Non che mi
sia mai successo, ovvio, io penso ai film e solo ai film! Ma quando ti
ritrovi in fila inizi a vedere che tutto quello scambio di opinioni sui
film si trasforma presto in uno scambio di biglietti da visita, mail e
telefoni con la malcelata speranza che si trasformi in uno scambio di
fluidi corporei al più presto, anche in sala se possibile, soprattutto
se il film è noioso.
Quest'anno ad esempio ho avuto un vero colpo di fulmine, mi sono innamorato di Crudelia DeMon! Eccola!
Ah. Non è Crudelia DeMon? Giusto giusto! Scusate, non l'avevo riconosciuta, è il Fantasma dell'Opera. No? COSA!? È la proprietaria di CIAK!? Annamo bene...
Come va proprio "annamo bene" il cinema itaGliano. Che ormai stiamo raschiando il fondo del barile si capisce sin dalla tristissima (e stracopiata) locandina di:
Dobbiamo parlare
Quest'anno ad esempio ho avuto un vero colpo di fulmine, mi sono innamorato di Crudelia DeMon! Eccola!
Come va proprio "annamo bene" il cinema itaGliano. Che ormai stiamo raschiando il fondo del barile si capisce sin dalla tristissima (e stracopiata) locandina di:
Dobbiamo parlare
Trama: Parlamm' n'se capimm'
Il cinema itaGliano è in piena crisi economica. Ma non si dà per vinto, il cinema itaGliano, e si ostina a fare film. Ma non avendo soldi le deve pensare tutte per fare film a basso costo.
Così il cinema itaGliano ha deciso di fare solo remake di Carnage.
4 attori + una casa possibilmente molto bella (di proprietà probabilmente di qualcuno che è in crisi economica pure lui e quindi affitta la casa al cinema itaGliano il tempo delle riprese andando a dormire nella sua altra casa al mare o in barca) + chiacchiere infinite.
Dite che non è così? Forse perché vi siete già scordati (beati voi) de I nostri ragazzi e de Il nome del figlio: stessa. identica. cosa.
Si comincia con 4 chiacchiere superficiali, con le coppie contrapposte in 2 incasinati che si odiano vs 2 perfettini che si amano e si finisce che gli incasinati sono meglio perché i perfettini si odiano uguale ma non se lo dicono e tempo la fine del film le parti si sono invertite.
Tutto già visto, tutto già scritto.
"E se anche fosse?" direte voi... ma certo! Se anche fosse scritto benissimo sarebbe bello uguale! Peccato che qui ci sta Sergio Rubini (uno dei più egocentrici finti timidi che la storia ricordi) che scrive, dirige e interpreta credendosi Woody Allen (soprattutto l'interpretazione, da denuncia) e tutto è una tiritera banalissima e didascalica sulla destra vs sinistra, su vegetariani vs carnivori, su amore vs sesso, su intellettuali vs professionisti arricchiti, su uomo vs donna.
Si salva solo Fabrizio Bentivoglio, e per le sue grandissime doti di attore, forse l'unico italiano capace di passare con egual bravura in mille registri diversi, dal surreale di Sorrentino al comico-umano di Virzì) e perché effettivamente appena apre bocca fa ridere (a ennesima dimostrazione che la destra facilona e verace fa ridere sempre).
Entrambe le attrici sarebbero da sbattere al muro, in particolare la Ragonese cane bastonato, pare stia a un saggio del corso di recitazione di quartiere.
Parlare, parlare, parlare... ma guarda che se tu decidi di farmi un film tutto parlato, perché magari pensi che sia anche più facile, ah quanto sbagli: devi saper scrivere dieci volte meglio, non hai niente intorno che ti possa aiutare.
Avrebbero dovuto pensarci, quantomeno parlarne, anche gli sceneggiatori di
The End of the Tour
Trama: Infinite rest
Il film racconta di un giornalista di Rolling Stone (Jesse Eisenberg che fa il Jesse Eisenberg, ma non si è stancato di guardare se stesso seduto a un computer?) che va a fare un'intervista a David Foster Wallace (Jason Segel, esatto, quel Jason Segel
che fa Wallace, anche bene devo ammettere:
Poi i due iniziano a parlare, ma mentre uno discerne, l'altro chiacchiera.
Finalmente inizia la discussione, che diventa subito analisi dialettica.
Ad un certo punto il primo fa "Oh. Posso dire una cosa?" e l'altro risponde "No. Non vedi che sto sparlando di una cosa".
