domenica 10 novembre 2013

C&B FF ROMA • Giorno 2 • Her

DI BUON ORA COMINCIA LA GIORNATA DELL'ITALICO CINEAMATORE.
VISPO E LESTO, TOSTO E CARICO COME UNA BAIONETTA, IL CINEAMATORE SI SVEGLIA E SUBITO CORRE VERSO IL FESTIVAL DEL CINEMA IN ROMA. 
SICURO CHE, ARRIVANDO ALLE PRIME LUCI DELL'ALBA, TROVERà AD ATTENDERLO SOLAMENTE IL DESERTO DEI TARTARI.
E invece col cacchio. Invece la folla. La mandria. Raminghi come pecore al pascolo senza pastore, i Critinici si affollano ai cancelli che manco gli zombi di Walking Dead. Corneeetttoooo. La sensazione di The Critic Dead ormai è sempre più netta, aiuto.
Insomma dài, non ci puoi proprio pensare che la domenica mattina in Roma c'è davvero così tanta gente che si sveglia e va a vedere un film. Dove sono finiti i bei romani di una volta, quelli che se non era mezzogiorno non ci si svegliava e se non erano le 3 non ci alzava dal letto.
Siete molto cambiati, romani, non vi riconosco più.
Ammetto che il motivo di questa alzataccia si è poi rivelato del tutto giustificato. Io e tutti i Critic Dead abbiamo visto
Her
Trama: Her mess

