Birdman (o le imprevedibili virtù dell'ignoranza)
Trama: I Am Birdman!
Birdman è un film clamoroso. Clamoroso davvero. Si avvicina pericolosamente al Capolavoro, ma Clamoroso rende meglio. Possiamo da oggi dire Clamoroso invece di Capolavoro?
Il fatto è che con un agile colpo d'ala Birdman scansa l'etichetta facile, perché definire un film "Capolavoro" è solo appioppare un'etichetta, e se è vero come è vero che i critici sono bravi a cucire etichette a film, registi, attori come sarti cinesi - lo fanno perché rende più facile il loro lavoro - è anche vero che gli spettatori le odiano e amano al tempo stesso, quelle etichette, non ci riescono a fare i conti. Le odiano perché li costringono a pensare per etichette, le amano perché definiscono per loro film, registi, attori. Quindi non starò qui a cucire anche io un'etichetta al film, non tanto perché non sia bravo a farlo, ma perché io non vedo nessun critico qui in giro. Voi ne vedete uno? Se lo vedete, sparategli. Criticwatching.
Birdman è un film che parla di tante cose, e lo fa con una dialettica finissima e una regia virtuosistica mai così necessaria: già, è il primo esempio di virtuosismo necessario, un ossimoro. In Birdman il virtuosismo diventa parte integrante del film, come fosse, quello virtuoso e pieno di evoluzioni e di "guardate quanto sono bravo", l'unico modo di essere girato, di essere spiegato, come fosse l'unico modo per filmare un Ego che esplode, implodendo. D'altronde a ben pensarci un Ego non può far altro che implodere.
Proprio come il compadre Cuaron ama tanto fare, anche Iñárritu usa la tecnica del piano sequenza. Ma fa di più, al pari dell'hitchockiano Nodo alla gola o di Arca Russa (film russo che ovviamente non abbiamo visto. Ah, voi avete visto un film russo tutto in piano sequenza? Bravoi.), realizza un unico, lunghissimo, piano sequenza, probabimente il più lungo che memoria ricordi. Ovviamente il piano ha i suoi stacchi ben nascosti da effetti speciali (il più delle volte) invisibili, ma allora sarebbe stato teatro. mentre Birdman è un film. che, guarda un po', parla (anche) di teatro. Ha tramato proprio un buon piano, questo è certo.
Le tante cose di cui ci parla Birdman non sono riassumibili in un discorso fluente, o forse sono io che non riesco a scrivere un unico e lungo discorso sequenza che possa raccontare tutto quello che ho pensato davanti (e dietro, accanto, sopra, sotto) Birdman. Rischiamo di perderci nei ragionamenti e nelle riflessioni.
Ci vuole una lista. Una lista ci vuole sempre.
• Birdman è un film su Batman.
Il fatto è che con un agile colpo d'ala Birdman scansa l'etichetta facile, perché definire un film "Capolavoro" è solo appioppare un'etichetta, e se è vero come è vero che i critici sono bravi a cucire etichette a film, registi, attori come sarti cinesi - lo fanno perché rende più facile il loro lavoro - è anche vero che gli spettatori le odiano e amano al tempo stesso, quelle etichette, non ci riescono a fare i conti. Le odiano perché li costringono a pensare per etichette, le amano perché definiscono per loro film, registi, attori. Quindi non starò qui a cucire anche io un'etichetta al film, non tanto perché non sia bravo a farlo, ma perché io non vedo nessun critico qui in giro. Voi ne vedete uno? Se lo vedete, sparategli. Criticwatching.
Birdman è un film che parla di tante cose, e lo fa con una dialettica finissima e una regia virtuosistica mai così necessaria: già, è il primo esempio di virtuosismo necessario, un ossimoro. In Birdman il virtuosismo diventa parte integrante del film, come fosse, quello virtuoso e pieno di evoluzioni e di "guardate quanto sono bravo", l'unico modo di essere girato, di essere spiegato, come fosse l'unico modo per filmare un Ego che esplode, implodendo. D'altronde a ben pensarci un Ego non può far altro che implodere.