Poi iniziano a comunicare, affermando discorsi e proclamando grandi verità.
Sussurrano a volte, gridano altre, sempre usando l'arte del verbo.
Finite le cose da dire, iniziano poi quelle da analizzare.
A quel punto succede l'inverosimile, i due stanno in silenzio
ma giusto il tempo di preparare la nuova conversazione.
Insomma, una grandissima rottura di palle. Intendiamoci, sempre legandoci al discorso di prima, non è che un film molto parlato mi sconvolga, anzi, ma se decidi di percorrere quella via impervia (che ha anche un senso, trattandosi di una storia vera di uno che ha scritto un libro di 8 milioni di pagine), ma sai quanto ti devi sforzare per tenermi alta l'attenzione? Ma tanto!
Non puoi farmi tutto regionamenti sui minimi sistemi, tristezza, depressione, neve, qualcosa di interessante me lo devi anche dire, almeno una cosa, una!
Dite che non aver letto neanche una singola pagina mai scritta da Wallace non aiuta a capire se il film è nelle sue corde? Possibile, io so solo che durante la proiezione quelli seduti in platea si sono lamentati perché le palle di quelli seduti in galleria gli sono cadute in testa.
Oggi chiudiamo - si oggi si chiude senza una rece di Margherita, non fatevi domande, chiudere un occhio, chiudere anche l'altro e fate finta che c'era - con un film piccino picciò, girato da un regista che (a questo punto forse è meglio usare il passato) è stato uno dei più geniali e inventivi registi contemporanei, quel Michel Gondry che ha fatto della fantasia il suo marchio di fabbrica (avete presente Michel Gondry no? Ne parlammo tantissimo qui e qui). Il suo ultimo film - mi sono perso quello prima, sarà che c'è Amelie e parla d'amore, come sapete non sono due temi a me molto cari - si intitola:
Microbe e Gasoile
Trama: œuf à la coque
Che è un film molto carino, molto delicato, con due bambini attori bravissimi, forti di quella naturalezza di bambini che non recitano, piuttosto dicono le cose come le direbbero al compagno di banco, e racconta una storia di amicizia tra le più classiche (infatti il rimando a Ovosodo non è casuale): Microbe è un quattordicenne timido e delicato, bassetto (da qui "microbo"), che tiene i capelli lunghi per affermare la propria identità, ma per questo viene spesso scambiato per una ragazzina, disegna con personalità da artista
vive in una famiglia normalmente matta (come lo sono tutte le famiglie): la madre (di nuovo Amelie, che sta invecchiando pure lei) è un po' isterica, il padre un po' assente, i fratelli diversissimi da lui (appassionato di calcio uno, punk l'altro). Un giorno in classe arriva Gasoile, chiamato così perché puzza sempre di benzina, visto che ogni mattina prima di andare a scuola aiuta il padre ad aggiustare moto. È uno di quelli che però se ne frega di quello che pensano gli altri, un libero pensatore, di quelli che ammiri e vorresti essere come loro, anche se dietro quella rivoluzionaria indipendenza nascondono anche loro una famiglia problematica.
I due stringono un'amicizia viscerale e si lanciano in un folle progetto, costruire una casa su 4 ruote e andare in giro per la Francia.
Lo fanno e partono.
Da quel momento - come ogni filmon the road su la route che si rispetti - i due faranno diversi incontri e consolideranno ancora di più la loro amicizia e personalità.
Carino, come detto, proprio delicato e rispettoso per quell'età difficilissima (la prepubertà, vi ricordate il pulsante di Inside Out, no?), ma primo di quella cifra stilistica gondryana che ci si aspetterebbe.
Ok, è anche vero che magari, dopo vent'anni di follie visive, di video capolavori (e di film anche un po' deludenti, secondo me Gondry non si è più ripreso da quella volta che fece quel film orribile), ti può anche prendere bene fare un film piccino picciò senza effetti speciali, ma anche un pochino di giochi di regia in più non sarebbero guastati.
Di certo, per accomunarlo con un altro film di un regista francese molto fantasioso che parla di un ragazzino che piglia, prende e parte di nascosto dai genitori, è meglio di Spivet, anche perché i ragazzini sono davvero bravi.
A domani con il penultimo episodio dello specialone anche troppo lungo dedicato alla Festa del Cinema di Roma che ormai è già finita e nessuno si ricorda più che è esistita.
che fa Wallace, anche bene devo ammettere:
Che dite lo straccio in testa può tornare di moda?
E insomma per tutto il film il giornalista chiede, Wallace risponde. Poi i due iniziano a parlare, ma mentre uno discerne, l'altro chiacchiera.