Il nuovo film di Spike Jonze, quello di Essere John Malkovich, del Ladro di Orchidee, del Paese delle creature selvagge, ma soprattutto di tanti e tanti video musicali, storici, indimenticabili.
Credo non ci sia bisogno di raccontarvi la storia di Her, si attendeva da tempo questo film. Ma se mai ce ne fosse il bisogno eccola qui: Theodore, un giovane introverso e diversamente sociale (per non dire asociale, perché altrimenti vorrebbe dire che siamo tutti asociali) vive in una Los Angeles del futuro, un futuro molto vicino... potrebbe essere il 2025, massimo 2030.
La sua è una vita che potrebbe definirsi vuota: da poco divorziato dalla moglie, con un lavoro strano ai nostri occhi (scrive lettere per altri, cioè compone lettere scritte a mano di ogni natura e genere - dal nipote che saluta il nonno, al marito in viaggio per lavoro che scrive alla moglie, al commilitone che ricorda un amico scomparso e via dicendo) ripete ogni giorno come il precedente, e come il precedente, e come il precedente.
Intorno a lui la tecnologia che tutti già conosciamo: mail, social, chat. Ovviamente siamo all'oggi spinto di una quindicina di anni in avanti rispetto al contemporaneo, quindi via le tastiere, via i cavi, è tutto wireless, via anche la digitazione touch, si parla e si dialoga con, si chiede ai propri device e loro eseguono.
Ma è ancora tempo di novità (sarà sempre tempo di novità, si chiama progresso, anche quando è regresso mascherato da progresso): viene messo sul mercato un nuovo sistema, un'intelligenza artificiale innovativa, capace di imparare. Ma non solo di imparare o di pensare, mutare, insomma non solo adattarsi ai piaceri e ai gusti dell'utente (Google già lo fa, ci sono robot che giocano a scacchi dagli anni 70); no, questo nuovo sistema crescere, si fa domande, vuole sapere. In definitiva, vuole essere.
È molto difficile continuare a raccontare Her senza entrare nei meandri odiosi dello spoiler, perché succedono molte cose in Her e sono tutte credibili, sono tutte vere, sono tutte praticamente già qui, solo non ora.
Ecco, quello che più entra nella corteccia dello spettatore di Her è proprio la straordinaria quantità di volte che vi ritroverete a pensare "è vero, è così, già", attenzione, siamo lontani da grandi verità da santoni o illuminazioni ascetiche, o frasette buone per uno status su facebook, siamo proprio dalle parti del "oddio, sta raccontando la mia vita, sta raccontando me". Come quelle canzoni, quelle che sembra ti parlino.
E la sensazione che lascia il film è di una forte, fortissima, malinconia. Non oserei chiamarla tristezza, perché nessuno è mai disposto a definire la vita (propria, di altri, ma più la propria) triste in assoluto. Ci sono sempre le cose che ti divertono, quelle che ti fanno stare bene, che ti danno soddisfazione, le gioie, le eccitazioni, ma sembra che siano solo respiri, attimi, sembra che il vero motore sia più la malinconia, le cose che non sono andate, quelle volte che "cavolo vorrei aver fatto o detto cose diverse quella volta".
Lo stile di Jonze, già più volte e soprattutto al cinema, limpido e melanconico è assolutamente perfetto. Non è una fantascienza sparafleshata la sua, né ruvida o arrugginita. Siamo dalle parti di quella puntata di Black Mirror, o di questo corto che ho già messo altrove ma che anticipa l'idea generale di Her, che ripeto, non è "L'IDEA", è solo la verità:
Ma senza la paura. O meglio, un tipo di paura del tutto diverso, un tipo di paura lontano dal "no, non dobbiamo lasciare che accada! stacchiamoci dai social, chiudiamo facebook, aiuto", qui siamo immersi in una consapevolezza spaventosa: sarà così. È così che andrà e noi non ci potremo fare nulla. Ci sarà, certo, chi ne starà lontano il più possibile, chi odierà quello che diventeremo, ma questa è la strada e non si torna indietro.
Theodore è normalissimo, non è un povero sfigato e neanche un fissato della tecnologia e di tutte le sue applicazioni, e non è un disperato totalemtne solo impazzioto e maniaco compulsivo, nel film lo si capisce bene, il sistema è un successo, tutti ne hanno uno, e non diventa più una cosa "malata" avere come miglior amico o fidanzato, o confidente, o amante (!) una voce. E non è un mostro sfigurato (è Joaquin Phoenix, il labbro leporino più bello di Hollywood, che questa volta si merita un oscar anche solo per quello sguardo struggente e profondo, e poi quelle risate sincere e quei momenti felici, pochi, troppo pochi, che ti aprono il cuore), non è un gobbo di Notre-Dame costretto ad accontentarsi di una fidanzata virtuale perché nessuno lo vorrebbe. 
Nessuna di queste cose: è solo "uno". Io? Tu?
La storia d'amore tra Theodore e Samantha (un nome che l'intelligenza artificiale si sceglie da sola tra 180.000 appena letti, in due decimi di secondo, su un manuale "È facile dare un nome a tuo figlio, se sai come farlo”) è, ovvio, atipica, asociale, anormale, e tutte le a- privative che vi vengono in mente, è un uomo che ama una macchina, anzi una voce, senza neanche un corpo, neanche un burattino robotico, neanche un surrogato, eppure è una storia tremendamente vera: con le gelosie, i non detti, le rabbie, le derive, il sesso, la routine, le gite e la fine. 
Ripeto, diventa davvero difficile non raccontare i risvolti che un plot del genere può prendere, ma ho deciso di avere abbastanza cura di voi da non rovinarvi il film, tantomeno il finale, che ho trovato splendido, è a sorpresa, ma non forzata, non del tipo "maddai e chi se l'aspettava" è piuttosto un "certo, non poteva che andare così". E centrano i calcoli quantici, per dire.
La delicatezza di quasi tutti i comparti chiude il quadro di uno dei migliori film dell'anno, le interpretazioni perfette, Joaquin non assoluto come in The Master ma con quel tipo di perfetta e normale sofferenza che, dio mio, saresti assurdo a non provarla, non saresti umano, o saresti un totale inetto. Scarlett Johasson anche, solo una voce, è ad un passo dal ricevere quei tipici oscar strambi che piacciono ad Hollywood, come quando hanno dato l'oscar alla donna che faceva l'uomo o al morto. Poi particine per Amy Adams, Olivia Wilde e Rooney Mara, tutte appannate dalla voce di Scarlett e dalla felicità di constatare che sono riusciti - credo con uno sforzo pazzesco - a non farla apparire mai nel film, veramente mai, neanche in foto o su uno schermo, sarebbe stato facilissimo e, a livello di mera commercializzazione, scontato. Bravi.
Funziona quasi tutto perfettamente, oltre gli attori e la storia: fotografia in primis, ma anche la colonna sonora quasi tutta suonata al piano, e colori pastello dei costumi - ecco no, forse i costumi risultano un po' troppo post-hipster, camicette a quadri abbottonate fino al collo e pantaloni anni cinquanta, ma serve anche quello, serve ad avvicinare e allontare il tempo al tempo stesso.
Un bel film. Era da tanto.
E Joaquin è veramente l'attore wannabe, uno che è passato da un'interpretazione al di fuori di ogni schema (leggetevi quel post, tre anni fa, poi riparliamo di barbe hipster) compreso il più grande momento di televisione del mondo:
a interpretazioni assolute come quella di The Master(in versione storpio) e questa (in versione uno normale).
Felice di questa mattinata, e sicuro di non perdere un grammo del mio fascino, inversamente proporzionale ai grammi presi anche dal Joaquin che qui vediamo in una diapositiva un po' cicciona...
...vado a Orvieto - ridente cittadella umbra - a magnà. Così, perché semo romani fatti cor pennello e le ragazze di Orvieto famo innamorà. Quindi mentre l'artri se vedeveno i firm io me so magnato un ristorante scavato nelle sale etrusche de mille anni fa, tutto cucinato da uno di quegli chef che mo gli fanno fare i libri e i programmi in TV tipo Master Scem tutta questa roba qui:
- Tripudio di rustici, pizzette, cannolini col gorgonzola, patatine fritte vere
- Tris di primi con crepe cannella, ricotta e qualcosa di buono che non ho capito che era, fettuccine al sugo di lepre (credo di lepre austrungarica, che mica uno diventa chef così, con la lepre marsicana), polentina al tartufo e funghi
- Cestino di sfoglia con fegatini rosolati in salsa, 
- Torta cocco e cioccolato, budino di caffè su pan di spagna affogato al brandy, panna cotta alla fragola sempre su pan di spagna, 
Caffè, ammazzacaffè e conto e tu vuoi che muoro?
Quindi, satollo come un etrusco, me ne torno a Roma alla faccia dei mangiatori di corneettiii e corro a vedere Snowpiercer al distaccamento del Festival, il cinema Barberini che, guarda un po' è... PIENO! SONO ANCHE QUI! FINITI SUBITO I POSTI PER I traPASSati, FINITI I BIGLIETTI A PAGAMENTO! MA CHE È! ALLORA 'STO CINEMA È VIVO! IL CINEMA È VIVO E QUELLI COI PASS SONO TUTTI MORTI! Ma poi io dico, capisco pure che Her ci sta Scarlett Joahnsson che attira la gente anche solo con la lingua (!), ma Bong, dài, ma che ve ne mai fregato di Bong? Dai che se esce un film koreano al cinema bene che va ci vanno in tre, mo' invece basta un pass e tutti col Bong in bocca.
Si vede che STO ROSICANDO? Dite che si vede eh?