Proprio come il compadre Cuaron ama tanto fare, anche Iñárritu usa la tecnica del piano sequenza. Ma fa di più, al pari dell'hitchockiano Nodo alla gola o di Arca Russa (film russo che ovviamente non abbiamo visto. Ah, voi avete visto un film russo tutto in piano sequenza? Bravoi.), realizza un unico, lunghissimo, piano sequenza, probabimente il più lungo che memoria ricordi. Ovviamente il piano ha i suoi stacchi ben nascosti da effetti speciali (il più delle volte) invisibili, ma allora sarebbe stato teatro. mentre Birdman è un film. che, guarda un po', parla (anche) di teatro. Ha tramato proprio un buon piano, questo è certo.
Le tante cose di cui ci parla Birdman non sono riassumibili in un discorso fluente, o forse sono io che non riesco a scrivere un unico e lungo discorso sequenza che possa raccontare tutto quello che ho pensato davanti (e dietro, accanto, sopra, sotto) Birdman. Rischiamo di perderci nei ragionamenti e nelle riflessioni.
Ci vuole una lista. Una lista ci vuole sempre.
• Birdman è un film su Batman.
Già. Possibile che Birdman sia prima di tutto un film su Batman? Diciamo altamente probabile. Perché non te lo puoi scordare MAI Batman, mentre guardi Birdman. Perché Micheal Keaton - grandioso protagonista di entrambi i film, attore considerato di secondo piano per gran parte della sua carriera, quando non di seminterrato - è Birdman, ma Micheal Keaton è anche Batman, quello "originale", almeno nel nostro immaginario diversamente trentenne, di chi quindi non l'ha vissuto anche in TV a colpi di:
E allora Birdman è Batman. Lo è e sa di esserlo, e se ne fa beffe.
Birdman è un supereroe, col suo bel costume e una maschera spaventevole (chi non ha pensato a Owlman?), ma è prima di tutto la voce nella testa che sa bene cosa fare, sempre;ha una raucedine profonda perché viene da un antro cavernoso qual è il tuo Ego, e non puoi zittirla, mai.
Birdman è la coscienza, Grillo Parlante, Gatto, Volpe e Lucignolo insieme, senza freni del protagonista del film, Riggan Thompson, un attore che un tempo guadagnava miliardi grazie al franchise hollywoodiano dell'UomoPipistrello Uccello. Ma che dico, non un attore, una celebrità.
Questa è uno dei concetti che ti si scolpiscono in testa durante la visione di Birdman (e ce ne sono molti, di questi concetti a cui ripensi anche dopo, la sceneggiatura è summa di grandi verità, sulla vita, sugli uomini, sulle donne, sugli attori e tutto quanto): "Tu non sei un attore. Sei una celebrità".
• Birdman è, a ben guardare, un film sulla critica.
A lanciare questo giudizio che sa di verità assoluta che nessuno aveva il coraggio di svelare è la micidiale critica teatrale del New York Times, lo sputa in faccia a uno spaesato ma agguerrito Riggan, fresco di alcune anteprime andate tra il disastroso e il "voglio ritirarmi per sempre, anzi mi uccido e faccio prima".
Il 2015 ci ha già regalato diversi critici al cinema, d'arte e di teatro, da quello quasi superpotente di Big Eyes (lui blocca i pugni con imperturbabile fissità) a quello mellifluo e fastidioso di Turner (di lui non si capisce dove finisce la sua lingua e inizia il culo dell'artista).
La critica di Birdman non vuole sentire ragioni, anche lei tutta presa dal suo ego inchiostrato lettera per lettera, tutta presa a cucire le sue etichette.
Ce l'ha insegnato Ego (vedi, come tornano le tre letterine che unite diventano giganti, quando parli di critica), il più grande critico che cinema ricordi (anche se era gastronomico, ma insomma, quanti ne devono ingoiare di bocconi amari pure quelli che parlano di film): il critico rischia poco, ma se lo fa, si gioca la carriera, e il personaggio del critico è l'incarnazione del pubblico intero. Piace al critico, piace a tutti. La matematica viene piegata a servizio della firma importante.
