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martedì 12 novembre 2013

C&B FF ROMA • Giorno 3 • Dallas Buyers Club - Las brujas de Zagarramurdi


Odio il Pass.
Lo so bene cosa state pensando: "ma come, dopo averci rotto l'anima con 'sto cavolo di Pass che sembrava che t'eri conquistato il tesserino per entrare nelle ville di hollywood e parcheggiare la vespa accanto alle macchinone degli attori, adesso non fai altro che lamentarti? E statte bono fijo mio, datte pace."
E lo so, ma la vera verità è che ho capito che pass = male. Pass brutto, pussa via pass, pass via. Meglio paga che ti pass.
Sì perché funziona male, io lo devo denunziare, devo fare il Serpico della situazione. Dunque c'è il film che ti interessa, giusto? E tu hai il pass, ok? Che dovrebbe essere quella cosa che ti assicura la visione, o no? E invece succede che prima defluiscono tutti quelli coi biglietti, ma proprio tutti tutti, che ci sono pure i procacciatori di spettatori fuori dal cinema come nei ristoranti per turisti "venga miss, venga a vedere film, film italiano dolce vita bello solo 567 euro biglietto". Poi passano i pass. Prima i passanti, poi i pass. A quel punto, ovviamente, i posti sono non solo pochi, ma anche i PEGGIORI del cinema, ho visto gente dietro una colonna e qualcuno anche nel bagno, delle donne, che sono sempre i più zozzi.
Ma forse non è neanche giusto stare qui a criticare l'oganizzazione, meglio criticare i critici, o meglio, i Critinici, coloro che formano file chilometriche tutte belle pigiate (cioè tipo gli zombi di World War Z) e nel mentre che attendono l'entrata di tutti gli altri regalano tante e tali perle di saggezza cinematografica che il film manco ti va più di vederlo, vuoi solo menar le mani.
Mentre ero in fila, e conta che per non farmi fregare come la scorsa volta, per un film che iniziava alle 20 sono arrivato alle 7, meno 40... sì insomma alle 6 e venti stavo piantonato lì, e insomma stavo proprio in mezzo ad una mandria di Critinici, e ho assistito, potessero cadermi gli occhi, a questa scena: arrivano due tipi, saltano tutta la fila e dicono «Noi siamo della giuria, dobbiamo entrare!» (a parte che se sei della giuria minimo te li vedi col cinema vuoto solo per te... o dite che quelli della giuria, per lo strano sistema dei meriti, stanno messi peggio di tutti?). Mentre l'addetto controlla un Critinico fa: «AH! LA VEDI L'ITALIA! Ecco l'italia! Io sono uno dei cinquanta critici che va a tutte le anteprime - giuro che l'ha detto - e quelli non li ho mai visti. Ah! L'ITALIA!» e tutti intorno iniziano a muovere la testa su e giù come a dire "Eh già, già", oppure a destra e sinistra a fare "No, no, che schifo, non si può andare avanti così". Non pago, ecco come lo Spartacus de noatri continuava la sua rivolta: cinque minuti dopo, prende "da parte" l'addetto, e con fare aummaaummesco gli fa: "Oh, dietro c'è un amico mio, quello è importante, deve entrare eh"... [segue faccia da meme]
Questo è un piccolo spaccato di quelli che hanno i Pass Culturali, belle facce da Culturali proprio.
Per fortuna quei minuti (80..) di attesa finivano e io finivo (dal bagno delle donne) a vedere
Dallas Buyers Club
Trama: Aids Aid

