La pazza gioia
Trama: Questa pazza pazza pazza pazZiente
Riprendendo un attimo il discorso lasciato in sospeso venerdì scorso (venerdiscorso, quindi. Quanto è venuta bene questa. Sono molto soddisfatto.) sui meme e sulle frasi che sono state scritte altrove e altrove hanno il loro significato ben preciso e poi vengono estrapolate e appiccicate in contesti che tutto ti immagineresti tranne il loro essere adatti a ospitare frasi con un peso specifico importante (si capisce che sto cercando in tutti i modi di demonizzare l'inconsistenza dei social per dare più peso alla dimensione sito, che contraddizione in termini... No! Io NON LO VOGLIO fare il microblogging. Voglio scrivere fiumi di parole, fiumi di parole per noi. Chiamatemi pazzo.), mi viene in mente questa citazione, che leggo spessissimo in ogni dove, da foto con intorno le rose virate in blu o dei cavalli che corrono su una spiaggia
a status sui vari profili (finanche quelli dove "ehy ciao scopiamo come hai detto che ti chiami?") o magari te la tatui pure su tutta tutta la schiena non dimenticare neanche un pezzetto.
a status sui vari profili (finanche quelli dove "ehy ciao scopiamo come hai detto che ti chiami?") o magari te la tatui pure su tutta tutta la schiena non dimenticare neanche un pezzetto.
Insomma la citazione è questa:
“Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh”
“Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh”
L'ha scritta Kerouac, in un libro specifico, frutto di esperienze specifiche (peraltro la maggior parte sotto benzedrina, voi ve la siete mai fatta la benzedrina? Io no, per questo non la cito mai 'sta frase.) e se ti giri, ti bastano due clic, vedrai che la trovi. Forse, chissà, da qualche parte l'hai messa pure tu.
Ecco. Allora. Una cosa. Ribadisco (l'avevo già iniziato per l'ultimo Alice, questo discorso) che essere pazzi fa schifo al cazzo.
Sono troppo esagerato io se penso che sia quasi imperdonabile la leggerezza con cui si usa la parola pazzo (come quella con cui si usa la parola genio, eh)?
Breaking News: essere pazzi non è farsi i capelli rosa, non è essere un po' fuori da coro, non è essere strambi, non è neanche vivere un po' al di là di quello che può essere definitivo socialmente accettabile (tipo che ne so, ritirarsi in una malga isolata o prendere e partire per un viaggio senza meta), essere pazzi, pazzi veri, fa schifo. Fa proprio schifo al cazzo.
Fate conto che lo so e basta.
Tutto il preambolo degno di un Basaglia de' noantri solo per dire che approcciarsi a La pazza gioia non è stata proprio una passeggiata di salute (mentale), ecco.
Perché Virzì non tradisce (quasi) mai le aspettative, quindi già stavo pronto con "madonna bischera che pesantata sarà"; infatti m'ha dato una botta non da poco.
Il film è bello, non bellissimo come i suoi bellissimi (Prima cosa e Capitale rimangono nel gotha oggettivo, Ovosodo in quello personale), ma di quella bellezza tenera, educata, intelligente e mai mortifera anche negli argomenti più pesanti che solo Virzì sa avere.
Non c'è bisogno di ripetere che Virzì sa far recitare anche i sassi - proprio lui prende un sasso e quello dopo sei mesi vince un David di Donatello, ma non come Miglior Sasso, proprio come Miglior Attore (Miglior Sasso lo vince Toni Servillo per Vita a Matera 2) - ma questa volta c'è qualcosa in più, riesce in una sorta di miracolo: Valeria Bruni Tedeschi si rivela un'attrice incredibile, piena di sfumature, esilarante e profonda, e vi assicuro che mai e poi mai avrei pensato di dire una cosa del genere della Bruni Tedeschi.
Le prove generali le avevano già fatte nel Capitale umano, dove lei era una signora dell'alta (ma bassissima, in effetti) società brianzola, ma senza il quid della pazzia.
Aggiungetela, la pazzia (fatta di manie persecutorie miscelate a entusiasmi eclettici, istrionismo egocentrico e down depressivi abissali... ve l'ho detto che fa schifo al cazzo), e un personaggio bellissimo vi si para davanti agli occhi, si carica tutto, ma proprio tutto, il film sulle spalle e se lo porta dove vuole, da nord a sud delle campagne, da est a ovest delle città toscane, a bordo di una macchina rossa fiammante, alla ricerca di una felicità che non può esistere.
La Bruni Tedeschi si trascina dietro anche la Ramazzotti
che, sarà per il personaggio depresso pesantissimo con tendenze autodistruttive e violenza repressa (fa sempre schifo al cazzo, eh... non è che fa schifo al cazzo meno...), non brilla particolarmente, ma forse appunto, la luce della Bruni Tedeschi è talmente luminosa che forse era meglio rimanere un po' nell'ombra.
Si può muovere una critica a questo film? In effeti la finzione cinematografica ha richiesto di edulcorare un po' le realtà dei centri di igiene mentale, quello del film infatti somiglia più a un agriturismo un po' lunatico, anche se basta la scena della crisi di una delle pazienti per aprire lo spiraglio sulla realtà atroce di questi luoghi... realtà che fa proprio schifo al cazzo.
Oh, non fanno schifo al cazzo i centri eh, figurati, che esistano e che non siano come i Manicomi di un tempo è necessario e l'unica via possibile, ma insomma, non sono proprio dei B&B, a fare schifo al cazzo è non riconoscere più la realtà.