Solo nel finale sublime Riggan riuscirà a dimenticarsi della ricerca disperata dell'accettazione del critico, indi del pubblico, volando più in alto delle critiche (in senso letterale e non).
Accettazione peraltro che oggigiorno viaggia ormai solo via wi-fi, sui social network grazie a tweet e video virali
Realtà tecnologiche che Riggan - uomo che vive in un passato non così lontano, ma comunque troppo lontano, che non tornerà più, come i suoi capelli - non sa capire, non sa valutare, per lui 80.000 views in un'ora non valgono l'applauso di uno spettatore seduto in platea.
Volare (tralasciando i significati dei sogni) è uno dei superpoteri più gettonati, ma a Riggan basterebbe, almeno all'inizio, anche solo lievitare quel tanto da non essere come tutti gli altri. Ecco allora che Birdman svela il suo sottotesto: la paura ancestrale che ci portiamo dietro, che ci spinge a fare le cose, essere ricordati per qualcosa di grande, talmente grande che gli spettatori sono costretti a piegare la testa all'insù, per guardarci volare. Ma la realtà è un'altra, ben espressa da Sam, la figlia ex-tossica, futura-tossica, di Riggan
Ma se siamo tutti uomini uccelli, dobbiamo anche gracchiare il nostro disappunto, visto che viviamo in un mondo che ci contiene come una voliera di vetro, una palla senza neve che cela le sbarre nascondendole dietro un cielo azzurro, ma su cui ti spacchi il becco se ci vai contro.
E allora Birdman è Batman. Lo è e sa di esserlo, e se ne fa beffe.
Birdman è un supereroe, col suo bel costume e una maschera spaventevole (chi non ha pensato a Owlman?), ma è prima di tutto la voce nella testa che sa bene cosa fare, sempre;ha una raucedine profonda perché viene da un antro cavernoso qual è il tuo Ego, e non puoi zittirla, mai.
Birdman è la coscienza, Grillo Parlante, Gatto, Volpe e Lucignolo insieme, senza freni del protagonista del film, Riggan Thompson, un attore che un tempo guadagnava miliardi grazie al franchise hollywoodiano dell'Uomo
Questa è uno dei concetti che ti si scolpiscono in testa durante la visione di Birdman (e ce ne sono molti, di questi concetti a cui ripensi anche dopo, la sceneggiatura è summa di grandi verità, sulla vita, sugli uomini, sulle donne, sugli attori e tutto quanto): "Tu non sei un attore. Sei una celebrità".
• Birdman è, a ben guardare, un film sulla critica.
A lanciare questo giudizio che sa di verità assoluta che nessuno aveva il coraggio di svelare è la micidiale critica teatrale del New York Times, lo sputa in faccia a uno spaesato ma agguerrito Riggan, fresco di alcune anteprime andate tra il disastroso e il "voglio ritirarmi per sempre, anzi mi uccido e faccio prima".
Il 2015 ci ha già regalato diversi critici al cinema, d'arte e di teatro, da quello quasi superpotente di Big Eyes (lui blocca i pugni con imperturbabile fissità) a quello mellifluo e fastidioso di Turner (di lui non si capisce dove finisce la sua lingua e inizia il culo dell'artista).
La critica di Birdman non vuole sentire ragioni, anche lei tutta presa dal suo ego inchiostrato lettera per lettera, tutta presa a cucire le sue etichette.
Ce l'ha insegnato Ego (vedi, come tornano le tre letterine che unite diventano giganti, quando parli di critica), il più grande critico che cinema ricordi (anche se era gastronomico, ma insomma, quanti ne devono ingoiare di bocconi amari pure quelli che parlano di film): il critico rischia poco, ma se lo fa, si gioca la carriera, e il personaggio del critico è l'incarnazione del pubblico intero. Piace al critico, piace a tutti. La matematica viene piegata a servizio della firma importante.
