E RIECCOMI QUI!
Come ogni anno si rinnova il tanto atteso (da chi, ricordamelo un attimo...) appuntamento con il FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA, anche detto 'A FESTA DEI FIRME.
Dopo essermi imbucato ai film giapponesi e essermi bucato durante i film inglesi, e dopo aver maledetto ogni giorno il Pass (faremmo meglio a chiamare traPass perché ogni volta si rischia la morte), ecco che anche quest'anno dopo che per 11 mesi mi riprometto tipo mantra NonChiederòilPassNonChiederòilPass, poi mi arriva la mail con scritto "Vuoi ordinare il Pass?" e io spingo fortissimo Sì! Lo voglio! Lo voglio ora! Datemelo tutto! Eccheccedevì fa.
Allora fatemelo dire subito: quest'anno stiamo messi male. Ma male male. Non solo perché la scelta dei film è davvero risicata, e le "star" attese sul red carpet sono tra le più balenghe possibile (Richard ancora Gere? Ma che davvero?), ma anche perché il corollario intorno al festival mi pare proprio scarsino.
Parliamo ad esempio delle mostre.
Ce n'è una dedicata alla Grande Bellezza, e vabbé, l'hai voluta proprio fare e posso pure capirlo.
Ma quell'altra, signori, ma che davvero? Cioè davvero una mostra su ASIA - figli di Dario - ARGENTO? Ma adesso io dico, mi potete gentilmente spiegare qual è, esattamente, il contributo che Asia Argento ha dato al cinema italiano? Cioè oltre al deboscio di andare a fare la finta drogata a Piazza Vittorio insieme ad Abel Ferrara, a essere stata spinta in America da quel poro rincoglionito ormai zombi di George Romero che probabilmente aveva un debito di non si sa quale natura con Dario risalente agli anni del cucco, aver limonato Vin Diesel, aver fatto figli a caso e un tatuaggio sulla patata che insomma, basare la propria carriera su un tatuaggio sulla patata. Bah. E invece via di mostra fotografica con pannelli 2x2 che mi tappezzano l'ogni dove, anche la sala stampa (apro parentesi Sala Stampa. I PC? Ma. Che. Davvero? Lo scorso anno c'erano i Mac. Se non è crisi questa. Chiusa parentesi). Perché? Come siamo ridotti? Il prossimo anno allora che ne so, mi fai il Chicken Broccoli Show?
Comunque sticazzi di Asia e sticazzi dei PC, CB non si fa demoralizzare da nulla, a vincere è il cinema e l'arte e contro ogni avversità CB organizza, per fa la vita del cinecritico meno amara, UNA FAVOLOSA, FANTASMAGORICA, ECCEZIONALE COLLABORAZIONE con una delle protagoniste del Chicken Broccoli Mag (ha fatto una delle cartoline, questa) la sola e unica MARGHERITA BARRERA, artista/illustratrice/fumettista poliedrica, l'avete già incontrata nel logo ufficiale che apre il post!
Riassumendo Margherita Barrera che posso dire se non: È brava! È talentuosa! È bella! (dici che bella era un'informazione inutile quando si parla d'arte? po'esse…) È Cinecritica di ridere forte! Èvviva! Ècco il suo sito!
Allora che faremo io e Margherita? Purtroppo niente di lubrico ma solo tanto tanto tanto LA-VO-RO vero. Ci divideremo le recensioni, io scriverò le mie stupidaggini e lei illustrerà e gifferà i nostri giorni al Festival, insomma in parole povere faremo il reportage più bello che potrete trovare in rete, dai ammettiamolo! Dai!
Che stavo dicendo?
Scusate ma chi siete voi?
Dove sono?
Come… hai detto… che mi chiamo?
Ecco. Queste sono le domande che avrei fatto se fossi stato Julianno Moore in
Still Alice
Trama: Alice nel paese delle… delle?
LA LOCANDINA - tàc - ALTERNATIVA DEL FILM (che in rete non c'è quella ufficiale) L'HA FATTA… sì esatto… MARGHERITA!
Still Alice è il film in cui Julianne (a)Moore (mio) torna a fare quella che sa fare meglio, che non è scrivere libri per bambini o buttarsi secchiate d'acqua in testa (anche se l'attenzione la cattura qualcos'altro, faceva freddo eh?), ma recitare. Ti ricordi quando Julianne Moore veniva candidata non per uno ma per DUE oscar lo stesso anno? E ti ricordi quando io e lei stavamo insieme? E ti ricordi quando ci siamo innamorati proprio che Galeotto fu il Red Carpet del festival? Io no, e probabilmente neanche lei, perché se è vero come è vero che agli attori rimane sempre attaccato un po' il personaggio che interpretano, forse ora lei ha l'Alzheimer.