Se non si fosse capito con questo (ma anche con questo e questo) Matthew McConaughey È un Attore.
La prima cosa che pensi, anzi non resisti e la dici ad alta voce, quando Matthew fa la sua prima apparizione sul grande schermo è "cristo santo".
Già, proprio un Cristo - poco santo in effetti, ma martoriato sì - pare McConaughey durante tutto il film: emaciato, inconstistente, non riempie i vestiti, scheletrico che pare un deportato, impressionante, spaventoso. 
Ora, di corpi a fisarmonica ne abbiamo visti, soprattutto all'ingrasso, vero, non è che ci siamo scordati il martirio inflitto al proprio corpo da Christian Bale per L'uomo senza sonno, ma qui, qui siamo dalle parti dell'impressione, dalla parti dell'incubo notturno.
Voglio dire, passare da questo:
a questo:
richiede qualcosa che va oltre Stanislavskij, il lavoro sul corpo, l'immedesimazione, la voglia di Oscar, qui parliamo di una distruzione programmata della massa muscolare e credo che per arrivare davvero a un dimagrimento malato del genere deve scattare dentro una forma di follia, quantomeno di patologia.
Il protagonista del film è un malato di AIDS, lo scopriamo con lui, in diretta, in una delle primissime scene, quindi non assistiamo, in effetti, a nessun deperimento (come succedeva in Philadelphia), Matthew è così dall'inizio, anzi a dire il vero nel corso del film migliora addirittura, per motivazioni che sono esattamente il cuore del film: una volta presa coscienza della sua malattia, capisce che assumendo un dato mix di farmaci auto-prescritti forse quei 30 gironi da vivere che i medici gli predicono alle prime analisi, possono diventare di più, anche solo un mese, un semestre, un anno. 
Di anni, da quel momento, il protagonista ne vive 7 - è una storia vera, come non bastasse - mettendo a frutto il suo passato da traffichino, sempre a cavallo tra il lecito e l'illecito e scoprendo via via il suo lato più umano. Comincia infatti ad organizzare uno "spaccio" di medicine alternative a quelle date negli ospedali ancora in via di sperimentazione (il film è ambientato nel 1985, anni in cui la malattie fece più vittime e parlare di sé): le cure alternative funzionano, non sono legalizzate, ma neanche fuorilegge da arresto, illecite per alcune prescrizioni o che ne so, ma non illegali. E anche lo fossero state, la cosa più importante è che il mix funziona, e anche se non guarisce, mantiene in vita. Sono diversi 30 giorni e 7 anni.
Si crea questo "club", con una tassa di iscrizione si possono comprare i farmaci, certamente non guarire, ma, viaggiare. 
Il film riesce nel difficile compito di non cadere nel patetico, almeno non troppo, la trasformazione di Matthew (da bifolco bovaro omofobo e violento a "paladino" - anche se sempre con un piede cementato agli affari - dei malati di Aids, compresi quelli all'inizio tanto odiati come i "froci") non è graduale come sicuramente è stata nella realtà, ma un film dura due ore, non si può volere tutto. Come si può passare sopra ad alcune scivolate e all'interpretazione non proprio illuminata di Jared Leto, che insomma, non basta vestirsi da donna, fare così con la mano e fare un piagnisteo finale 

per creder di aver cesellato un personaggio-gay pieno di sentimento e umanità, il rischio vizietto è sempre dietro l'angolo
e lui non ci casca a malapena. Sarà che anche la sua condotta fuori dallo schermo, condotta esibizionista e da "vissuta" rock star, tanto che pare Miley Cyrus
stempera lo stupore del suo personaggio en travesti. In più anche lui magrissimo fa meno impressione, visto che ci tiene tanto insieme al suo amico Terry a farci la fotocronaca grammo per grammo

e colpisce meno di quando ingrassò per Chapter 27.
Gli occhi sono tutti per Matthew

che, proprio come ma inversamente al suo Killer Joe, occupa tanto spazio di schermo quando pesa... Sarà la magia del cappello da bovaro, di nuovo?
Un film che rimarrà per un motivo e uno solo, quel corpo minuscolo, quello scrocchiazeppi, quel giunco che sembra che lo puoi far cadere con una schicchera, che sorregge un'interpretazione davvero intensa. Sapete che non sono facile ai pietismi, me ne frega assai se sei stato bravo a fare lo storpio, il rain man, il mio piede sinistro, penso sempre che (ovviamente con i dovuti distinguo) fare il "ciecozoppolarvademente" sia in qualche modo più "semplice" di fare il tipo normale, il quotidiano. Come se trovare il tic giusto sia una scorciatoia per rendere il personaggio più riuscito. Qui Matthew concilia le cose: il suo personaggio è sgradevole, eppure penosissimo, il suo corpo è patetico, eppure strutturato. Purtroppo il film non riesce ad volare alto oltre il suo protagonista; per carità, abbiamo visto di peggio in quanto a bio-pic che non andavano oltre (non ho ancora parlato di Jobs), ma - anche dall'applauso tiepidino a fine proiezione, per dire per Her ci siamo spellati le mani - non riesce mai a struggere, impietosisce, ma non strugge.

Finisce il film e, come quella scena di Homer che lavora di notte arriva a letto si sdraia e si rialza in un solo movimento, esco e mi rimetto in fila con dieci passi, una fila fatta di, indovinate, CRITIC DEAD! 
E ormai se c'è una costante del FFR è che quando sei in fila succede sempre qualcosa. 
Ero lì, speranzoso di non perdere il posto quando il solito itagliano, guarda l'italia! Guarda! si mette quatto quatto tomo tomo al lato della fila, parlando con la ragazza e sta lì. Ovviamente in questi casi stai lì pure tu e per evitare scazzi preconcettuali non dici nulla, quando però la fila parte e quello si immette proprio davanti a te, e allora nun se semo capiti, che me stai a cojonà? E quindi gli faccio presente che ha fatto una fila un po' alternativa, almeno di non spingere. Per tutta risposta mi becco un "Escusatio non petita..."così, buttato là. Ah bello! Ma guarda che io so stato in Giappone lo capisco benissimo quello che dici!!! 
A parte le battute, lo guardo come a dire, "ma che dici? Che c'entra? Sei tu quello che si dovrebbe scusare, io non mi sto scusando, anzi sto facendo un j'accuse" (cavolo glie l'avrei dovuto dire, diventava una gara di lingue morte, latino, francese...). Comunque un po' tramortito dalla citazione incolta chiudo con uno sguardo un po' basito e vabbé, entriamo, andiamo a vedere IL film della serata
Los Brujas de Zugarramurdi