Solo nel finale sublime Riggan riuscirà a dimenticarsi della ricerca disperata dell'accettazione del critico, indi del pubblico, volando più in alto delle critiche (in senso letterale e non).
Accettazione peraltro che oggigiorno viaggia ormai solo via wi-fi, sui social network grazie a tweet e video virali
Realtà tecnologiche che Riggan - uomo che vive in un passato non così lontano, ma comunque troppo lontano, che non tornerà più, come i suoi capelli - non sa capire, non sa valutare, per lui 80.000 views in un'ora non valgono l'applauso di uno spettatore seduto in platea.
Volare (tralasciando i significati dei sogni) è uno dei superpoteri più gettonati, ma a Riggan basterebbe, almeno all'inizio, anche solo lievitare quel tanto da non essere come tutti gli altri. Ecco allora che Birdman svela il suo sottotesto: la paura ancestrale che ci portiamo dietro, che ci spinge a fare le cose, essere ricordati per qualcosa di grande, talmente grande che gli spettatori sono costretti a piegare la testa all'insù, per guardarci volare. Ma la realtà è un'altra, ben espressa da Sam, la figlia ex-tossica, futura-tossica, di Riggan
• Quindi Birdman è un film sui supereroi con grandi poteri e responsabilità?
Anche. Birdman parla, anzi pigola, anche dell'imperante potere (super!) che oggi hanno assunto i film con i supereroi nell'industria cinematografica, non solo i cinecomics in quanto tali, ma anche quelli più laterali, dalle commedie ai teen movie fino al cinema più underground, mettere una calzamaglia e una maschera agli attori è diventata una pratica remunerativa e se guardi bene ci sono pochi, pochissimi attori che non hanno mai fatto un cinecomics negli ultimi 10 anni. Un genere che si è mangiato il cinema. Non succedeva da... mai?
E allora ecco che in Birdman si scatenano i superpoteri, quelli veri, quelli di spostare le cose con la forza della mente
o farle esplodere se si vuole alzare un po' l'hype del pubblico pagante che è sempre affamato di effettoni specialoni
Ma sono veri questi poteri? O sono nella mente del suo protagonista? Qui lo schermo si spacca e la strizzata d'occhi che Iñárritu fa allo spettatore è favolosa: puoi crederci, o non crederci. È la parola del tassista conto quella di Riggan.
o farle esplodere se si vuole alzare un po' l'hype del pubblico pagante che è sempre affamato di effettoni specialoni
Ma sono veri questi poteri? O sono nella mente del suo protagonista? Qui lo schermo si spacca e la strizzata d'occhi che Iñárritu fa allo spettatore è favolosa: puoi crederci, o non crederci. È la parola del tassista conto quella di Riggan.
• Birdman è un film sugli attori
Sarebbe meglio dire è un film per gli attori. I tre piani di lettura (sembra quasi un inception) delle recitazioni di tutto il cast sono un effetto droste da mal di testa. Michael recita Riggan che recita Carver. Recito ego sum.
È bello davvero giocare con questi tre piani, noi recitiamo la parte dello spettatore che vede Michael Keaton recitare un attore fallito che recita un amante fallito. Non c'è nulla di vero. Eppure c'è una cosa che Edward Norton - proprio lui, in un grande ritorno dopo anni di Hulk e personaggetti con strani cappelli wesandersoniani - nei panni di un personaggio così complesso, nella sua beota impersonificazione dell'attore che "io sono reale solo sul palco" (tanto reale che gli si rizza dopo sei mesi solo lì, davanti a tutti) dice con fare da Jimmy Dean:
Sarebbe meglio dire è un film per gli attori. I tre piani di lettura (sembra quasi un inception) delle recitazioni di tutto il cast sono un effetto droste da mal di testa. Michael recita Riggan che recita Carver. Recito ego sum.
