giovedì 10 novembre 2016

CHICKENBROCCOLI & MARGHERITA alla FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2016 • Giorno 3

C'è questa cosa molto inquietante dello scleroderma infestante del legno che praticamente tu pensi di essertene liberato, perché magari non lo vedi più per giorni e giorni e giorni, e poi ZACCHETE, a un certo punto ti svegli con due bozzi in fronte grossi come delle peschenoci (o pescanoci? Appunti personali: chiamare Zanichelli.) e ti dici "Fammi chiamare un po' la mia fidanzata" NO! È TORNATO LO SCLERODERMA INFESTANTE DEL LEGNO! 
Ecco, proprio uguale ugule, anche lo scorso ottobre era tornata A FESTA DER CINEMA DE ROMA, edizione non-mi-ricordo-più-quanto-ma-comunque-iniziano-a-essere-troppe, e CB era di nuovo diventato il broccolo più felice dell'universo perché poteva pubblicare le favolose recensioni disegnate di MARGHERIT✿! L'emozione proprio che saettava da tutte le parti! E infatti se ricordate eravamo andati proprio come dei siluri, con un UNO-DUE di recensioni che avrebbe steso pure Alì. Alìmorte se l'avrebbe steso.
Poi non mi ricordo bene cos'è successo ma insomma, ci siamo distratti e sono passati venti giorni così, proprio come passa il tempo sembra ieri ma ti trovo benissimo dài oh quando capita ci prendiamo qualcosa insieme.
Però c'è che degli altri film li avevo visti! Se non ricordo male... e se non ricordo male... anche un altro INSIEME! Vediamo un attimo cosa mi ricordo del giorno 3 A'A FESTA DER CINEMA DE ROMA.
Se non sbaglio era domenica e io mi ero svegliato giusto cinque ore dopo aver visto quel film coi neri che trucidavano la gente. Il più dolce dei risvegli. E, tosto e lesto, ero andato a vedere:
Cicogne in missione
Trama: Qui gatta cicogna

Che se non è dedizione questa, svegliarsi per andare a vedere dei film alle 9 di domenica, mattinata che da che mondo è mondo si usa per fare quelle cose che durante la settimana non riesci tipo chiamare la tua fidanzata e chiederle se ha comprato le peschenoci (Appunto personale: ricordarsi regalo di Natale a Zanichelli), la vera dedizione.
Soprattutto perché il film era questo. Un film di cicogne e di missioni - che avevo ricorderete tentato di vendere a Margherita, ricevendo in cambio un uppercut - che si presentava proprio come una brutta copia di questo invece favoloso corto Pixar:

(Favoloso davvero. Non come quello che peraltro non era Pixar ma di autori Pixar, che tutti dicono di aver pianto mille lacrime ma ditemi voi dove sarebbe l'emozione, boh. sarò arido io.)
Insomma questo Cicogne in missione per me era un film da vedere solo per sfruttare il Pass e non sentirmi proprio scemo ad averlo preso per vedere tre film in croce e invece...
invece...
invece CiM ha la dote più importante che un film del genere (animazione di animali) deve avere: FA. RIDERE.
Fa ridere vuol dire che ha tutti i tempi comici giusti, quelli un po' assurdi ma anche slapsticcosi non fastidiosi (se penso che Pets ha fatto molto successo odio i Minions ancora di più).
CiM racconta la storia di una cicogna e di una missione. L'avevo detto pure a Marghe che era fico un film di cicogne e di missioni.
La cicogna in questione, Junior, lavora per la più grande società di spedizioni del mondo, una sorta di Amazon, ma con le cicogne, che si sono stufate di portare bambini (come biasimarle:

e hanno iniziato a portare i pacchi.
Junior anche per diventare il boss della società (anche se non sa manco perché), quando ovviamente succede il casino: Sarah - un'orfanella che 18 anni prima non era stata consegnata e da quel momento vive e lavora con le cicogne (si è una diciottenne che lavora circondata da uccelli. Ma essendo un film per e con bambini non si possono fare battute.), solo che Sarah è un disastro su due gambe: tutto quello che tocca lo distrugge.
La missione del titolo è portare un cicciopacioccopupattolo neonato a destinazione, consegna che le cicogne non fanno da anni. 