sabato 9 novembre 2013

C&B FF ROMA • Giorno 1 • Tutta la vita davanti - Lettere al Presidente


- Ciao sono Ciebbì e sono venuto a ritirare il mio pass
Dico con sguardo allusivo e portamento regale alla povera crista che mi siede davanti.
- Abbravo so' 50 euro tiè er passe co questo ce fai quello che te pare abbasta che nun vedo più la tua facciaccia coll'occhio storti qqua davanti che mmedai fastidio. Ciao bello.
Ecco, questo per smitizzare subito la questione pass. Lo hanno dato a cani, porci e pure a me.
E il cinema sarebbe un settore in crisi? Dalla mandria di gente che vaga persa per i corridoi dell'Auditorium proprio non sembrerebbe.
Che poi le vedi subito le tipologie di persone coinvolte.
Ci sono quelli del gotha economico cinematografico: produttori, sceneggiatori, ancora produttori, direttori di festival, uno vestito come un cantante prog, registi, gente aumma-aumma che parlotta e fa combriccole massoniche come se dovesse decidere l'andamento geopolitico della Terra o far esplodere una bomba nucleare, li chiameremo i Massocinematografici
Poi ci sono gli attori. Quelli ItaGliani. L'actor watching ha già spuntato esemplari di Violante Placide, di Gianmarchi Tognazzi, di Giulie Michelini, di quella specie sicula di cui non ricordo il nome, di Francesche Einaude, di quello col bozzo in faccia che faceva i RIS, il bello è che gli Attoritaliani per fare due passi ci mettono tre ore perché non sia mai che qualcuno non si sia accorto che stanno lì. Però se qualcuno poi va lì a chiedere una foto fanno la faccia sostenuta e gli occhi al cielo e "dai, vabbé, facciamo presto però che devo fare un movemento di un centimetro nella prossima mezz'ora"
Ci sono poi gli spettatori normali (i miei preferiti) gente che - bontà loro - vuole solo vedere il film, li chiameremo Spettatori normali.  Non gli importa nulla di farsi fotografare o di far sentire la propria opinione a chi gli sta intorno, come invece ci tengono molto i critici, che chiameremo i Critinici. Ecco, questi sono la peggior specie. Sono tutti con il loro tesserino al collo, il programma superscarabocchiato per incastrare visioni e tutti, inesorabilmente, nessuno escluso, ti fa venire la voglia di:
E insomma questa tipologia infesta l'Auditorium, sono tra noi! Vagano! Se ti mordono diventi come loro! The Critic Dead! Aiuto.
Ultime ma non ultime ci sono le mignottone:
[Seguite in modalità stalker ovviamente per meri bisogni giornalistici]
Che chiameremo educatamente... le Mignottone. Loro proprio sono splendide perché non si sa dove vanno, non si sa da dove vengono, non si sa che vanno a vedere, con chi sono, non si sa neanche se capiscono l'italiano, se sanno cosa essere film, se capiscono dove sono. Loro si sono solo messe il paio di tacchi più alto che avevano, il reggipetto più piccolo che hanno trovato, la gonna più corta e sono corse qui. A fare che, non si sa.
E poi ci sono io, che chiameremo, Ciebbì, che non fa parte di nessuna di queste categorie e ci posa il suo occhio clinico e cinico, soprattuto facendo sguardling alle attrici.
Oggi Ciebbì ha visto due film, dei 68 previsti. Ma sapete com'è, qui devi ritirare i biglietti del giorno dopo il giorno prima, quelli di due giorni dopo quattro giorni prima, quelli di tra tre giorni due mesi fa, quelli dell'ultimo giorno devi scavare nella Roma sotterranea e trovare una capsula del tempo lasciata da tuo nonno con dentro i biglietti. 
E insomma va così, magari li recupero, magari no.
Ho visto
L'ultima ruota del carro
Trama: Elio e la storia pesa