Finalmente inizia la discussione, che diventa subito analisi dialettica.
Ad un certo punto il primo fa "Oh. Posso dire una cosa?" e l'altro risponde "No. Non vedi che sto sparlando di una cosa".
Poi iniziano a comunicare, affermando discorsi e proclamando grandi verità.
Sussurrano a volte, gridano altre, sempre usando l'arte del verbo.
Finite le cose da dire, iniziano poi quelle da analizzare.
A quel punto succede l'inverosimile, i due stanno in silenzio
ma giusto il tempo di preparare la nuova conversazione.
Insomma, una grandissima rottura di palle. Intendiamoci, sempre legandoci al discorso di prima, non è che un film molto parlato mi sconvolga, anzi, ma se decidi di percorrere quella via impervia (che ha anche un senso, trattandosi di una storia vera di uno che ha scritto un libro di 8 milioni di pagine), ma sai quanto ti devi sforzare per tenermi alta l'attenzione? Ma tanto!
Non puoi farmi tutto regionamenti sui minimi sistemi, tristezza, depressione, neve, qualcosa di interessante me lo devi anche dire, almeno una cosa, una!
Dite che non aver letto neanche una singola pagina mai scritta da Wallace non aiuta a capire se il film è nelle sue corde? Possibile, io so solo che durante la proiezione quelli seduti in platea si sono lamentati perché le palle di quelli seduti in galleria gli sono cadute in testa.
Oggi chiudiamo - si oggi si chiude senza una rece di Margherita, non fatevi domande, chiudere un occhio, chiudere anche l'altro e fate finta che c'era - con un film piccino picciò, girato da un regista che (a questo punto forse è meglio usare il passato) è stato uno dei più geniali e inventivi registi contemporanei, quel Michel Gondry che ha fatto della fantasia il suo marchio di fabbrica (avete presente Michel Gondry no? Ne parlammo tantissimo qui e qui). Il suo ultimo film - mi sono perso quello prima, sarà che c'è Amelie e parla d'amore, come sapete non sono due temi a me molto cari - si intitola:
Microbe e Gasoile
Che è un film molto carino, molto delicato, con due bambini attori bravissimi, forti di quella naturalezza di bambini che non recitano, piuttosto dicono le cose come le direbbero al compagno di banco, e racconta una storia di amicizia tra le più classiche (infatti il rimando a Ovosodo non è casuale): Microbe è un quattordicenne timido e delicato, bassetto (da qui "microbo"), che tiene i capelli lunghi per affermare la propria identità, ma per questo viene spesso scambiato per una ragazzina, disegna con personalità da artista
vive in una famiglia normalmente matta (come lo sono tutte le famiglie): la madre (di nuovo Amelie, che sta invecchiando pure lei) è un po' isterica, il padre un po' assente, i fratelli diversissimi da lui (appassionato di calcio uno, punk l'altro). Un giorno in classe arriva Gasoile, chiamato così perché puzza sempre di benzina, visto che ogni mattina prima di andare a scuola aiuta il padre ad aggiustare moto. È uno di quelli che però se ne frega di quello che pensano gli altri, un libero pensatore, di quelli che ammiri e vorresti essere come loro, anche se dietro quella rivoluzionaria indipendenza nascondono anche loro una famiglia problematica.
I due stringono un'amicizia viscerale e si lanciano in un folle progetto, costruire una casa su 4 ruote e andare in giro per la Francia.
Lo fanno e partono.
Da quel momento - come ogni film
Carino, come detto, proprio delicato e rispettoso per quell'età difficilissima (la prepubertà, vi ricordate il pulsante di Inside Out, no?), ma primo di quella cifra stilistica gondryana che ci si aspetterebbe.
Ok, è anche vero che magari, dopo vent'anni di follie visive, di video capolavori (e di film anche un po' deludenti, secondo me Gondry non si è più ripreso da quella volta che fece quel film orribile), ti può anche prendere bene fare un film piccino picciò senza effetti speciali, ma anche un pochino di giochi di regia in più non sarebbero guastati.
Di certo, per accomunarlo con un altro film di un regista francese molto fantasioso che parla di un ragazzino che piglia, prende e parte di nascosto dai genitori, è meglio di Spivet, anche perché i ragazzini sono davvero bravi.
A domani con il penultimo episodio dello specialone anche troppo lungo dedicato alla Festa del Cinema di Roma che ormai è già finita e nessuno si ricorda più che è esistita.
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