Ne conseguono mille disastri, rapporti che esplodono ma poi si ricuciono, personalità agli antipodi che si mischiano e imparano ad amarsi, insomma tutto il cucuzzaro classico di un film così, ma, ehy, FA RIDERE.
Infatti questa cosa che mi aveva fatto ridere così tanto era troppo strana e dopo il film ho fatto una cosa che forse dovrei fare prima di vederli i film: mi sono informato su registi e produzione e ho scoperto che i produttori sono quelli di LEGO MOVIE, e uno dei registi è uno che fa una commedia con attori veri l'anno (alcune insomma, ma altre ok).
Se vi capita andate a vederlo (mi sa che non è più in sala ve'? Se pensi che è colpa di Pets ci rimani pure male), ma forse anche meglio perché allora lo potete vedere in originale e il doppiaggio è pazzesco, merito di Andy Semberg, lui:

che magari vi dice poco ma è uno degli attori più di ridere di adesso. Altro che quelli di Hangover.
Ma questa leggenda delle cicogne che portano i bambini da dove nasce? Quanto è vecchia? Be' se ho trovato questa gif
vuol dire che è proprio vecchia. Ma comunque veramente falsissima, assurda, lo sanno tutto che i bambini nascono sotto i Broccoli.
Il branco di lupi " formazione trasformabile" è tra le cose più riuscite nel cinema d'animazione degli ultimi anni.
Uscito dalla sala ancora tutto ridanciano (e addirittura un po' commosso dal finale. Sono un Broccolo sensibile quando si tratta di cicciopacioccopupattolo, se non è il mio si intende) chi ti incontro? MA CHI TI INCONTRO?! ESATTO! MARGHERITA! 
Sai quelle volte che ti apposti dietro una colonna dell'auditorium e speri che una certa persona passi di lì e quando la vedi esci fuori un po' dinoccolato e con una certa "noscialans" fai "oh ciao ma tu pensa chi ti incontri..."
Ecco per niente. Non è andata per niente così, è andata che dopo aver visto un film insieme il giorno prima e aver dimostrato a Margherita che poteva uscirne indenne ci eravamo detti di vederne un altro. 
- Uè Marghe allora oggi che ci vediamo? Una cosa un po' più allegra dell'altra volta però eh che dici? No perché l'altra volta io volevo vedere il film di cicogne e di missioni e infatti era fico no per carità anche quello di ragazza ISIS esplodere ok ma insomma. Dài! Proponi un argomento più leggerino! È anche domenica! Dài!
- Andiamo a vedere un film sull'Olocausto.
- CERTO! PERFETTO! Era proprio quello che dicevo! Olocausto! Ottimo. Ottimo...
The last laugh
Trama: Olocaustico

Questo documentario parte da una domanda semplice e contemporaneamente difficilissima: si può ridere dell'Olocausto?
La risposta è sì. Ma la battuta deve essere davvero, ma davvero, ma davvero buona.
Attenzione, non ho detto dei Nazi o di Hitler, quelli erano così ridicoli di loro che non è proprio questo il punto, quello lo fanno dall'inizio:

Il punto è fare dell'ironia sull'Olocausto in quanto tale, sui campi, sui treni, sulle deportazioni.
La risposta rimane: sì, ma oltre a una battuta davvero buona, sarebbe meglio che tu sia ebreo.
E - a dispetto del tema pesantissimo e mai mai mai da prendere alla leggera - anche questo film fa molto ridere. Perché hanno intervistato le persone giuste.
A parlarne infatti sono i comici che più si espongono con battute che a volte rasentano la denuncia, altre che sguazzano nel cattivo gusto, eccetera. Quindi oltre a Mel Brooks (che ricordiamo ha fatto questo:

quindi possiamo ben dire che se ha qualcosa da dire a proposito... Ma anche Sarah Silverman, Rob Reiner, Larry Charles (sceneggiatore di Seinfield), Ricky Gervais (uno che ha avuto il coraggio di raccontare questa barzelletta) che dicono la loro sull'argomento, inframezzando riflessioni argute e puntuali con momenti di ridere che basta questa barzelletta a farti capire tutto il tono:

È incredibile che una tragedia tanto immane sia accaduta ad un popolo così dannatamente ironico. Che se ci pensi l'ironia non è proprio la simpatia, l'essere divertenti o caciaroni, l'ironia è una dote sottile, che prevede intelligenza a palate.
Non credo abbia avuto vita facile questo documentario, non c'è neanche una locandina in giro. Forse è ancora in cerca di distribuzione. Ma se in qualche meandro lo trovate, vedetelo assolutamente.
Ah, c'è anche Louis CK, che potrà anche non essermi piaciuto all'epoca, ma quando poi è in palla è davvero uno dei comici migliori in circolazione:

Quindi capito! Margherita mi ha tirato un tiro mancino (No, non parlo del fatto che non ci sono sue recensioni in questo post. Se vi dico che non ha potuto perché c'aveva da fare cose MOLTO più importanti, voi prendete, mettete in saccoccia e fidatevi): mi ha portato a vedere un film sull'Olocausto, che mi ha fatto ridere tantissimo. Ah, che ragazza! Se non fosse che io sono un Broccolo tutto d'un pezzo le chiederei di sposarmi.
Quando glie l'ho detto ho improvvisamente visto solo un'entità extracorporea che somigliava a Margherita, lei era già a 30 chilometri lanciati lontanissimo da me.
A quel punto, siccome il mio piano di creare tutto un sito di cinema e gestirlo per 7 anni solo e esclusivamente per fare colpo su una ragazza era miseramente fallito, sono andato a vedere un film che parla di un ragazzo che crea un gruppo musicale e lo gestisce solo ed esclusivamente per fare colpo su una ragazza. È uscito oggi al cinema e si chiama:
Sing Street
Trama: Sing that it will pass

La questione è questa: Sing Street è un film troppo furbo per essere benvoluto da un tipo smaliziato come me. Però piacerà. Piacerà un po' a tutti. Che poi piacere a tutti sia un campanello di allarme negativo forse non importa a nessuno, forse tutti vogliono solo vedere un filmetto divertente che non impegna, con un sacco di canzoni iperfamose, con una storia che finisce pure bene evviva tutto.
Perché Sing Street è divertente, è ritmato, azzecca i personaggi e poi c'è lei che insomma:

è proprio tutto al posticino suo giusto, ma che cosa mi dice di nuovo? Anche solo di vagamente originale? NIENTE. DI NIENTE. DI NIENTE.
È come quei gruppi musicali che magari arrivano, fanno delle canzoni iperorecchiabili che non ti fanno neanche incazzare perché alla fine le canticchi pure tu, ma lo sai bene che sono la copia della copia della copia di roba venuta decine di volte prima.
Sing Street è "caruccio", "carino", "bellino", "dolcino"... perché non puoi non provare empatia per le sorti di questo sfigatello che pur di rimorchiare la ragazza bellissima che vede sempre all'uscita di scuola (che a lui pare fichissima ma si rivelerà una ragazza come tutte le altre con le sue paure, le sue dolcezze, le sue giornate sì quelle no e la sua bella busta di peschenoci) si vende come il leader di un gruppo musicale, chiedendole di partecipare al loro video. Quando la ragazza dice "ok", iniziano i problemi: il gruppo va creato da zero!
A quel punto il ragazzetto mette su davvero un gruppo musicale, scopre i vari cantanti dell'epoca e gli stili (pieni Anni 80, siamo di nuovo in piena invasione Anni 80, mannaggia a Stranger Things), e per ogni nuovo gruppo scoperto ecco cambiare stile
daisyiohnson:
“– Sing Street (2016)
”
daisyiohnson:
“– Sing Street (2016)
”
daisyiohnson:
“– Sing Street (2016)
”
E scopre che avere un gruppo, scrivere le canzoni, sognare il contratto discografico è meglio di tutto, compresa lei

Io dico: ok, ma spera di essere i Beatles perché altrimenti hai fatto proprio la figura del coglione.
Ora, siccome io sono anche più furbo di loro, vi lascio alla colonna sonora di Sing Street, così magari vi ci addormentate e pensate a come fare i figli sotto il Broccolo. Anche senza fare i figli va bene.
C'è da dire che le canzoni originali - con tanto di video amatoriali non tanto diversi da quelli che invece godevano di grandi produzioni sì, ma grandi produzione Anni Ottanta baby, quindi viste ora vantano solo un altissimo grado di poraccitudine - sono più che decenti:


Comunque non avrei mai creduto di vedere un giorno Ditocorto ballare come un fesso al ballo della scuola. 

mercoledì 9 novembre 2016

CB ANTEPRIMA • Genius

Genius
Trama: Genio!