L'ultima ruota del carro è un colpo a salve.
Non è una commedia, non è un dramma, non è un film storico, non è romantico, non è tragico, non è comico. È un film fatto di tutte queste cose e che alla fine è come il colore del pongo quando facevi le palle con tutti i colori e diventava una mappazza grigia schifosa.
Elio è, per l'ennesima volta, uno di noi. Un ragazzino normale, poi un adolescente normale, poi un giovane normale, poi un adulto normale, poi un vecchio normale. Insomma uno normale.
Intorno le cose normali ma anche un po' speciali della vita, come quella volta che ma tu dimmi, era andato a lavorare in una casa col padre tappezziere, e parcheggia proprio dietro alla macchina con dentro il cadavere di Moro, oppure quell'altra volta che pensa te stringe amicizia con l'artista famoso (palesemente Schifano, anche se non detto) che lo tratta come un amico e non come un facoltoso compratore.
Di fatterello in fatterello, di partito in partito (socialisti, comunisti, berlusconiani), di silicone posticcio attaccato sotto il collo a parrucche assurde che sono l'unico modo con cui i costumisti italiani riescono a definire l'età di un personaggio ecco che Elio "uomo qualunque" diventa il tipico italiano, lo chiameremo Elio Italiano.
Ma il problema è evidentemente Veronesi, un regista scialbo, che fa un film superficiale come il suo protagonista, voleva fare una cosa alla Meglio Gioventù, si muove incespicando sui luoghi comuni di romanità e italianità, non graffia mai, neanche una volta. Non commuove perché le volte che ci prova, il "colpo" arriva talmente lento che anche una lumaca riuscirebbe a schivarlo.
Il film è "tratto" dalla vita qualunque di un uomo vero, uno che vive a Borgo Pio (quartiere di Roma) che poi qualche anno fa - a suo dire - ha vinto 500.000 euro con un gratta e vinci e poi la moglie ha buttato il biglietto e lui è andato a Malagrotta ad aprire i sacchetti uno a uno, a dirla così vacci a credere e insomma che sfida ma la vita è bella anche se fa male e torneremo a farci sposare dalle infermiere lalalalala.
Ad esempio, qualche tempo fa, un processo creativo del genere (prendere la vita qualunque di un uomo qualsiasi) stava dietro quel Tutti contro Tutti che non aveva entusiasmato, tantomeno esaltato, ma almeno lì c'era una spaccato preciso (la casa occupata), qui ci sono 30 anni di vita che passano di palo in frasca.
È un po' lo stesso discorso che feci per La nostra vita. Per carità, mettere le vite comuni dentro un film può creare quel senso di immedesimazione unico (neorealismo, anyone?) ma devi veramente essere bravo, veramente bravo, sennò è solo una sequela di scene più o meno quotidiane che francamente, le vedo ogni giorno, dalle 7,30 quando mi sveglio a quando vado a letto alle 11:00... 10:00... 9:40 ok! Sono stanco in questo periodo! C'ho certi cazzi che se li racconto ci fanno un film... pensa che noia. Però saprei benissimo a quale attore farei fare il protagonista. Peter Sellers Gerald Butler
Attori di contorno ai limiti dell'inutilità, Ricky Memphis avrebbe potuto dare al suo personaggio arrivista e falso predicatore delle venature molto più profonde, invece sembra solo un coglionazzo col mito del soldo che venderebbe il miglior amico per far carriera (in effetti è quello che fa) e si fa quasi rimpiangere quando era Immaturo.
Pensa che l'unico veramente bravo (anche Germano nettamente sotto tono) è Haber (che fa il proto-Schifano).
Quello che manca nel film è la costruzione. La vita vera, ogni vita vera, è una costruzione: parti dalle fondamenta (in questo caso il rapporto con il genitore è conflittuale, e c'è un madido tentativo di far diventare il pittore una sorta di figura paterna) e poi mattone dopo mattone (qui i fatti della vita), tanta malta (la famiglia) e se proprio ci riesci qualche rifinitura ben fatta (nel film non ce n'è, certo non può esserlo la Cesarona Mastronardi, in un'interpretazione trasparente), e hai la vita (il film).
Insomma un film da servire all'ospedale, scialbo sciapo e incolore. Tutto il contrario del documentario che ho visto - in maniera fortuita visto che le proiezioni di Matto Meccanigo con l'Aiz e le Streghe erano tutte occupate da Massocinematografici, Italiattorini, Critinici e Mignottoni - che racconta di una cosa strana. Racconte di:
Lettere al Presidente
Trama: Caro Presidente ti scrivo, così mi lamento un po'

