Smetto quando voglio - Masterclass
Trama: Smetto quando veglio
Quello che mi ha fatto cambiare opinione, cioè mi ha fatto passare dal Broccolo appioppato al primo episodio di SQV (che tutti osannarono come "il cinema italiano ha trovato il suo salvatore" mentre io ero più MA È BREAKING BAD UGUALE UGUALE MACHEMESTAIAPIJAPERCULO?) al Chicken forse un po' regalato*, inserendo quindi di fatto SQVM nella lista dei seguiti venuti meglio degli originali (Il padrino parte II, X-Men 2, Terminator 2, The Dark Knight... ok, forse ho esagerato...) è più che altro la concezione produttiva.
Non che il film sia più bello o divertente (anche se è decente e divertente), non che gli attori riservino delle grandi novità, oltre al dimostrare che essere attori bravi e non fastidiosi si può anche senza aspirare o urlare ogni frase (Leo, l'ho già detto, è bravo. Bisogna accettare questa cosa, farci i conti, metabolizzarla e basta), non è che la sceneggiatura riservi una scrittura sopraffina, ma il film è ritmato, veloce, divertito e fila via che è un piacere.
Sarà che approcciandomi al primo mi aspettavo un botto, invece mi aspettava uno scoppietto, da questo sapevo già cosa aspettarmi, e allora ok, quello ho avuto. È la solita Teoria dell'Aspettativa che studiano all'Università della Califostia: più ti aspetti, meno avrai.
Sarà che approcciandomi al primo mi aspettavo un botto, invece mi aspettava uno scoppietto, da questo sapevo già cosa aspettarmi, e allora ok, quello ho avuto. È la solita Teoria dell'Aspettativa che studiano all'Università della Califostia: più ti aspetti, meno avrai.
La concezione produttiva, dicevamo.
Ecco, a vincere, questa volta, è l'aver fatto le cose con una visione d'insieme, con un'idea di futuro, con la voglia di fare una cosa "all'amerigana" ma senza scordare il sapore italiano; è pur sempre una commedia di pagliacci, maschere da commedia dell'arte, e dialetti, sopratutto dialetti (ci hanno messo a forza anche il napoletano, questa volta...), ma ha un'impronta da trilogia che, a quanto mi risulta, è una sorta di assoluta novità per il cinema italiano.
Questo sequeil infatti, già dal primo ciak, è il secondo capitolo di una trilogia (uscirà il prossimo anno SQV Ad Honorem) e, addirittura!, il film ci lascia con un cliffhanger degno di Ritorno al futuro 2 (ok, forse ho un esagerato di nuovo...), sai quando c'è già il girato del terzo e ti puoi permettere di dare appuntamento nei cinema e far vedere già di che pasta sarà il prossimo film con tanto di scene, spezzoni e spoilerando grandi ritorni (che poi qui il grande ritorno sia Neri Marcorè... vabbé...)
Non è una roba che si vede tutti i giorni in ItaGllia. O meglio, non si vedeva prima che ci fosse questo ricambio generazionale palpabile, prima che, insomma, finalmente a fare i film ci si mettessero 40enni cresciuti con un modo di vedere il cinema più attento alle possiblità online e alle distribuzioni alternative, piuttosto che puntare già dall'inizio alla triste prima serata di RAIUNO.
SQVMM è divertente, anche se sacrifica un po' tutti gli attori. Ma è anche fisiologico quando allarghi il parco dei partecipanti. Qui alla banda se ne aggiungono tre. Già erano 7. Si tratta di 4, 5 battute ognuno. Il più sacrificato purtroppo è il buon Fresi, che si limita a fare il ciccione, ma meno pazzo della volta precedente.
Ecco, a vincere, questa volta, è l'aver fatto le cose con una visione d'insieme, con un'idea di futuro, con la voglia di fare una cosa "all'amerigana" ma senza scordare il sapore italiano; è pur sempre una commedia di pagliacci, maschere da commedia dell'arte, e dialetti, sopratutto dialetti (ci hanno messo a forza anche il napoletano, questa volta...), ma ha un'impronta da trilogia che, a quanto mi risulta, è una sorta di assoluta novità per il cinema italiano.
Questo sequeil infatti, già dal primo ciak, è il secondo capitolo di una trilogia (uscirà il prossimo anno SQV Ad Honorem) e, addirittura!, il film ci lascia con un cliffhanger degno di Ritorno al futuro 2 (ok, forse ho un esagerato di nuovo...), sai quando c'è già il girato del terzo e ti puoi permettere di dare appuntamento nei cinema e far vedere già di che pasta sarà il prossimo film con tanto di scene, spezzoni e spoilerando grandi ritorni (che poi qui il grande ritorno sia Neri Marcorè... vabbé...)
Non è una roba che si vede tutti i giorni in ItaGllia. O meglio, non si vedeva prima che ci fosse questo ricambio generazionale palpabile, prima che, insomma, finalmente a fare i film ci si mettessero 40enni cresciuti con un modo di vedere il cinema più attento alle possiblità online e alle distribuzioni alternative, piuttosto che puntare già dall'inizio alla triste prima serata di RAIUNO.
SQVMM è divertente, anche se sacrifica un po' tutti gli attori. Ma è anche fisiologico quando allarghi il parco dei partecipanti. Qui alla banda se ne aggiungono tre. Già erano 7. Si tratta di 4, 5 battute ognuno. Il più sacrificato purtroppo è il buon Fresi, che si limita a fare il ciccione, ma meno pazzo della volta precedente.
La voglia di fare la roba nuova c'è. È palpabile. Si sente in commedie come questa (c'è spazio anche per una sequenza animata, manco male...) e fa ben sperare perché sia non solo un trend positivo, ma un dato di fatto ormai radicalizzato.
Certo pensare che il prossimo sequel che arriva sarà quello di Il ragazzo invisibile fa a cazzotti con tutto questo entusiasmo.
* C'è la concreta possibilità che questo Chicken sia dovuto alla febbre che avevo (roba di 38! 38,3!) mentre lo vedevo. Ma voi lo sapete che cosa vuol dire avere la febbre no? Non solo per l'uomo inteso come genere maschile in generale, ma per me in particolare. Ci sono proprio le fasi.
FASE 1: La negazione
FASE 2: La consapevolezza
FASE 3: Il pianto di fronte al trailer di questo film (giuro).
FASE 4: Il testamento
FASE 5: La negazione 2 (una volta guariti).
Potrebbe essere.