È bello davvero giocare con questi tre piani, noi recitiamo la parte dello spettatore che vede Michael Keaton recitare un attore fallito che recita un amante fallito. Non c'è nulla di vero. Eppure c'è una cosa che Edward Norton - proprio lui, in un grande ritorno dopo anni di Hulk e personaggetti con strani cappelli wesandersoniani - nei panni di un personaggio così complesso, nella sua beota impersonificazione dell'attore che "io sono reale solo sul palco" (tanto reale che gli si rizza dopo sei mesi solo lì, davanti a tutti) dice con fare da Jimmy Dean:
La verità è sempre interessante. Potrebbe essere un claim di reality show. Capite quindi la bifrontalità? Frasi che possono essere scritte da Platone o da Tiziano Ferro, dipende. Sono così tutti i personaggi, tutte le battute, tutto il film. Sembrano tutti dire cose profondissime, poi ti fermi un attimo e dici "ma che stronzata ha appena detto?"... poi dopo un altro attimo ammutolisci perché quella stronzata è diventata la cosa più importante di tutta la tua vita.
• Allora Birdman è un film sulla vita e tutto quanto.
Vita che una volta finita, è finita.
E cosa rimane di noi? Quello è il punto. Il mistero da scardinare, il velo attraverso cui guardare, la luce da seguire. Moriamo e fine, sipario calato, non c'è replica, per quanto il pubblico possa gridare BIS! (Noi siamo i primi che ne farebbero infinite, di repliche...). E allora l'egoismo (you can't speak egoismo without ego) diventa l'unica via: fare quel qualcosa per cui essere ricordati. Chi è meno egoista fa dei figli, chi è più egoista scrive, filma, recita, scolpisce, scrive tutti i santi giorni dei film che vede.
Esiste egoismo pulito ed egoismo sporco? Sembra farsi questa domanda il film, perché non si chiede certo se esistono persone egoiste e persone non, quella sarebbe una domanda retorica, banale. Qui di banale ci sono solo i personaggi, ognuno, in fondo, solo, diviso tra il personaggio che recita sul palco, quello che recita sullo schermo e quello che recita nella vita reale: Riggan è un attore che cerca disperatamente di dimostrare al mondo (o gli interessa di più quello che pensa lo specchio?) che è un grande attore e non solo un uomo in calzamaglia e piume di struzzo, Sam, la figlia di Riggan (una mai così ipertiroidea Emma Stone, bionda a isterica, umana e sola
cerca l'approvazione del padre passando per l suo odio. Tutti gli altri satelliti impazziti di un cosmo umano prondo a implodere di nuovo.
Non te ne accorgi subito, ci metti un po', ma ecco che, quando arriva l'epifania, vedi chiaramente il quadro intero. Ci sono due palchi, uno è quello nel film, dove gli attori recitano, l'altro è lo schermo, dove gli attori recitano attori che recitano. Tu spettatore, non sei al cinema, sei a teatro. E questa foto promozionale forse dice più di quanto dovrebbe
• Allora Birdman è un film sulla vita e tutto quanto.
Vita che una volta finita, è finita.
E cosa rimane di noi? Quello è il punto. Il mistero da scardinare, il velo attraverso cui guardare, la luce da seguire. Moriamo e fine, sipario calato, non c'è replica, per quanto il pubblico possa gridare BIS! (Noi siamo i primi che ne farebbero infinite, di repliche...). E allora l'egoismo (you can't speak egoismo without ego) diventa l'unica via: fare quel qualcosa per cui essere ricordati. Chi è meno egoista fa dei figli, chi è più egoista scrive, filma, recita, scolpisce, scrive tutti i santi giorni dei film che vede.