Esatto, il documentario è una raccolta audiovisiva (il tutto sotto l'agida del benemerito Istituto Luce, tutto il reparto visivo è tratto da immagini di repertorio) di lettere che gli italiani hanno scritto - in un arco temporale che va dal 46, fondazione della Repubblica - al '69, anno dell'allunaggio.
Le lettere sono tante e molteplici, da tutta l'Italia, da ogni tempo, e di ogni tipologia: si va dalle questioni serie come il lavoro, o meglio la sua assenza, all'energia elettrica nelle campagne, all'istruzione, al comun senso di Patria fino ai lunatici veri tipo quella che chiede al Presidente un prestito eventualmente con interessi per rifarsi le gambe, al tipo che sostiene di indovinare il sesso dei nascituri e vuole quindi un riconoscimento statale per questa sua capacità, c'è il carcerato che sostiene di poter dare una spinta alla marina italiana con un attrezzo segretissimo di sua invenzione e chiede al Presidente di poterlo testare (lettera accompagnata da, presumibilmente, il direttore del carcere che sconsiglia vivamente di prendere in esame la proposta visto che chi l'ha scritta è più volte evaso da diversi carceri) a quello che si lamenta perché "so che le donne hanno sempre più diritti! Addirittura molte guidano la macchina! Dove andremo a finire, Presidente!" .. oddio questo mi sa che ci aveva visto lungo.
Il motore del film è stato il contatto con tre amici di Tortoreto (ci sono stato a Tortoreto, ho dormito tutto il tempo) che scrissero una letterina al Presidente in cui gli chiedevano di aiutarli per il loro progetto: andare su Marte.
Il documentario non ha una vera e proprio dignità filmica, lontano dal raccontare una storia, racconta più un modo di essere - essere italiani - sempre a metà tra purezza e cialtroneria, amor proprio e furbaggine, bellezza e cretineria.
E poi ci sono le facce, i visi lombrosiani (criminali o meno) che ci guardano spauriti, non spavaldi come ora nelle interviste per strada. Questi documentari fatti di filmati di archivio sono sempre belli, ti ricordano com'era l'Italia, che stiamo sempre qui a criticarla, io in prima fila figurati, ma che poi amiamo e non lasciamo veramente mai, campanilismo docet.

Non so proprio dove potrete recuperare il doc, ma se vi capita, vedetelo.
Io come sigla finale ci avrei visto bene questa:

Scusate me ne devo andare perché una folla urlante di ragazzine spinge le transenne, non le tengono più... arrivo arrivo! 
Ah no, è Jared Leto, tutte se lo vogliono portare a leto (scusate.) Infatti sento co 'ste orecchie sta frase: "aho, io me so messa le mutande pulite e profumate se lo becco glie le tiro". Io corro al bagno a ossiggenarmi i capelli, perdere una 10 di chili, diventare un rockstar, fare due foto su sfondo bianco, e torno ma.. niente, è andata via.
Lo vedete quel puntino con la faccia da culo là in fondo, è lui. Non ne ho una più vicina, non vorrete mica che mi faccia schiacciare sulle transenne dalle ragazzine infoiate?
Vabbé. Oggi è andata così, un film brutto sulla vita, un film bello sulla vita. Proprio come la vita, un po' bella e un po' brutta.
Intanto, prima di andarmene, saluto le sise di Clauda Pandolfi in una foto artistica in sala stampa, il che mi sembra doveroso dopo il nostro battibecco (io il batti, lei il becco) di qualche tempo fa:
Comunque c'è UNA cosa per cui posso veramente andre a letto felice. E cioè che ho visto OLIVANDER! Esatto, l'Auditorium è come Hogsmeade, e dopo il Ministro della Magia oggi ho incontrato OLIVANDER!