Ah, la parola "genio", croce e delizia di noi arguti parolieri.
Voi avete presente il peso specifico della parola "genio", no perché certe volte proprio non sembra. 
Non dico che non sappiate l'italiano, ma mi sembra che a volte vi facciate un po' prendere dall'entusiasmo, con tutti questi GENIO! GENIALE! GENIACCIO! che vi piace tanto scrivere sotto cose che francamente, il più delle volte, meriterebbero poco più che questo:
Ah, la parola "genio". No perché per essere geni guarda che ce ne vuole, ma ce ne vuole... anzi macché sto dicendo! Ad essere geni non ci vuole nulla, non servono studi, non servono maestri, non serve altro che... nascerci. Solo che ecco, c'è questo piccolo particolare che di geni veri ne nascono uno ogni cinquanta anni, forse cento. Come per i grandissimi sportivi, i poeti e per i critici cinematografici (fortunelli a essere nati nello stesso tempo di uno di questi ultimi, ve'?), invece se uno dà un'occhiata a Facebook proprio ORA sembra che ne sia pieno il mondo, di geni. GENIO! GENIACCIO! GENIALE!
Allora il film parla di geni, e di quelli veri, gente della letteratura, gente come Scott Fitzgerald (di cui ho letto un po'), come Hemingway (di cui ho letto il necessario), come (e non che stia facendo il letterato, ammetto anzi che se avessi letto tanto tempo quanto ne ho passato vedendo film ora a Babilonia avrebbero scaffali e scaffali a prendere polvere) Thomas Wolfe (di cui non ho letto un fico secco) e soprattutto di quello che nell'intento del regista è palesemente riferito il titolo: Max Perkins, uno che dirigeva la casa editrice che ha scoperto i grandi sopracitati e che a tutti gli effetti ha creato la figura dell'editor.
Piccolo riassunto dell'editoria precedente: cos'è un editor? Quello che non ha ChickenBroccoli, mi pare evidente. Oltre a questo l'editor è quello che dice allo scrittore "guarda, bello tutto, ma lo devi riscrivere. Ah. E ci cambi pure titolo". L'editor è quello che prende l'arte del genio, la mette da parte, e ne fa uscire i libri che conosciamo. L'editor è il regista del libro? Facciamo più il produttore musicale. Insomma uno che potrebbe addirittura essere più bravo dello scrittore stesso, ovviamente fazioso e non obiettivo sul proprio lavoro.
Ve lo immaginate un editor alle prese con le recensioni di CB? Finisce in manicomio dopo tre refuis (anche se quello lo fa il correttore di bozze).
Comunque, il tema editoria era di sommo interesse per me, e mi aspettavo un film con tutti i puntini sulle i, anche perché se in un film c'è un attore che interpreta Scott Fitzy è sempre una curiosità, ricordate l'ultimo, perfetto Scott Fitzy?
In questo c'è Guy Pearce, che bisogna ammettere, nelle sue due pose, se la cava, anzi interessano più le sorti sue e di Zelda che quelle dei veri protagonisti, pensa te.
I veri protagonisti che invece sono Colit Fitt e Jude Law.
Il primo, come sapete, mi è stato più o meno insopportabile sempre, con picchi massimi quando vinse l'oscar più facile della storia col film più facile del mondo, mentre incredibile a dirsi negli ultimi film quantomeno non mi ha creato dei rush cutanei (qui sopportabile, qui addirittura bravo). La sua interpretazione di Perkins non è sarà certo ricordata negli annali, ma la parte del brav'uomo pacato, gelido e insomma con una scopa in culo (praticamente il nonno di Darcy) la fa, al momento, come nessun altro. Serviva, questo ruolo sottotono, per dare tutto lo spazio alla prova di Jude Law, che invece, con un accento americano superstrascicato, i modi da istrione ipercomunicativo quando invece a noi piace quando è ben più impettito e english, tutto genio+sregolatezza quando però, insomma, non mi pare dia veramente di matto mai, avrebbe dovuto magnarsi il film in un paio di bocconi, invece boccheggia. Non è il suo ruolo, punto. Non è che puoi fare l'istrionico se istrionico non sei, anche se sei attore. È come se mettessero Vin Diesel a fare l'hacker nerd. Dai su.
Non è propriamente orrendo, o noioso, o brutto, questo Genius, ma non viene aiutato da quasi nessuna dei capitoli che lo compongono. La regia è iperpiatta (si sente che il regista è alla sua prima regia dopo decenni di teatro) e la scansione temporale della storia crea dei vuoti cosmici che manco un buco nero: l'arco narrativo del film dura quanto? Cinque, sette anni? Eppure viene dipanato con trucchetti tipo uno che dice all'altro "ehy amico! sono due anni che ci lavoriamo!" e tu pensi MA CHE IN DUE ANNI NON HAI MAI CAMBIATO VESTITI?! Manco le figlie crescono, mai un taglio di capelli diverso, mai una ruga in più, mai niente che mi dica "sono passati due anni". Era meglio una didascalia allora.
Si respira quella sensazione di film che doveva durare quattro ore ma poi non si poteva e allora via di tagli e sforbiciate, facendo restare dei passaggi che tu rimani un po'  boh, proprio come i romanzi di Wolfe che li portava da Perkins coi portantini e quello armato di matita rossa glieli dimezzava.
Si respira la sensazione di un film non riuscito, di emozioni che sarebbero potute esplodere e non lo fanno, di amicizia virile al limite del bromance che non arriva mai al giusto zenith di tensione, non scarica mai.
Non aiuta tutto un corollario di personaggi (Laura Linney moglie repressa di Perkins, Nicole Kidman amante frustrata di Wolfe) che non si guadagnano né spessorre né almeno una scena di commiato decente; entrambe spariscono da un momento all'altro.
Comunque fa ridere che la carriera del trittico Kidman-Law- Firth si sia già incrociata diverse volte. Avranno lo stesso agente? Ma perché li fa recitare sempre insieme? Agente è strana.
Però il film, o meglio l'ambientazione sia geografico-temporale (quest'anno New York inizi Novecento va un casino, un mese fa Woody, tra una settimana i maghi) che proprio come ambiente (gli scrittori, le loro menti, le loro parole, le loro follie, lo scrivere per scrivere e lo scrivere perché poi diventa un lavoro), fa proprio venire in mente quell'adagio, che ci definisce tutti nani sulle spalle dei giganti, che se ci pensi, a quello che è venuto prima di te, di qualsiasi te, sei sempre niente, o quantomeno pochissimo, altro che GENIO!
So benissimo che avrei dovuto mettere questo film nella rubrica STORIA VERA e mettervi questo link, ma accettate la mia sregolatezza...
E ADESSO! TANTO PER ABBASSARE IL LIVELLO, CINQUE SCRITTORI CINEMATOGRAFICI DI CUI VORREMMO AVERE I LIBRI SUL COMODINO!
5. Eli Cash
4. Christian
3. Charlie Kaufman
2. Paul Sheldon
1. Jack Torrance
Questa lista ti ha fatto venire voglia di leggere un libro? Ti potrebbero piacere anche:
- La lista dei viaggi lunghi in treno adatti a leggere un libro a meno che quello accanto non si attacca al telefono a raccontare quanti peli dal naso si è tolto quella mattina.
Io intanto ci ho rimediato l'unico gadget rimediabile da un film come questo... il libro:

L'ha edito la Elliot, una casa editrice che, si direbbe, sa benissimo come scegliere la propria ufficio stampa (come? perché sto muovendo le sopracciglia su e giù con fare ammiccante? È un tic...)

lunedì 7 novembre 2016

CB ANTEPRIMA • Oasis: Supersonic

Continua a girare questa leggenda metropolitana secondo cui i critici cinematografici NON LAVORANO e quindi va benissimo fare le anteprime di pomeriggio, appena dopo pranzo, o ancora meglio addirittura DI MATTINA! DI MATTINA!!! C'È GENTE CHE FA COSE LA MATTINA!
E invece, se non vi fosse arrivata questa notizia, il sottoscritto dalle 9 alle 18 se gli dice bene sta al chiodo fisso (cioè, il secondo chiodo fisso...) in ufficio a mandare avanti il mondo e dalla sua postazione guarda con sdegno tutti quelli che pubblicano le foto con hashtag #anteprimafichissima #dimattina #noisìetuno #vivetraromaenewyork
Per rispondere a cotanta rosicata, ho deciso che quando mi invitano alle anteprime mattutine, porgo l'altra guancia e le REGALO! Dove per "regalo" vuol dire ovviamente "ci vai  al posto mio ma DEVI scrivere una recensione". E quando CB chiama, Vale se si tratta di documentari su gruppi musicali inglesi che hanno cambiato la storia della musica, risponde. Peccato che l'altra volta era vero... questa sul fatto che hanno cambiato qualcosa avrei da ridire e da ridere... tipo questa: meglio i Blur.
Vediamo com'è questo documentario forse un po' prematuro sugli Oasis, che non sono i succosi succhi di frutta ma il gruppo di fratelli monocigli che litigavano sempre tra un disco e l'altro. 
CB
Oasis: Supersonic