Ora, durante la visione del film, ovviamente, mi erano venute in mente mille e mille cose di sarcasmo amaro su questa cosa di dimenticarsi tutto, piano piano, inizi che non ti viene in mente quella parola facile che usi tutto il giorno tipo… quell'aggeggio di metallo che si usa per scavare il cibo [cit] e piano piano non sai neanche come ti chiami (che alle volte potrebbe addirittura essere una cosa positiva).
Insomma il film racconta la storia vera di questa povera crista a cui viene diagnosticata una forma di Alzheimer precoce e oltretutto ereditaria, una tranvata che mezza bastava a SUICIDATEMI ORA.
Alice si fa forza e grazie alla sua professione (professoressa di Linguistica - non sono ammesse battute visto il tema ma quante ne vorrei fare - all'Università) e all'aiuto della famiglia riesce… no, scusate, non riesce in niente, non è quel tipo di film (e per fortuna), non siamo al sabato di Canale 5; a lei gli viene la dimenticanza totale e tunnel di tristezza infinita nel vedere come questa malattia ti toglie tutto, ti mangia il cervello, citando un passaggio del film "era meglio un cancro" (anche se non lo so eh...)
Quindi tema pesantissimo, condotti lacrimali pronti a traboccare, coppie anziani che - true fact - si tengono per mano accanto a te e si guardano dicendosi con gli occhi "se succede a te ti starò vicino", Julianne Moore molto brava (c'è chi parla di Oscar, ma credetemi, non è neanche lontanamente vicina neanche alla candidatura.) ma c'è un problema: il regista non aveva le palle.
Scusate la maleducata franchezza, ma davvero questo film in mano a qualcuno con ben altro spessore avrebbe fatto davvero incetta di Oscar, il tema c'è: c'è Malattia, c'è Amore, c'è Famiglia. Invece sembra di vedere una versione edulcorata di Blue Jasmine (e anche quello non è che era poi 'sto capolavoro): del tipo che la prima scena in cui Julianne ha questo attacco di "nulla" (si perde facendo jogging) è realizzata con la semplicistica tecnica del "lei a fuoco, tutti gli altri fuori fuoco", roba da scuola di regia primo semestre, il ragazzo ha stoffa ma non si impegna.
Ogni passo nella malattia (dimenticarsi parole, dimenticarsi nome della ragazza del figlio, dimenticarsi dov'è il bagno a casa, dimenticarsi che tua figlia è tua figlia, dimenticarsi il proprio nome, dimenticarsi che si sta dimenticando) è pesante in quanto reale, ma reso con troppa "leggerezza" (e non in senso positivo): insomma io VOLEVO la tranvata, VOLEVO il dramma, VOLEVO piangere (e ci sarebbe riuscito facile che il periodo è quello del pianto che ti prende per i giusti motivi) e invece niente. E anche lo speech finale, che dovrebbe essere l'ultimo monito + inno alla vita della protagonista, si riduce a un blandissimo discorsetto, scritto anche abbastanza male.
Poi oh, non è che sia brutto brutto, certo non è brutto quanto LAPO ELKANN che arriva su una sedia a rotelle e la gamba rotta e introduce il film farfugliando parole incomprensibili e sbagliate pure in italiano (certo è proprio vero, se sei un imbecille puoi avere tutti i soldi che vuoi, ma imbecille rimani) e tu stai lì' e ti dici che imbecille ma che mo s'è dato alla distribuzione di film questo? E gli occhialetti? Bah. Ma nell'incidente era coinvolta anche la sorella? Perché quei trampoli?
A postura gli Elkann non sono secondi a nessuno, forse solo a Frankenstei e il Gobbo di Notre Dame.
Insomma, lode a Julianne, di cui comprendo la necessità di ritornare a fare film belli e con un costrutto e non dove ti fai toccare da attorucoli di 25 anni (d'altronde non sei di quelle che si fa le foto zozze che poi finiscono sul web, sei pure sempre una Signora) e te l'appoggio pienamente (!), ma il regista ha gestito la cosa con troppa poca personalità.
A questo punto sarei dovuto andare a vedere un film di neo-nazi ma mi sono perso nei labirintici corridoi dell'Auditorium e a vederlo ci è andata Margherita! Ecco la sua recensione illustrata:
Che stavamo dicendo? Dove sono? Ma chi siete voi con lo sguardo fisso su di me? Come? Lettori?