Che mi ha detto:
"Ricorda C&B, è il cineblog che sceglie il giornalista, non il contrario. 
Mi chiedo se... [seguono lucine]
Hai fatto grandi cose, C&B... TERRIBILI CERTO! Ma grandi..."
E poi due cose sul computer gentilmente offerto dalla sala stampa in auditorium. La prima è controllare il cestino e gli ultimi documenti aperti. Uno è "Calendario Calciotto", questo per dirvi l'interesse assoluto dei Critinici alla kermesse, un altro è la critica di Manto Acuifero, che ho letto, e che mi ha fatto passare la voglia di vederlo. Attenti ai documenti che lasciate sui computer, che c'è C&BSI che li apre.
L'altra cosa che faccio, è questa:
Occupy Festival.

C&B al FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA again

E questa volta il gioco si fa duro e quindi non facciamo battute spiritosone. Sì perché Ciebbì - al contrario di quella volta che si era sorbito tutti i film giapponesi senza ancora essere impazzito per i giapponesi e dopo essersi visto i film inglesi in inglese se - ecco che questa volta Ciebbì c'ha l'ACCREDITO aiutame addì.
Insomma, Jennifer, Christian e Joaquin, andate avanti voi che poi arrivo!
Ho saltato a pie' pari l'inaugurazione di ieri - e da qui evinciamo la serietà e la professionalità - e il mio Festival inizia oggi. Ed ecco che per la prossima settimana vi sorbite dei post fastidiosissimi di me che vado in giro con il blocchetto degli autografi, l'iPhone molesto per fotografare tutto, ma soprattutto Jennifer Lawrence.
Perché sì. Perché anche se il primo l'ho trattato a peste e corna, viene Jennifer e metti che poi mi si siede vicino e poi sai quelle cose che leggi sul giornale "Jennifer si innamora di cinecritico broccolo italiano! Si sono sposati la sera stessa e hanno già sfornato tre bambini"
Vedi mai... 

Il primo perché dài, alla fine a Elio gli vuoi bene, certo Veronesi non è proprio sinonimo di "bel cinema itaGliano", ma diamogliela 'sta possibilità (disse quello che ci entrava gratis). 
ll secondo non ha bisogno di presentazioni: Matto Meccanigo (che ormai è Attore) dimagrito cento chili. Jared Leto (che ormai è Scemo) dimagrito duecento chili, tutti e due hanno l'Aiz. Ci sarà da strappalacrimare, oppure no, oppure sarà un film di merda che però regalerà qualche candidatura ai protagonisti.

A proposito di candidature, facciamo che basta, facciamo che glie lo dai 'st'Oscar a Joaquin e non se ne parla più anche perché l'ultima volta hai veramente giocato sporco. Poi ci sta Scarlett che fa solo la voce, Rooney Mara e Olivia Wilde. Dirige Jonze. Possibile miglior film del festival.

Dopo l'innamoramento in ritardo per i pagliacci, ecco le streghe (e quando leggerete che questo è l'anno delle streghe, saprete chi l'ha detto per primo. Io, per inciso) di quel pazzo di Alex De La Iglesia. Non vedo l'ora.
E poi il filmone americano del regista di The Host. Supercast, treno tra i ghiacci perenni in perenne movimento, microcosmo interno tra piani alti (prime classi) e poveracci (vagoni letto), Trenitalia chissà che ne penserà...

Lo so, la millemillesima volta di Romeo ama Giulietta, l'ultima volta è stato un disastro. Ma questa versione l'ha scritto Fellowes (Godsford Park, Downton Abbey), la curiosità è lecita.
Qui siamo dalle parti di "film di attori", su tutti Christian Batman e Woody Harrelson. Non so neanche di che cacchio parla...

Remake di Eli Roth di Cannibal Holocaust. Che non ce lo metti un horror di mezzo?

E poi un incontro. Con Wes. Sapete che sto maturando questo fastidio per l'amore spropositato di cui ormai Wes gode in tutta la social-internet-sfera: dice "ciao" e tutti "ooohh quei ciao pastello e surreali come solo Wes li sa dire". Ma quasi quasi, vederlo dal vivo che parla di sé, chi se lo perderebbe... in più c'è un suo corto inedito. L'ultimo suo corto ci mostrava le grazie di Natalie Portman, fosse mai (sì, vado al Festival per vedere le attrici e non i film, e allora?)
Ci vediamo lì, sono quello col Pass.

venerdì 8 novembre 2013

C&B ANTEPRIMA • Thor - The Dark World

Thor - The Dark Word Loki
Trama: Il re di Asgard

Il Re, il King, il Dio, è solo lui, Loki, ok? Lo King.