Ricordo bene chi mi ha messo in mano la cassetta con Wonderwall. Eravamo al liceo e Barbara ed io condividevamo tutti gli ascolti musicali. Funzionava così: una delle due comprava il cd originale e poi registrava la cassetta per l’altra, realizzando un prodotto personalizzato, come si usava negli anni Novanta. Eravamo tutti writers all’epoca e le cassette erano piccoli capolavori a china che ricalcavano i font che vedevamo in giro. Per dirla tutta, non li chiamavamo manco font ma “scritte”, perché né io né Barbara avevamo il computer e studiavamo latino e greco, mica Illustrator. 
In nome della cassetta di (What’s the story) Morning Glory tutta “ricamata” dalla mia amica del liceo, prima di parlare di Oasis: Supersonic di Mat Whitecross, vorrei chiarire subito un paio di punti sugli anni Novanta perché ci sono testimonianze che, nella stessa galassia in cui viviamo noi lettori di CB, esistano esseri umani che potrebbero non averli vissuti. Si dice pure che questi “esseri” sarebbero ora grandi abbastanza da poter andare al cinema da soli a vedere il film – chi è nato nel 2000 oggi ha 16 anni, roba da perdere il lume della ragione proprio! 
A quelli – e a tutti gli altri alieni nel mondo- vorrei dire che negli anni Novanta tutto era unico. Unico vero, non UniqLo. Per dire: se andavi a Londra e compravi una camicia o una felpa, potevi avere la certezza che, una volta tornato a Roma, ce l’avevi solo tu perché H&M, Pull&Bear, Zara e compagnia bella non c’erano. C’erano invece i punk, e a Roma si vestivano dal Bacillario. 
Non tocchiamo neanche l’argomento musica perché quello che portavi dall’Inghilterra forse in Italia non sarebbe arrivato mai. Se oggi trovi tutti gli album possibili immaginabili online e puoi ascoltarli anche in streaming, negli anni Novanta “dovevi esserci, dovevi andare al concerto o comprare l’album. Non potevi seguire gli eventi su internet o vederti il concerto con calma, quando avevi tempo: dovevi esserci e basta”, come dice Simon Halfon, un vecchio amico dei fratelli Gallagher, nonché fan degli Oasis dalla prima ora. 

Quindi, quando ho letto dell’uscita di un documentario musicale sugli Oasis, speravo che avrebbe riprodotto quella unicità e, come per Eight days a week, ho tormentato ChickenBroccoli per mandarmi all’anteprima mattutina al posto suo. Tanto vale che lo dica subito: secondo me, il documentario di Whitecross non riesce in quell’intento pur avendone tutta l’intenzione. Per questo motivo, meriterebbe un broccolo ma, dopo averci pensato molto, credo che Oasis: Supersonic meriti comunque di essere visto. 

Sì, perché quell’unicità a tratti si respira. Ad esempio quando, di ritorno dal concerto a Glasgow grazie al quale – e forse grazie anche a qualche pinta di troppo - gli Oasis vennero scritturati dalla Creation Records, Noel Gallagher ricorda: “Even if no one will notice it, this is happen” e il suo pensiero ha un sapore epico. È il 1994, Noel non ha né Facebook, né Twitter per sbandierarlo, non ha nemmeno il cellulare per dirlo con una telefonata alla mamma che lo aspetta alle Council Houses di Manchester, eppure, “even if no one will notice it”, la band dei fratelli Gallagher da quel momento in poi, non avrebbe fatto altro che crescere, fino a radunare nel 1996 un pubblico di 250.000 persone a Knebworth.
Oasis: Supersonic di Mat Whitecross è il racconto di questa ascesa e del burrascoso rapporto dei due fratelli che l’ha caratterizzata. Attraverso un lavoro a tratti un po’ insipido di tagli e cuci di fotografie e di testimonianze si sobbalza insieme alla frase “I don’t give a fuck”, la più ripetuta in assoluto del documentario, e si seguono gli Oasis dagli esordi nel 1991 al 1996 con i loro continui alti e bassi. A ogni alto (una canzone ben riuscita al Boardwalk di Manchester dove la band provava ai suoi esordi) segue un basso clamoroso (la rissa collettiva sul traghetto per Amsterdam, città in cui i giovanissimi Oasis avrebbero dovuto esibirsi insieme ai Verve, con conseguente reclusione in prigione e annullamento del concerto). A ogni momento di complicità (Liam canta le canzoni scritte da Noel dopo averle sentite intonare una sola volta dal fratello) segue un momento di litigio fragoroso tra i fratelli in cui volano bottiglie e televisori dalle finestre di studi di registrazione o di hotel.
Che la band fosse destinata a sciogliersi, insomma, nel film lo capisci da mille segnali e, se proprio non lo sai, lo intuisci dal montaggio in cui le voci narranti di Liam e Noel si alternano senza mai intrecciarsi, neanche un botta e risposta tra i due, neanche una risata. I fratelli Gallagher non si parlano più da anni e su questo Whitecross non può fare nulla. Può solo riportare sullo schermo la dichiarazione di Noel: "Siamo come cane e gatto. Io sono un gatto, indipendente. Liam è come un cane, che continua ad assillarti: gioca con me, gioca con me! Gli serve compagnia”. 
Io a questa storia che nella vita o sei cane o sei gatto ci credo e, per cento cani e gatti che vanno d’accordo, ce ne sono sempre mille che si mozzicano, esattamente come i due fratelli. Ma va riconosciuto che è un fatto abbastanza unico farlo e poi arrivare a suonare dal palco di Knebworth come hanno fatto loro. E questo poteva accadere solo negli anni Novanta. 

