The Dressmaker - Il diavolo è tornato
Trama: Kate ross
Non so se mi mette più tristezza pensare al film così com'è venuto fuori o al fatto che - almeno in ItaGlia - tentino disperatamente di venderlo come una sorta di Diavolo veste Prada reloaded.
No perché vi assicuro che se c'è qualcosa di LONTANO da Il diavolo veste Prada (che per inciso considero un grandissimo film, per quel che voleva essere ed è), quel qualcosa è proprio The Dressmaker.
E la tristezza di questo tipo di comunicazione destinata a un pubblico che viene percepito un po' scemo fa scopa con tutte quelle credenze imprenditoriali (che sono un po' come le credenze popolari solo che declinate ai capi d'azienda) che si muovono sulla base di un gigantesco: "che cazzo vuoi che ne capiscano? Vendijelo come fosse er diavolo veste prada sinno nun se lo va a vede nessuno" (uso il romanesco perché rende bene l'idea della peracottaggine, ma ovviamente vale anche per imprenditori brianzoli, meneghini, catanesi o qualsiasi altro luogo).
Non è brutto quando le cose sono fatte così? Soprattutto quando, vi assicuro, non c'era per niente bisogno, perché un pubblico per questo genere di film c'è! C'è eccome, si chiamano sessantenni, al limite settantenni, e sarebbero stati felicissimi di venire a vedere un film venduto per quello che è: un film ambientato in AUSTRALIA (che non è l'America), in un paesino di 8 case e 15 abitanti (che non è New York), con una protagonista che torna in questo paesino dopo essere stata esiliata con un'accusa gravissima e diventa quindi centro delle malelingue (che non è una ragazza alle prime esperienze professionali), ma essendo una bravissima sarta e una donna virtuosa riesce in qualche modo a guadagnare i favori dei più assennati tra i pochi abitanti (che non è come andare a lavorare in una rivista di moda diretta da un'arpia), e alla fine tra un amore e una tragedia riesce a riabilitare il suo nome e vendicarsi di chi le voleva male (che non è capire che la propria vita personale è più importante del proprio lavoro... in effetti questo è l'unico punto de Il diavolo veste Prada che non mi è mai piaciuto). C'è anche il tempo di mettere il gay comic relief:
Povero Agente Smith.
Pensa che poi la sessantenne contenta di essere andata a vedere un film come voleva lei, sarebbe andata a comprare anche il libro, che a me hanno dato in regalo, e io ho subito passato a madre broccola, ovviamente
Insomma vendere The Dressmaker come un film sulla moda e sulla vendetta al femminile, con quel sottotitolo irritante, è fastidioso ma ancor di più sbagliato. Perché controproducente: una ragazzina che andrà a vederlo rimarrà delusa e dirà alle sue amichette "ahò io m'aspettavo 'na cosa de moda, 'na cosa de classe, 'na cosa tutta fashionblogger amò, e invece non c'ho capito gnente, ho visto solo terra secca e baracche de legno, amò. Giusto guarda ce stava un fico ma manco me ricordo come se chiama, amò"
Per inciso è il fratellino di Thor
e sul finale di film fa veramente ma veramente una delle figure più da scemo che io ricordi. E ne ho visti di scemi... Non posso spoilerare perché magari siete sessantenni e andrete a vedere questo film, ma se uno che abita da sempre in campagna non sa che non bisogna andare dentro "quel" posto, allora quello che succede te lo meriti tutto...)
D'altro canto, la sessantenne vedrà la locandina e la pubblicità e probabilmente si sentirà lontana dalla ragazzina di cui sopra e non l'andrà a vedere, preferendo un qualunque film ambientato in medio oriente con qualche donna costretta a sposare qualcuno e grande tristezza che ne consegue.
Il film comunque è semplicemente brutto, almeno per me che non sono né una teenager né una sessantenne, anche se non ho niente contro nessuna delle due, anzi, siete tutte libere di scrivermi quando volete
Ma più che brutto irrisolto. Un po' commedia, un po' drammone, con tanti fili tirati senza armonia, senza una strada decisa, affossato da un montaggio criminale e un andameto a ottovolante che annoia e infastidisce; proprio così, certe scene dormi, altre, migliori nel ritmo, sono però terribilmente seccanti. È una storia d'amore? Anche. È una storia di vendetta? Anche. È una storia di sentimenti famigliari? Anche. È una commedia degli equivoci? Anche. È un dramma di confine? Anche. Anche troppo.
C'è da aprire il capitolo Kate Winslet.
Ultimamente la bella (oh, per me è proprio bella) Kate sta tentando film un po' lontani dalle sue solite corde. Fa la cattiva, la cattivissima, la giardiniera del re, la polacca... e rimane sempre un gradino sopra la media generale. Peccato che in questo film non sia aiutata da una regia che ne valorizzi le doti, tra cui non spicca la vis comica (vi ricorderete la sua partecipazione al film che tutti avete voluto dimenticare), che invece qui viene largamente richiesta, arrivando a scene che più che divertire mettono quel tipo di tristezza che ti fanno abbassare la testa e muoverla piano a destra e sinistra come a dire "ma perchè?"
Per festeggiarla comunque ritiro fuori la rubrichetta BIOGRAGIFIA, tanto perché era troppo tempo che non vi bloccavo i computer:
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