In effetti lo avevamo capito già dal primo Thor e da Avengers: Loki è il miglior cattivo Marvel e il secondo miglior cattivo cinefumettoso (dopo il Joker e prima di Doc Octopus, a proposito di Doc poi ricordatemi che devo dirvi una cosa che ho sentito dire a Lucca Comics & Games che mi ha aperto un mondo nerd).
Loki è cattivo, ma spinto alla cattiveria per una calcificata sensazione di non appartenenza (- È un asgardiano - Ha ucciso 83 persone - È adottato...). Se solo Odino amettesse di essere molto più simile al suo figlio adottivo che a quel biondo ossigenato:

Loki poi è scaltro e ironico, cattivo luciferino e "serpentino", sempre pronto all'inganno. Loki è un cattivo a tutto tondo - pure se è segaligno - che non si lascia andare a furia cieca o al menar di mani, no, Loki una ne dice e mille ne pensa e centomila ne trama. Per questo ci piace Loki, a me e a TUTTI gli altri, tutti quelli che l'hanno assunto come vero protagonista della saga di Thor (e non a caso anche negli Avengers).
Ecco cosa succede al SanDiego Comic Con quando appare lui:

Ecco cosa succede quando il belLoki si diverte con autoironia:

E lo stesso è successo durante la proiezione in anteprima al Lucca Comics la scorsa settimana: ogni singola volta che Loki appariva o apriva bocca partiva il fan dom, applausi spellamani e grasse risate (nonché lunghi sospiri e frenetico accavalar di gambe da parte delle spettatrici, scatenate a destra dai pettorali di Thor e a sinistra da me dal fascino profondo e da "stronzo" di Loki.
Esatto, ho visto Thor 2 in anteprima a Lucca, la fiera del fumetto che è diventata a tutti gli effetti la fiera delle vanità dei cosplay, che saranno pure una razza strana, che saranno pure tanto bistrattati dai fumettisti che si sentono tanto artisti, ma che sono divertenti e il colore innoquo che regalano alle fiere del genere è il collante che tiene insieme 200.000 persone (questo il numero di presenze per questa edizione). PErché questa sparata pro-cosplay? Perché mi hanno rotto le palle quelli che li prendono in giro, quelli che "noi facciamo arte, non fumetti, noi che in italia tutti ci vogliono male in francia sì che il fumetto" e poi arriva Zerocacare e vende più di Volo. Basta lamentele.
Ma c'è anche un motivo puramente cinematografico del perché Loki funziona così tanto, un motivo che va oltre alla costruzione del personaggio, ed è Tom. Tom è Loki, Loki è Tom.
Hiddleston è esploso proprio grazie a Loki, e con un contratto già firmato per altri tre film, la simbiosi sarà sempre più potente.
Non si può - non. si. può. - non provare un amore viscerale per Tom/Loki: è bello, affascinante (non sempre le cose vanno a braccetto, vedi proprio Thor che è bello, ma ha più fascino il suo martello)

E è bravo, bravo davvero, anche oltre al minimo richiesto per l'interpretazione di un film da fumetto. Se poi ci aggiungi che parla tante lingue:

Anche il velociraptorese:
Che gli piacciono i bambini:

Che gli piacciono i vecchi:

Che balla come un matto:
E che è pure simpatico:
Ma anche un timidone (o l'intervistatrice una mignottona?):