Virzì non perde la sua vena malinconica, filtrata da parentesi assolutamente esilaranti (quando la contessa fa irruzione al party dall'ex marito è una roba degna di Hollywood Party), e riesce, ancora una volta, a farci ridere mentre dagli occhi ci escono dei lacrimoni, anzi la'rimoni, grossi così.
Ma poi perché non parliamo tutti toscano, mi chiedo, è bellissimo. Lo ascolterei senza fine...
Posso dire una cosa che non c'entra ma c'entra? Ma quando (ri)senti canzoni come queste non pensi anche tu che tutta la musica dell'ultimo ventennio potrebbe sparire, anzi lo farà, senza lasciare traccia. No sul serio, ma quale canzone di adesso sarà mai ascoltata tra quarantanni? Nessuna.
Le due pazze gioiose entrano di diritto nel manicomio cinematografico, già ben popolato:
Ecco. Allora. Una cosa. Ribadisco (l'avevo già iniziato per l'ultimo Alice, questo discorso) che essere pazzi fa schifo al cazzo.
Sono troppo esagerato io se penso che sia quasi imperdonabile la leggerezza con cui si usa la parola pazzo (come quella con cui si usa la parola genio, eh)?
Breaking News: essere pazzi non è farsi i capelli rosa, non è essere un po' fuori da coro, non è essere strambi, non è neanche vivere un po' al di là di quello che può essere definitivo socialmente accettabile (tipo che ne so, ritirarsi in una malga isolata o prendere e partire per un viaggio senza meta), essere pazzi, pazzi veri, fa schifo. Fa proprio schifo al cazzo.
Fate conto che lo so e basta.
Tutto il preambolo degno di un Basaglia de' noantri solo per dire che approcciarsi a La pazza gioia non è stata proprio una passeggiata di salute (mentale), ecco.
Perché Virzì non tradisce (quasi) mai le aspettative, quindi già stavo pronto con "madonna bischera che pesantata sarà"; infatti m'ha dato una botta non da poco.
Il film è bello, non bellissimo come i suoi bellissimi (Prima cosa e Capitale rimangono nel gotha oggettivo, Ovosodo in quello personale), ma di quella bellezza tenera, educata, intelligente e mai mortifera anche negli argomenti più pesanti che solo Virzì sa avere.
Non c'è bisogno di ripetere che Virzì sa far recitare anche i sassi - proprio lui prende un sasso e quello dopo sei mesi vince un David di Donatello, ma non come Miglior Sasso, proprio come Miglior Attore (Miglior Sasso lo vince Toni Servillo per Vita a Matera 2) - ma questa volta c'è qualcosa in più, riesce in una sorta di miracolo: Valeria Bruni Tedeschi si rivela un'attrice incredibile, piena di sfumature, esilarante e profonda, e vi assicuro che mai e poi mai avrei pensato di dire una cosa del genere della Bruni Tedeschi.
Le prove generali le avevano già fatte nel Capitale umano, dove lei era una signora dell'alta (ma bassissima, in effetti) società brianzola, ma senza il quid della pazzia.
Aggiungetela, la pazzia (fatta di manie persecutorie miscelate a entusiasmi eclettici, istrionismo egocentrico e down depressivi abissali... ve l'ho detto che fa schifo al cazzo), e un personaggio bellissimo vi si para davanti agli occhi, si carica tutto, ma proprio tutto, il film sulle spalle e se lo porta dove vuole, da nord a sud delle campagne, da est a ovest delle città toscane, a bordo di una macchina rossa fiammante, alla ricerca di una felicità che non può esistere.
La Bruni Tedeschi si trascina dietro anche la Ramazzotti
che, sarà per il personaggio depresso pesantissimo con tendenze autodistruttive e violenza repressa (fa sempre schifo al cazzo, eh... non è che fa schifo al cazzo meno...), non brilla particolarmente, ma forse appunto, la luce della Bruni Tedeschi è talmente luminosa che forse era meglio rimanere un po' nell'ombra.
Si può muovere una critica a questo film? In effeti la finzione cinematografica ha richiesto di edulcorare un po' le realtà dei centri di igiene mentale, quello del film infatti somiglia più a un agriturismo un po' lunatico, anche se basta la scena della crisi di una delle pazienti per aprire lo spiraglio sulla realtà atroce di questi luoghi... realtà che fa proprio schifo al cazzo.
Oh, non fanno schifo al cazzo i centri eh, figurati, che esistano e che non siano come i Manicomi di un tempo è necessario e l'unica via possibile, ma insomma, non sono proprio dei B&B, a fare schifo al cazzo è non riconoscere più la realtà.
Virzì non perde la sua vena malinconica, filtrata da parentesi assolutamente esilaranti (quando la contessa fa irruzione al party dall'ex marito è una roba degna di Hollywood Party), e riesce, ancora una volta, a farci ridere mentre dagli occhi ci escono dei lacrimoni, anzi la'rimoni, grossi così.
Ma poi perché non parliamo tutti toscano, mi chiedo, è bellissimo. Lo ascolterei senza fine...
Posso dire una cosa che non c'entra ma c'entra? Ma quando (ri)senti canzoni come queste non pensi anche tu che tutta la musica dell'ultimo ventennio potrebbe sparire, anzi lo farà, senza lasciare traccia. No sul serio, ma quale canzone di adesso sarà mai ascoltata tra quarantanni? Nessuna.
Le due pazze gioiose entrano di diritto nel manicomio cinematografico, già ben popolato:
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