giovedì 3 novembre 2016

H&M

Harold e Maude
Trama: Haroldica

ATTENZIONE! Rischio recensione melensa! Sono cavoli amari amici, cavoli a melensa.
Dunque, mi sembra davvero assurdo che in TUTTO CB (roba di 2000 film e 7 anni di recensioni una al giorno esclusi festivi e feste comandate e giorni in cui non so cosa possa esserci di più importante da fare che scrivere roba su film) non ci sia Harold e Maude, un film con cui sono davvero cresciuto, che ho visto rivisto stravisto e infatti l'ho rivisto ieri, inaspettatamente, perché non è come quella volta che iniziarono a darlo a rotazione su TELE+3 - vi ricordate TELE+3? Era l'unica non a pagamento e facevano un film al giorno a rotazione. Questo una volta, La guerra lampo dei fratelli Marx un'altra, Casablanca un'altra ancora... ma che programmazione geniale era? Poi ci misero delle ore di MTV e fine dei capolavori in loop.
Comunque, a parte TELE+3, qui siamo proprio dalle parti dei film che DOVETE vedere, che se uno ti chiede "l'hai visto Harold e Maude?" tu devi rispondere con questo sguardo

Ah, che sguardo, una roba che quando ancora non ero il Broccolo che sono oggi e non sapevo che cosa fosse la quarta parete, ogni volta che Harold mi guardava era proprio un momento di comune strafottenza contro le madri un po' petulanti.
Harold, il più sardonico, pessimista e adorabile di tutti

capaci di essere ancora oggi esempio di personaggio perfetto, scritto perfetto e con evoluzione interna al film perfetta. Sembra di ritrovarlo in almeno la metà dei film di Anderson e nella totalità di altri registi.
Tutto grazie al contraltare amoroso che non t'aspetti, Maude, ottantenne sciroccata capace di stupirsi ancora e di fare e dire esattamente quello che vuole (non è la cosa che dovremmo riuscire a fare sempre? Ci riusciremo a 80 anni? Io aspetto e vediamo...), talmente solare che non sembra possibile essere stata altrove quella che ha fatto nascere il figlio del Diavolo (la ricordate in Rosemary's Baby?)

Maude, l'unica frikkettona che sarei capace di sopportare in giro per casa, con i saponi naturali, i cibi vegetariani, le robe di energie (forse non l'unica, ora che ci penso...) e quella follia di vedersi consegnare da Harold un romanticissimo regalo e gettarlo direttamente in mare giustificando il gesto con un "Così saprò sempre dov'è".
Segnatevelo amiche: il giorno che qualcuna farà una cosa del genere con un mio regalo... «MA CHE FAI SEI PAZZA?! MA LO SAI QUANTO LO AVEVO PAGAT... ok sposiamoci.»
E al matrimonio mettiamo solo canzoni di Cat Stevens