E che al contrario di LEI 
(colei che non notammo per bene la prima volta soffocata dal bel visino di Natalie Porthorman e dalle tettone di Kat Denning, ma che invece ora si fa notare eccome) che si presenta alle anteprime così (s)vestita:
Lui non ha bisogno di questi mezzucci per farsi fotografare, anzi è dotato di grande e istrionica ironia:
Insomma Loki/Tom ha vinto, ha vinto tutto: personaggio preferito non solo di Thor, ma dell'intero universo Marvel e attore perfetto e meritevole di ogni bene, groupie, fan, oscar che incontrerà nella sua carriera. 
Detto questo, il film. Che diverte, intrattiene e ci è piaciuto, e pure assai.
Ok, forse essere nel mondo parallelo di una fiera di fumetti dove nella piazza centrale c'era questo
E dove la gente si vestiva così, donne
e nonni compresi
E anche filtrato dagli occhiali-gadget più belli di Asgard
tutto è sembrato migliore di quanto non fosse, anche la presenza sul palco del doppiatore di Thor (capito, a loro Tom, a noi la voce di, evvabbèddai), è stato comico vedere Thor "vero" sullo schermo, e poi chiedere scusa, permesso, è libero quel posto? a Thor col martello fatto di carta stagnola (parevano tutti Aniene) seduto accanto a te mentre messaggiava e twittava
Thor 2, prima di tutto, è divertente. Messe da parte le tirate shakespeariane del prima, ma non tralasciando, anzi intensificando le problematiche parentali tra i due fratelli martelli (lo si vede anche dai poster giapponesi, sempre più veritieri di altri)
Thor 2 perde un bel po' quell'alone autoriale che aveva guadagnato e diventa più una commedia supereroistica:
Non sto assolutamente dicendo che sia un male, anzi. L'unico appunto è: se Thor diventa il personaggio di ridere della Marvel, allora Iron(ic) Man che farà nel prossimo? Il cabaret? Il café-chantant? L'avanspettacolo? Il teatro di rivista col bastone di bambù e il cappellino di paglia? Zelig? Ecco, giusto questo. Ma tralasciando cosa accadrà a Stark e alla sua carriera anti-ChecchoZalone, rimane il fatto che Thor 2 fa ridere proprio di gusto, con quel tipo di inside jokes (dico solo "Cap America") che fanno la gioia di noi nerdoni, anche di quelli che non lo vogliono ammettere. Invece va ammesso, perché se allo stato attuale i film tratti da fumetto sono tanti, sono i più remunerativi (che nella mia filosofia pop sarà sempre un motivo di ammirazione, tranne per Checco Zalone, ovvio, lì si tratta di fenomemi di scostumatezza e ignoranza...) e vincono pure i premi (Vita di Adele, non è per rovinarvi la festa da cineclub francioso, è tratto da un fumetto), siamo tutti nerd. E fieri di esserlo mentre ci gasiamo della spettacolarità di certe scene, di Idris Elba che finalmente si schioda da quella stanza sbrilluccicosa e distrugge astronavi, e di Xena che mena le mani, non menate le mani anche voi però...
Cosa rimane oltre alla simpatia (per dire, da che il personaggio ridere del prima era riservato a Kat Dennigs, ora a far ridere ci sono anche Loki, Thor, il professore, Natalie Portman, un mostro a quattro zampe gigante.. e ad un certo punto ci prova pure Odino... poi non ci riesce ma apprezzabile lo sforzo)? Rimane che Thor è spettacolare nel modo giusto, non come Cap America che alla fine sono soldati che si sparano, qui ci sono gli universi, i fulmini, le botte assurde, i portali spaziotempo, le tettone di Kat Dennings.
Purtroppo non c'è un buon cattivo - fagocitato come è ovvio da Loki: un alieno incazzoso che vuole distruggere tutto a suon di oscurità che insomma datte una calmata chittese. Poi sarà che io con i nemici alieni guidati da una cieca rabbia non mi ci appassiono proprio (vedi anche Man of Steel o il primo Star Trek)... ma dai, perdonabile quando nelle mani hai le motivazioni di Loki. Motivazioni ricordiamo giu-stis-si-me, riassumibili così:
Non ci credete quando fanno le conferenze stampa, non ci credete:
A proposito, sapete che la Disney si è comprata ANCHE la Marvel no? quindi daje, daje di megaiperstraultracross.over! Già ci sono tutti le coppie:
[clicca]
E il nuovo simbolo della città
Ah sì, poi c'è anche tutta una storia di Thor, un biondo che passa di là e non si capisce proprio perché gli hanno intitolato il film quando avrebbero dovuto intitolarlo Loki, come già suggerito. Insomma ci sta 'sto Thor finalmente thorna da Natalie Portman (bravo Thor, tutto quel casino a New York e neanche una telefonata, non ci crede nessuno che proprio non hai avuto tempo, ci sono tutte quelle volte che stavi a braccia conserte su quella portaerei volante che un skypatina...), ma in fondo in fondo, chissenegrefa, chissenefrega anche che arriveranno Cap America 2 e poi The Avengers 2 e poi guardian of Galaxy di cui abbiamo visto una clip e che già preannuncia la cazzatona e che la Marvel si è ripresa i diritti di Ghost Ridere e Daredevil e che aspetta al varco quelli di Spiderman e degli X-Men e che lo so che già sta pensando a Marvels e Crisis e House of M e chissà quanto altro...
Io so solo che quando appare lui

Non ce n'è per nessun altro.
UPDATE di qualche ora dopo. Come giustamente i più attenti di voi (1 di 2) mi fanno notare sui commenti avevo promesso il momento nerdone relativo al Doc e poi, perso tra trasparenze e capelli unti, mi sono scordato. Questo la dice lunga sul mio deficenz dell'attenzione.
Insomma trotterellavo tra i cosplay e i fumettoidi artistici quando ho rubato una frase che suonava così:
«Certo qualsiasi personaggio che ha "DOC" prima diventa automaticamente un fico»
Ci ho pensato su, e... cavolo... è vero!
(clicca... e manca Zoildberg)