A questo punto ci doveva essere tutta una cosa bellissima pazzesca ma siccome non c'è e forse non ci sarà mai perché, ehy, non puoi sempre avere quello che vuoi, passiamo subito alla prima recensione di Margherita. Questa qui:
Devo dire che il rosa le dona, alla Margherita.
Io intanto me ne andavo a vedere il più americano dei film americani presentati. Strano che Monda non abbia fatto una selezione del tipo FESTE DEL CINEMA AMERICANO DI ROMA 2015. Per inciso non avrei avuto nulla in contrario, figurati, anzi l'ho appena incontrato e gli volevo proprio proporre (propriorre quindi) di togliere, così, in un colpo solo, tutti i film non americani dal fest. Era un'idea. Un'idea folle, ma molto poetica, come quella raccontata in:
The Walk
C'è un documentario di qualche anno fa (2009), si chiama Man on Wire e racconta la più incredibile delle imprese: tendere un cavo da una Torre Gemella all'altra e poi camminarci sopra. Bisogna essere un funambolo per tentare una cosa simile, e anche totalmente fuori di testa. Lo fece Philippe Petit. Ma non lo fece solo nella finzione filmica
Lo fece davvero veramente.
Ora Il Pippa (riassumendo "il Pippa" per chi non avesse letto CB negli ultimi sei anni, trattonsi di Robert Zemeckis, lui in tutta la sua intelligenza 3D:
Passata la parentesi motion graphic (gli hanno proprio chiuso gli uffici alla fine, troppe spese per le palline da ping pong da mettere addosso agli attori) è tornato ai film in cane e ossa, ma senza dimenticare gli effettoni speciali.
Infatti tutto The Walk l'hanno girato così:
Ma poi perché non hanno usato le Tor... ah. già.
Ecco. La cosa che rende molto minore la carica emotiva di The Walk rispetto a quella che trascinava Man on wire (e non solo per la finzione cinematografica vs realtà documentaristica, visto che nel doc (EHY DOC!) c'erano anche inserti recitati) è che in questo le torri sono troppo importanti.
Voi direte eggrazziearca, questo ha fatto questa passeggiata in cielo tra due grattacieli ci mancherebbe che non erano importanti. Ma è la solita pecca americana di carica di simbolici spiegoni anche quei simboli a cui non serve nessunissima spiegazione.
Vedi le due torri e sai, ricordi, hai perfettamente in testa quello che è successo, e attenzione, non perché negli ultimi 15 hai rivisto la scena mille volte, no, ricordi esattamente il momento in cui lo stavi guardando la prima volta.
Non c'è bisogno di aggiungere altro. Basta la loro presenza a caricare ogni inquadratura dove appaiono di un'energia potentissima.
Zemeckis invece indugia, indugia tantissimo: ci sono biglietti con l'accesso esclusivo alla terrazza panoramica che recano la dicitura "per sempre" e ovviamente quel "per sempre" non è sempre mai, ci sono inquadrature che corrono sulle lamiere in lungo e largo, ci sono, nella scena finale, quella della traversata, tutte le vertigini (anche quelle dei capelli assurdi di Gordon Levitt)
che solo gli effetti speciali (o se all'epoca fossero esistiti dei droni) possono regalare
C'è il 3D, che serve (come già era servito in film come Avatar e Vita di Pi) non solo a lanciarti la roba addosso. Non solo:
Ma ci sono anche tante cose che proprio non vanno.
Non è solo il rimarcare la tragedia del 9/11 con patriottica melensaggine a rendere il film una brutta copia del suo predecessore (che non indugiava mai nel pietismo da torri gemelle), ma dà fastidio anche tutto l'impianto da commedia (quasi) degli equivoci, dove si cerca di far ridere molto (con personaggi ai limiti della macchietta, dall'onnipresente Ben Kingsley con l'accento strano - questa cosa degli accenti gli sta prendendo la mano, anche Gordon recita in frenchinglish - agli amici strafattoni al mefistofelico basista), e una colonna sonora che alterna come fosse suonata da un pessimo deejay musichette alla Henry Mancini a temi che sembrano usciti da Forrest Gump.
The Walk non mancherà di emozionare (vi piace quando uso queste forme da critico che non si impegna? Disimpegno, lo fa CB quando ha dormito tre ore.) chi di Petit non aveva mai sentito parlare, ma rimane sospeso (!) tra una commedia senza verve e un biopic che vive troppo all'ombra del suo regista, ormai senza più mordente.
Invece un pochetto di mordente ce l'ha questa pischella francese che si chiama Charlotte LeBon.
Si chiama proprio così.
Ah. Ho visto - per sbaglio - anche un film francese. Si chiama
Les Rois Du Monde
ED È UNA MERDA! Anzi sè en mérd!
Vorrei fare una delle mie recensioni in francese che è l'unica lingua che mi permette di raccontare quanto fa schifo il cinema francese quando fa schifo.
Ma non ho tempo. Preferisco vivere.
Dico solo che nel film ci sta Eric Cantonà che fa il buono. La vittima. Eric Cantonà. Lui:
Se non avete capito vi metto una diapositiva.
Questi sono i film che rovinano i festival, fatevelo dire. Ci sono film che non trovano la distribuzione semplicemente perché NON SE LA MERITANO!
Torniamo a Margherita che oggi aveva delle cartucce molto più potenti delle mie.
La stanchezza inizia a farsi sentire, vi avverto. Se la prossima recensione è fatta solo di zzzz e scarabocchi non dite che non potevate aspettarvelo.
Ma tanto domani vi beccate l'anteprima di Del Toro, quindi.
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