Kubo e la spada magica
Trama: Botta di Kubo
Ho perso Kubo per ben due volte. La prima a'A MOSTRA DER CINEMA DE ROMA, che l'hanno fatto una volta sola e in un orario improbabile tipo le 14,30, un orario che sappiamo benissimo non esistere in senso spazio-temporale, la seconda all'anteprima, che c'è sempre questa credenza folkloristica che la gente non lavora e quindi va benissimo fare le anteprime di mattina.
E tanto per aggiungere rosicata alla rosicata (rosicata= provare quella sensazione di "LIBERATEMI DALLA MIA VITA DEVO ANDARE A VEDERE KUBO!") la nostra comune amica Alabama, che i più svegli ricorderanno per recensioni come questa e questa, ci è andata a vederlo e la sera ci siamo sentiti su Whatsapp, proprio in quel momento della giornata in cui Whatsapp raggiunge il suo picco massimo di scambio di foto piccantelle... non è questo il caso, ovviamente, perché noi al posto di fare le cose che fanno i comuni mortali, facciamo questo:
La cosa bella delle nostre conversazioni sono i finali dove io dico una cosa e Alabama fa come i ninja NIN! NIN! e sparisce.
Ora finalmente ho visto Kubo, e oltre a NON AVER DORMITO, mi è anche piaciuto.
Ora finalmente ho visto Kubo, e oltre a NON AVER DORMITO, mi è anche piaciuto.
Mi è piaciuto ma con un leggerissimo "ma" e una certa qual sensazione di "se".
Sia chiaro, è da vedere e su questo non ci piove, ma come altri film della Laika, mi divido in due.
Sia chiaro, è da vedere e su questo non ci piove, ma come altri film della Laika, mi divido in due.
Da una parte lo vedi, lo senti, lo sai, che stai vedendo un prodigio, un miracolo fatto film, una cosa che dietro lo schermo su cui lo proietti nasconde così tanto lavoro, così tanta dedizione, così tanta Bellezza che non puoi rimanerne affascinato, innamorato.
Che la stop-motion sia la mia tecnica d'animazione preferita da sempre lo dimostra anche quella ricerca fatta all'università (s', la ricerca, vivere l'università come la 3a media, e allora?) tanti anni fa, parlava di Ray Harryhausen
di Tim Burton
e di Mio-Mao
ancora non avevo scoperto capolavori antichi come quel Mad Monster Party che tanto mi sconvolse anni fa, non era anche una tecnica amata da grandi registi hipster o cervellotici, era solo una cosa fichissima da vedere, e soprattuto sapere che da qualche parte nel mondo c'erano i pupazzetti quelli veri fatti per fare il film, non che poi vai alla Pixar e per quanto siano belli gli uffici, alla fine stanno tutti col naso sul computer 12 ore al giorno proprio come me e te.
La stop-motion unisce il fascino che si può avere per il concetto di set
(attori che recitano, impalcature, luci da puntare, cestini per il pranzo) con il fascino per l'animazione, quella cosa che fa vivere i disegni.
(attori che recitano, impalcature, luci da puntare, cestini per il pranzo) con il fascino per l'animazione, quella cosa che fa vivere i disegni.
Kubo è, come diceva anche Alabama prima di sparire, il punto più alto toccato dalla Laika e probabilmente dall'animazione stop-motion tutta: una gioia continua per gli occhi.
Basta vedere il design e la realizzazione fisica di Monkey
incredibile pensare che sia vera. Vera veramente, come un'attrice di cui vorresti seguire la carriera.
E poi stupendo tutto. I set incredibili, le luci perfette, la palette di colori giapponesi caldi e vivi come non mai
E certe scene che veramente stai lì a dire "no. dai. questo era vero? ma come?"
tanto che forse questa volta l'utilizzo del computer, che non puoi nascondere, alle volte si fa sentire un po' troppo.