Ah già! Parlavamo di quel film brasiliano! Quello che si chiama:
Quando Eu Era Vivo
Trama: Cosa c'entra la Comunità Europea non l'ho capito
Ma. Che. Stiamo. Scherzando?
Ora, se questo è un film che merita non solo un passaggio ma addirittura di stare in concorso ad un Festival (che non sia il Fantafestival degli anni peggiori o il Festivalengi do Scinema du Noia Brasilero) allora io sono biondo e con gli occhi azzurri. No perché davvero, la scena do grande saudagi che hanno dovuto subire regista e interprete - presenti in sala - e cioè quella di rimanere seduti a prendersi il timidissimo applauso che uno sparutissimo gruppetto di supporters, o forse solo persone imbarazzate ed estremamente educate, hanno fatto, per poi sgattaiolare via mesti, se la sono un po' meritata.
Il film è veramente, ma veramente, noioso.
E non basta la deriva horror di possessione/ossessione (addirittura con rimandi al Polansky del terzo piano) a salvarlo dal mare di tedio che ti mette addosso. Cioè tipo che ho dormito. Non credo per molto, ma un pochino sì. E ti dirò di più, mi sono lasciato andare al sonno, che attenzione non era quel tipo di sonno che ti viene al cinema che diventa inarrestabile e pure se stai vedendo Transformers o un film con donne nude che predicano l'amore libero ti addormenti lo stesso, e anche se cerchi di combatterlo (di solito io puntello le dita a mo' di Cura Ludovico tenendomi a forza gli occhi aperti) niente, lui è più forte di te, buonanotte e ti metti a contare le esplosioni come fossero pecorelle.
Ecco in questo caso direi che l'ho cercato un po', quel sonno, e mi sa che ho pure russato un po', e mi sa che regista e attore mi hanno pure sentito perché erano a due sedie da me. Oh, te la sei cercata!
La storia è questa: sci sta u tisio ùnto e bisùnto qui a cui non toccherei i capelli neanche con i guanti quelli che si usano per maneggiare l'uranio:
que torna a la casengi du padrigno vedovigno (non si sa da dove, non si sa perché se n'era andato) e inizia a comportarsi in modo strano. E insomma il tizio recupera dei vecchi diari di quando lui e il fratello erano bambini (diari con sopra l'effige del diavolo però, sono brasiliani, hanno usanze diverse dalle nostre... noi Pucca o Peppa Pig o topi piedoni, loro Satana) e vecchi ninnoli della madre morta e anche la palandrana per cucinare, sempre della madre morta, e inizia fare le sue ricette. Ed è subito possessione di madre.
Ci si mettono in mezzo un fratello ricoverato nel manicomio dei matti, pure lui tutto preso dai demoni, una tizia che me pareva una sciampista (ecco forse perché si affeziona al protagonista, per pulirgli i capelli, una specie di sfida professionale) che canta e ha una gamma di espressione più limitata di una bambola gonfiabile
Ci sta pure un'altra tizia micidiale e spiritista, e poi 'sto poro padre (l'unico per cui provare un minimo d'empatia in tutto il film) che alla fine ovviamente fa una brutta fine, e te pareva.
Ora, il genere è horror, e se fosse stato:
- girato da un altro regista
- scritto da un altro sceneggiatore
- recitato da altri attori
- fotografato da uno che non avesse le cataratte
- non avesse fatto schifo
sarebbe stato un bel film.
Ma tutto questo, la cara Margherita lo ha riassunto molto meglio e molto più giffosamente di me:
La prima giornata volge al termine (si trattava di Venerdì scorso), e mentre si spengono le insegne anche dell'ultimo caffè che costa 2,50 ditemi perché mi devi spillare i soldi dal portafoglio solo perché accanto a te ci stanno delle sale che fanno film non sarebbe molto meglio essere onesti sempre? CB e Margherita tornano a casa (due case diverse per chi se lo chiedesse, anche se io avrei proposto la stessa, ma niente da fare, noi qui si LA-VO-RA e quindi facciamo i SE-RI, non pensiamo ad AL-TRO! Adriano non ci avevi proprio capito gnente…) e dormono il sonno dei giusti, il Festival si prepara ad attaccare duro con un weekend molto denso, tra Gatti Spaziali, criminalli siculi, narcotrafficanti e monnezza!
Mettete delle margherite nei vostri proiettori!
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