Senti Cat Stevens e sembra tutto più facile. Cat power.
Comunquem visto tutto il pessimismo che si trasforma in ottimismo, vista tutta la tragica tristezza per la morte che si trasforma in gioia di vivere, vista la storia d'amore che - sul serio - è tra le più assurde del mondo, voglio dire, devi essere proprio convinto per spupazzarti un'ottantenne, non bastano mica le bolle di sapone

viste tutte queste cose, ho capito che Harold e Maude, oltre ad essere un Capolovoro pure, è proprio quel film che se vuoi fare il romanticone con una ragazza, la inviti da te, lo metti su e quella... quella o fa così:

o...
Dai vabbé pensavo peggio in quanto a melensaggine, non è andta così male.
Qualche illustracoso che però non soddisfa, mi piacerebbe vedere qualcosa fatto da chi non si limita a fare due ritrattini o una cosa videogiocosa vista troppe volte, idee?
Festeggiamo l'arte dello "sfondamento" della quarta parete della storia del cinema con questo video qui dove ce ne sono solo 400:

mercoledì 2 novembre 2016

CB ANTEPRIMA • La ragazza del treno

La ragazza del treno
Trama: Ragazzella in carrozza

Ma quanto ci hanno messo a fare questo film? Dieci minuti? 
Il libro è uscito nel 2015, neanche il tempo di diventare un bestseller ed ecco il film, manco Il codice Da Vinci aveva avuto un instant-trattemento del genere.
Che poi il libro non l'ho letto ma mi sa che anche avessi iniziato non avrei fatto in tempo, a pagina 100 era già arrivato il trailer, a 200 il film, a 300 l'home video. Prima dell'ultima pagina già c'era La ragazza del treno dopo.
Ma com'è questo instantmovie? Grazie della domanda.
Guarda alla fine non è male, a patto che riesci a non addormentarti durante la prima mezzora, che è abbastanza noiosa e ha quel tipo di andamento stranetto di quelli che non vogliono accettare di aver fatto un film al volo solo per monetizzare il successo del libro e quindi cercano di fare un po' quel cinema d'autore di silenzi, sguardi, frasi a metà che uno dopo un po' se rompe pure, 
Infatti all'inizio si raccontano tutte queste storie spezzetate di cui non si capisce l'inizio e la fine, i collegamenti, anzi a volte sembra quasi di trovarsi di fronte un thriller-horror, con luoghi della mente, ricordi che cambiano, realtà alternative, quasi che c'è del paranormale; . Alla fine le storie si uniscono, ma troppo "poi" per essere realmente coinvolgenti. 
Quindi l'idea di dare una qualche profondità al tutto fallisce, ma non miseramente, perché proprio fallendo il film si risolleva: quello che fino a un minuto prima voleva essere un film d'autore che si prendeva i suoi tempi, i suoi spazi, le sue interpretazioni, si trasforma in niente più che un thrillerazzo del vecchio e più rassicuramente tipo "Chi ha ucciso la ragazza? Lei lo sa chi ha ucciso la ragazza? È stata lei a uccidere la ragazza? INSOMMA CHI CAZZO L'HA UCCISA LA RAGAZZA LO SA LEI!?"
con risvolti ai limiti del Mommy Thriller (per chi non ricordasse cosa sono i Mommy Thriller). Questo andamento è palese nel cambiamento dei personaggi. Sono tutti in un modo all'inizio del film, poi cambiano tutti diventando il loro opposto (la femme-fatale diventa la vittima, la pazza diventa quella che c'aveva ragione, l'amante diventa la moglie, il buon marito... vabbé...). Tutto in un florilegio di cose un po' viste, ma almeno più chiare e comprensibili,  quindi meglio di quelle che volevi fare lo strano invece sembra proprio che non sapevi dove mettere le mani. D'altronde va sempre così, anche coi libri, se diventano bestseller devono per forza essere un po' superficiali, capaci di essere capiti da tutti, anche un po' più banali... guarda la Bibbia...
Emily Blunt purtroppo sta diventando un po' meno bella di come ce la ricordavamo, e anche se è brava, si capisce talmente tanto che hanno corso tutti come i matti per farlo uscire nel più breve tempo possibile che anche la sua presenza ne risente. Piange, ride e fa di conto su ordinazione, 
Invece bisogna tenere sotto stretta osservazione tale Haley Bennett, classe 1988 potresti essere mia figlia! Questo sito non è un albergo! Adesso ti chiudi in camera tua!
Ed ecco i 5 TRENI CHE TUTTI VORREMMO PRENDERE Perché mi dicono che mettere le liste di cose tira più di un treno merci.
5. Il treno di Source Code
4. Il treno del primo film proiettato dai Fratelli Lumiere che la gente è scappata dalla sala perché aveva paura gli andasse addosso
1. L'espresso per Hogwarts (questa era logica...)