Ma questa volta, più di ogni altra volta, si fa fatica a credere che siano solo pupazzi fotografati frame dopo frame fino a crearne il movimento, come fosse l'ultima tecnica d'animazione capace di ricordare cosa davvero è sempre stata l'animazione: disegnare ogni singolo movimento (con buona pace degli intercalatori), fino ad avere migliaia di acetati nei magazzini.
tanto che forse questa volta l'utilizzo del computer, che non puoi nascondere, alle volte si fa sentire un po' troppo.
Ma questa volta, più di ogni altra volta, si fa fatica a credere che siano solo pupazzi fotografati frame dopo frame fino a crearne il movimento, come fosse l'ultima tecnica d'animazione capace di ricordare cosa davvero è sempre stata l'animazione: disegnare ogni singolo movimento (con buona pace degli intercalatori), fino ad avere migliaia di acetati nei magazzini.
Per rendersi ancora meglio conto di cosa fanno alla Laika metto l'ormai tipico e indispensabile video del Making Of, sinceramente gli unici video making of che vale la pena guardare al giorno d'oggi. Guardatelo, guardatelo davvero:
Ditemi che l'avete visto.
Non so bene il grado di stress che si prova a lavorare a un film in stop-motion come Kubo (dai making of non esce mai lo stress...), ma se dovessi davvero scegliere, preferirei mille volte lavorare alla Laika che alla Pixar, dove al massimo ti riempiono di merchandising, mentre alla Laika i pupazzi sei tu a crearli.
Non so bene il grado di stress che si prova a lavorare a un film in stop-motion come Kubo (dai making of non esce mai lo stress...), ma se dovessi davvero scegliere, preferirei mille volte lavorare alla Laika che alla Pixar, dove al massimo ti riempiono di merchandising, mentre alla Laika i pupazzi sei tu a crearli.
E che pupazzi. Le streghe sono eccezionali
i set magnificenti
i set magnificenti
Insomma, la Laika - confermando quanto fatto in Coraline, Paranorman e BoxTrolls, oggi è la società che crea la stop-motion più incredibile che esista.
Poi però arrivano il "ma" e il "se".
La storia di Kubo è molto classica: Kubo è un orfano - più o meno - con poteri eccezionali
che si troverà a vivere un'avventura magica (la ricerca di tre pezzi di un'armatura magica per sconfiggere il cattivo di turno) in compagnia di due comprimari stupendamente caratterizzati; a presenza scenica se lo mangiano tutto il tempo, in effetti, talmente caratterizzati che la battaglia finale tra Kubo e il cattivo, che non li vede protagonisti, diventa la parte più debole del film (molto più inquietanti le due gemelle streghe con la maschera Kabuki o appassionante la scena dello scheletro gigante).
Insomma ci sono degli inciampi nel ritmo, in quella cosa che poi rende gigante la Pixar: la storia e come raccontarla. Non è facile raccontare una storia, anche se sai come farlo.
La storia di Kubo non è nuova, ma ha una particolarità che manca a molte altre storie simili: ogni personaggio, sia eroi che nemesi, è imparentato. Questi legami ritrovati, spezzati, negati dovevano essere un carburante ben più esplosivo di quanto non bruci nel film.
Non è un caso che i momenti più intensi siano gli scambi di Kubo con la madre catatonica o un amore che si ricongiunge e perde di nuovo.
C'è molto della cultura giapponese dei legami parentali e del rapporto tra vivi e morti, in Kubo, ma, di nuovo, qualcosa non riesce a entrare proprio al centro del cuore, dove invece entrava per esempio, un elefante rosa vestito da scemo.
Possibile che una tecnica così fantastica e clamorosa come la stop--motion possa diventare un ostacolo? Vorrei sapere che qualcuno dei grandi registi in forza alla Disney/Pixar sia talmente affascinato dal lavoro che si fa alla Laika da prendere baracca e andare a fare i burattini.
Intanto sentiamoci la stupenda cover jappo-beatlesiana di Regina Spektor, che andrà dritta dritta nella compilation degli Awards 2016 (sì. ci sarà una compilation CB Awards 2016)
Ma il plauso per quello che la Laika crea è comunque assordante. Come assordante è stata la rosicata di non essere potuti andare a vedere la mostra dedicata al loro 10° anniversario:
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