Captain Phillips
Trama: Capitan Phindus
Se c'è una certezza nella vita, quella è che come fa l'uomo qualunque Tom Hanks, ma manco un uomo qualunque preso per strada. Se prendo un pedone che attraversa e lo riprendo con la cinepresa, ti giuro attraversa peggio che se metto Tom Hanks ad attraversare. L'uomo medio Tom Hanks proprio non lo batte nessuno.
Ovviamente, quando ti prende lo schiribizzo di fare un film su un uomo medio che di mesto mestiere fa il capitano di una nave (ma non pensate a Master & Commander di cui parliamo dopo, qui si tratta di un nave mercantile piena di container che contiengono chissà che), uno che se ne va in giro per i mari tutta la vita, dove l'unico momento emozionante è fare un'esercitazione con venti poracci della ciurma (poracciurma), uno che però ad un certo punto quando meno se l'aspettava gli è successa la cosa più brutta dei sette mari, i pirati (no, non Pirati dei Caraibi, quello non sarebbe sopravvissuto nessuno), piuttosto questi:
L'uomo nero. Paura.
I quattro conquistano la nave grazie alle armi e alla disperazione del non avere nulla da perdere se non una quarantina di chili e dei denti marci, prendono in ostaggio nave e capitano e da quel momento Philippo Hanks (nuovo nome adattissimo al personaggio) conoscerà il vero significato della parola "odissea".
La storia, vedi un po', è vera. Vera veramente. Vera così:
L'uomo nero. Paura.
I quattro conquistano la nave grazie alle armi e alla disperazione del non avere nulla da perdere se non una quarantina di chili e dei denti marci, prendono in ostaggio nave e capitano e da quel momento Philippo Hanks (nuovo nome adattissimo al personaggio) conoscerà il vero significato della parola "odissea".
La storia, vedi un po', è vera. Vera veramente. Vera così:
E come ben sappiamo, le storie vere che che sono più incredibili (o paurose, o inquietanti) di quelle finte fanno sempre il loro dovere cinematografico, per quanto possano essere state "migliorate" e "sceneggiate": Phillippo Hanks ha subìto quello che nessun essere umano vorrebbe mai vivere, è stato circa tre giorni consecutivi col mal di mare con la consapevolezza che ogni secondo poteva essere l'ultimo, ogni parola, anzi ogni sguardo o movimento poteva significare un PAM, fine della storia, addio, ciao.
Greengrass è ormai il regista perfetto per questo tipo di storie vere, dopo United 93, si rimette di nuovo la cinepresa in spalla e se ne sta tutto il tempo vicinissimo ai protagonisti, così il quadro si allarga sempre pochissimo e noi ce ne stiamo sempre un po' scomodi tra gli attori, ce ne stiamo là in mezzo e ci sembra che se quello si distrae un attimo ci dà una spallata pure a noi, e questo tipo di regia è asservita perfettamente al tipo di pathos che un film del genere deve creare: claustrofobia pura e semplice (tutta l'ultima ora è ambientata in un cubicolo di 4 metri quadrati, in 5 persone, più 4 fucili, più la panza di Tom Hanks, più noi spettatori, si sta stretti.
Poi oh, non starò qui a dire che Cap Phi è il capolavoro assoluto dell'anno, tantomeno che è la miglior interpretazione media di Tom (anzi, sta seduto per la maggior parte del tempo), ma in momenti per nulla memorabili in quanto a uscite cinematografiche come quelli che stiamo vivendo che ben venga un film girato bene e che porta sullo schermo un attore lontanissimo da ogni possibile cinematografia, lui:
che si staglia su mille altri in quanto a espressività e disperata cattiveria (quel tipo di cattiveria penosa che non ti fa odiare il cattivo del film, ma provare un misto di compassione e rabbia per altri che non sono lui). E che qui lo dico e lo ridico, si beccherà una bella candidatura come Non Protagonista.
Ecco Tom Hanks e il vero Philippo, quello a destra, no a sinistra, oddio no... a destra o sinistra?
Ed ecco la mediezza del Capitan Phindus che dopo quello che ha passato viene pure scherzato dalla moglie, no per dire, ti ci volevo vedere lei in una zattera con quattro somali incazzati e strafatti di piante di coca ti ci volevo.
Ed ecco a voi la gif più divertente del 2013
Con la sola motivazione di essere ambientato in mare aperto e di avere come protagonista un capitano, ecco che colgo l'occasione di dire due paroline sull'appena accennato
Masters & Commander
Che è un film coi controcazzi. Di quel tipo di film - forse un tantinello geriatrico, nel senso che ha tutte le carte (marittime) in regola per piacere alla fascia d'età 40/60) - che finisci la visione e ti senti appagato: hai avuto l'avventura, hai avuto il confronto virile, hai avuto la severità marziale ma anche la giustizia, hai avuto le battaglie navali e la natura delle galapagos, hai avuto le marcette coi pifferi e, cosa che alla fine non guasta, hai avuto quel Russel Crowe che in quegli anni era proprio uno dei grandi, muscolare e corrucciato, presenza scenica invidiabile e sguardo profondo. Che fine ha fatto quel Russel Crowe? Perché io non l'ho intravisto nè qui, nè qui.
Peter Weir è stato (ne parlo al passato perché la memoria non fa pervenire cose belle realizzate negli ultimi dieci anni, a voi?) un registone, da quel PicNic etereo a Truman (e non scordiamo L'attimo fuggente , ha una carriera sfortunata, nel senso che il suo nome non si è mai imposto come regista vero, sempre un po' fagocitato dal film in sé. Capito che intendo? Il film faceva successo, ma non era mai un film "di"... Tipo che infatti ha avuto 4 candidature come Miglior Regista e manco una vittoria.
Si nota che inizio a parlare di Oscar? Si nuota?
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