Esiste egoismo pulito ed egoismo sporco? Sembra farsi questa domanda il film, perché non si chiede certo se esistono persone egoiste e persone non, quella sarebbe una domanda retorica, banale. Qui di banale ci sono solo i personaggi, ognuno, in fondo, solo, diviso tra il personaggio che recita sul palco, quello che recita sullo schermo e quello che recita nella vita reale: Riggan è un attore che cerca disperatamente di dimostrare al mondo (o gli interessa di più quello che pensa lo specchio?) che è un grande attore e non solo un uomo in calzamaglia e piume di struzzo, Sam, la figlia di Riggan (una mai così ipertiroidea Emma Stone, bionda a isterica, umana e sola
cerca l'approvazione del padre passando per l suo odio. Tutti gli altri satelliti impazziti di un cosmo umano prondo a implodere di nuovo.
Non te ne accorgi subito, ci metti un po', ma ecco che, quando arriva l'epifania, vedi chiaramente il quadro intero. Ci sono due palchi, uno è quello nel film, dove gli attori recitano, l'altro è lo schermo, dove gli attori recitano attori che recitano. Tu spettatore, non sei al cinema, sei a teatro. E questa foto promozionale forse dice più di quanto dovrebbe
Eppure, qualcosa stona, e per una lampante volontà (sto dicendo che la qualità del film è proprio questa: quella che stona, è una nota voluta): tutto e tutti sono dei banalissimi stereotipi, delle etichette. Ma come, non eravamo partiti proprio dicendo che non c'è bisogno di etichette?
• Birdman, infine, è un film su Raymond Carver.
E questo è l'unico punto su cui il mio sproloquio di interrompe. Perché in una virtuosa imprevedibilità ignorante, non ho mai letto una singola riga di Carver (e non mi piacevano neanche le copertine, se è per questo).
Però qualcuno mi ha detto che la presenza dello scrittore si sente eccome, e non solo per la piece teatrale che porta il suo titolo e nome, ma per l'aver delineato personaggi con grandi problemi e una banalità di fondo nell'affrontarli. E viceversa, piccoli problemi e piglio da tragedia greca nel trovare una soluzione. Supereroi carveriani.
• Birdman, infine, è un film su Raymond Carver.
E questo è l'unico punto su cui il mio sproloquio di interrompe. Perché in una virtuosa imprevedibilità ignorante, non ho mai letto una singola riga di Carver (e non mi piacevano neanche le copertine, se è per questo).
Però qualcuno mi ha detto che la presenza dello scrittore si sente eccome, e non solo per la piece teatrale che porta il suo titolo e nome, ma per l'aver delineato personaggi con grandi problemi e una banalità di fondo nell'affrontarli. E viceversa, piccoli problemi e piglio da tragedia greca nel trovare una soluzione. Supereroi carveriani.
Ho detto tutto? Ho detto davvero tutto quello che volevo dire? Ho tirato e mollato questa recensione per una settimana, anche più (ho visto il film il giorno in cui è uscito) eppure mi sembra di aver tralasciato tante cose. Forse le più importanti?
Dei macchinisti onnipresenti che girovagano per le quinte e che sono spettatori inermi delle piccole grandi tragedie (pirandelliane si può dire?) dei protagonisti ne ho parlato?
Della trasognante (pare un film di Noe) scena che pare un'epifania di Riggan circondato da tutte le lucette e che invece era solo per fare un tuffo dove l'alcool è più brut ne ho parlato?
Di Moussakone ormai dimagrito e anche bravo?
Del fatto che nella sceneggiatura originale doveva essere Johnny Depp in un camerino con dietro la locandina di un suo franchise miliardario sui pirati che si guardava allo specchio e una voce gli chiedeva "come siamo finiti in questo buco di culo?" l'ho detto?
Dell'utilizzo finissimo della colonna sonora, anche questa quasi un flusso continuo che accompagna tutto il film, un'incessante assolo di batteria (chissà se ha studiato da Simmons) che dà il tempo ai movimenti di camera. Splendido poi quando lo stesso batterista supera i confini del filmico ed eccolo lì, in scena, diventando in pratica il cinema dell'assurdo, l'ho detto? Non riesco a dire tutto, ho tutto in testa ma non riesco a scriverlo. Facciamo che distraiamo me e voi con il ricordo che in fondo, nonostante tutta l'importanza che gli diamo, siamo solo attori (protagonisti... poi se del nostro film o quell odi qualcun'altro non c'è dato sapere) che fanno cose sceme tipo questa:
Tutto sta nel cercare di essere attori da Oscar.