Trama: Ridete tremate le streghe son tornate

Alex De La Iglesia è pazzo. Un dannato pazzo scriteriato folle matto, ha la pazzia cervellare. Ed è VIVO. 
È questo il dato distintivo del suo cinema grottesco ed esagerato: è un cinema dannatamente vitale, divertente, senza regole eppure strutturato, tutti gli eccessi sono controllati, De La Iglesia guida un carrozzone trainato da un drago, dieci indiani d'america, trecentoventi ermellini, vermi striscianti e vergini nude (a proposito di vergini nude, ogni proiezione del festival inizia con una ragazza nuda con arco e freccia
Ah. Le donne. Lo vedi che fanno le donne, con quei corpicini levigati, prima ti attirano e poi ti piantano una freccia in cuore.
La traccia del film è semplice, almeno per i canoni horror (ne abbiamo visti già almeno altri di film simili, di cui uno proprio similissimo, anche nell'intento caustico maschi vs femmine, anche se lì erano femzombi): un gruppo di uomini, reduce da una rapina pazza ai danni di un Compro Oro madrileno da cui ha "estratto" una sacca piena di fedi nuziali, si ritrova perso nella brughiera spagnola, e finisce proprio a Zugarramurdi, la Salem iberica.
Ad abitare lo spaventoso paesino ci sono loro, le streghe, da quelle brutte 

a quelle belle tipo Carolina Bang (che cognome ragazzi)

a quelle almodovariane (siamo pur sempre in Spagna)

Tutte pronte a sgranocchiare un bel bambino al forno o a fare un sacrificio umano in onore della Grande Strega, e per grande si intende proprio grande. Non vi spoilero troppo, anche se la voglia è tanta, ma come se non fosse il film che definitivamente sancisce la mia chiaroveggenza in quanto a trend (sì, streghe, streghe e ancora streghe quest'anno, streghe da tutto il mondo, unitevi, le elencheremo per benino a fine Dicembre), ecco che il 2013 è stato anche l'anno dei giganti (tra quelli delle fiabe, diavoli e robot, anche con loro ci rivediamo agli Awards).
La gioia è quella di vedere che, dopo quello che sembrava essere un punto inarrivabile in quanto a esagerazione e follia applicata al film che fu Balada Triste de Trompeta, De La Iglesia merita un plauso perché riesce a fondere l'horror - le sue streghe sono pazze e spesso comiche, ma sanno anche far paura - con il grotesque puro, quello dei corpi maciullati e dei combattimenti aerei, delle derive scatologiche ma non fastidiose

e ad un finale scatenato - oddio, non che l'inizio fosse calmo: ci sono Gesù Cristo argentato, un soldatino di plastica, SpongeBob, Minnie, un bambino di 8 anni e un Uomo Invibile che fanno una rapina

Bello, divertente, recitato benissimo (Carmen Maura è pazzesca), effetti speciali all'altezza e anche meglio di film americani, ma soprattutto rutilante, implacabile... vivo! Non c'è un minuto di pausa, neanche un minuto.
E poi quante verità! In sostanza il film è una disamina impazzita sul rapporto uomo-donna, anzi su quella che è a tutti gli effetti la nuova e conclamata forma di schiavitù che noi poveri ometti siamo costretti a subire. Donne, né con loro né avere mai l'ardire di dire qualcosa che le stranisce che figurati iniziano dei panegirici che ti mandano in pappa il cervello, dio ce ne scampi e liberi... Ma poi come fai? Come fai a resistere? 

UOMO! RESISTI! Lo sai bene che sono streghe e sono sempre pronte a mangiarti ficcandoti una mela in bocca (!)... Tra le tante scene, stupenda e divertente la litigata "mucciniana" tra la strega e il povero pinguano di turno, fatta di sguardi folli e superpoteri; una sorta di similitudine con quel filmetto con Uma Thurman supereroina, ma qui è tutto giocato talmente al rialzo e all'eccesso che il divertimento è raddoppiato, triplicato e via così.
Che la soluzione sia proprio quella almodovariana?

E, come sempre accade in questi casi, pensi che la Spagna è lì, sta là, vicinissima, olè, roba che nei giorni senza nebbia da Colle Oppio vedi Barcellona (oppio, appunto...) eppure, a livello filmico, siamo lontani anni luce, miliardi di chilometri indietro, noi, che riusciamo - e a malapena - a trovare i soldi per produrre solo film di vite itaGliane triste e spente, mai un colore, mai un regista che si diverte, quelli che ci provano (e scommetto che ci sono) non ci riescono perché vacci tu al MiBac a convincerli che un film horror è di "interesse culturale", la costante italiana, la vedi l'ITALIA! Mai un anelito di VITA.
E poi ti chiedi perché anche i critici sono Critic Dead! Ti credo, parlano di una cosa morta, non è cinefilia, è necrofilia. Morti! BANG! BANG!

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