare un film inglese del '88; si chiama SCANDAL e racconta di un ministro (si chiamava Profumo) costretto a dimettersi per i rapporti con una escort; a un certo punto sullo schermo c'era un'orgia di corpi nudi (pochi secondi, per la verità) e uno spettatore qualche fila dietro sbottò con un SIIII' COSI' SI DOVREBBE VIVERE!!!!! COSIIII' SI DOVREBBE VIVERE
ecco, penso che molti, vedendo il mondo dell'onnipotente Gatsby, pieno di lusso e di fuochi d'artificio, abbiano provato la stessa sensazione (peccato che poi la vita ti freghi sempre, feste o non feste)
Con "un libro dal contenuto discutibile, ma dalla cover splendida", intende le sue, autore?
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