Ancora non distratti? Che ne dite di qualche illustraposter?
A proposito di oscar, manca una manciata di notti e arrivano. Anche quest'anno. Ieri parlavamo di Attori Non Prota. Continuiamo con gli Attori Prota e le Attrici Non Prota.
Micheal Keaton è stellare, perfetto, perfetto due volte perché la meta-interpretazione + grande ritorno (al pari di quel John Travolta tarantiniano - praltro lo stesso Keaton era capitato tra le grinfie del Tarantino santo che monda le carriere del mondo, ma senza successo - e di Mickey Rourke wrestler) è sempre più affascinante di una buona interpretazione che però ti aspetti. Però vincerà Eddie, che abbiamo amato, nonostante l'handicapp (!) di fare per l'ennesima volta la mia ruota sinistra. Gli altri sono Steve Carell (bravo, ma il make-up aiuta troppo), Benny (al di sotto delle sue capacità) e lo scandalo ambulante che risponde al nome di Bradley Cooper col fucile (sinceramente, a chi fa i pompini/cunnilingus (è uguale) Bradley Cooper per avere avuto TRE candidature consecutive?).
Le attrici Non Prota secondo me se la giocano tantissimo. Emma è brava, ma credo sia stata fortunata a capitare in un film amato dall'Academy (ma chi so st'Academy? Io ancora lo devo capire...). Se vince Meryl Streep siamo al parodistico. Laura Dern? Non saprei. La candidatura a Keira l'ho presa come un affornto e un'offesa diretti alla mia persona. Vincerà Patricia Arquette per Boyhood, molto meritatamente (non chiedete vi ho detto).
Uff. Fine. Madonna quanto ci ho messo a scrivere tutta questa recensione, perché ad ogni rilettura si affastellavano pensieri nuovi, voglia di rivedere il film, elementi e ricordi.
Che volete farci, sono le prevedibili virtù dell'intelligenza.
Ancora non distratti? Che ne dite di qualche illustraposter?
A proposito di oscar, manca una manciata di notti e arrivano. Anche quest'anno. Ieri parlavamo di Attori Non Prota. Continuiamo con gli Attori Prota e le Attrici Non Prota.
Micheal Keaton è stellare, perfetto, perfetto due volte perché la meta-interpretazione + grande ritorno (al pari di quel John Travolta tarantiniano - praltro lo stesso Keaton era capitato tra le grinfie del Tarantino santo che monda le carriere del mondo, ma senza successo - e di Mickey Rourke wrestler) è sempre più affascinante di una buona interpretazione che però ti aspetti. Però vincerà Eddie, che abbiamo amato, nonostante l'handicapp (!) di fare per l'ennesima volta la mia ruota sinistra. Gli altri sono Steve Carell (bravo, ma il make-up aiuta troppo), Benny (al di sotto delle sue capacità) e lo scandalo ambulante che risponde al nome di Bradley Cooper col fucile (sinceramente, a chi fa i pompini/cunnilingus (è uguale) Bradley Cooper per avere avuto TRE candidature consecutive?).
Le attrici Non Prota secondo me se la giocano tantissimo. Emma è brava, ma credo sia stata fortunata a capitare in un film amato dall'Academy (ma chi so st'Academy? Io ancora lo devo capire...). Se vince Meryl Streep siamo al parodistico. Laura Dern? Non saprei. La candidatura a Keira l'ho presa come un affornto e un'offesa diretti alla mia persona. Vincerà Patricia Arquette per Boyhood, molto meritatamente (non chiedete vi ho detto).
Uff. Fine. Madonna quanto ci ho messo a scrivere tutta questa recensione, perché ad ogni rilettura si affastellavano pensieri nuovi, voglia di rivedere il film, elementi e ricordi.
Che volete farci, sono le prevedibili virtù dell'intelligenza.
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